8 - Partenza

156 18 4
                                    

«Non c'è altro modo?» domandava Evanella, disperata.

«Tesoro...» la supplicò il Re, appoggiato al comò, con occhi lucidi.

«Lo sai quanto ci ho tenuto... Lo sai... Lo... Noi...» balbettava ancora la Regina, sporgendosi verso il marito.
Egli era disperato per la sorte della piccola, e non sarebbe riuscito a gestire per ancora molto il dolore della moglie. Era come se soffrisse infinitamente per due volte.
«È mia figlia!»

«È nostra figlia, Evanella. Nostra» disse stringendo i denti, ed aumentando la presa sul mobile. Era troppo quel dolore, il dolore di sentire la sua donna soffrire tanto.
«Se rimanesse qui, correrebbe troppi rischi»

Evanella comprendeva, ma non riusciva ad accettarlo. «Ti fidi di loro?»

Nicholas rimase in silenzio. Doveva fidarsi, non poteva far altro. E comunque, quelle tre gli erano sembrate potenti e nemiche della strega, di Moctèria. Erano i requisiti adatti.
«Sì, non c'è altro modo» concluse allora.

Evanella annuì, il cuore a mille, e si approssimò al marito. «Non potremo mandare delle guardie, o chiunque altro da lei, per vedere come starà. Insomma, la... strega potrebbe capire» disse a malincuore, passandosi i palmi delle mani sul collo sudato.

Il Re annuì in silenzio. Non c'era altro da dire.
«Fatele entrare!» ordinò.

Le porte della piccola sala di ricevimento, solitamente politico, del Re si aprirono spinte da due guardie di Vanaria. I pepli bianchi svolazzavano al passo schioccante delle tre Thrierahl. La Regina le osservò, lo sguardo un misto di paura, consolazione, speranza, rabbia.
Rabbia per se stessa.
«Nostri Sovrani!» disse la fata dai riflessi rossi, che aveva donato a Rosaspina bellezza e grazia,
«Qualsiasi decisione abbiate preso, noi vi vorremmo aiutare. Ci sentiamo parte, ormai, della sorte della Principessa»

I sovrani presero un respiro. Poi, Re Nicholas disse «Grazie, graziose Thrierahl. Io e mia moglie siamo i Sovrani, reggiamo un Regno, viviamo in un castello. Ma la cosa a cui teniamo veramente di più è Rosaspina, nostra figlia».
E dicendo ciò, con passo lento e doloroso, ordinò alle guardie di prendere la piccola Principessa dal lettino in cui dormiva. Dopo pochi minuti la piccola erede venne presentata al cospetto delle Thrierahl e dei Sovrani.
«Mamma, cosa c'è?» chiese la piccola, strofinandosi gli occhi. La Regina si avvicinò alla figlia e si piegò alla sua altezza. «Niente, amore mio, non preoccuparti. Io sono tua madre, Evanella. Ti voglio bene, Rosaspina. Te ne vogliamo tantissimo, io e tuo padre. Ricordatelo sempre». Le lacrime scendevano come pioggia sulle guance della Regina, mentre osservava la piccola il meno possibile. Doveva abituarsi a non vedere quelle guanciotte e quei capelli d'oro. Abbracciò la bambina, ferma in piedi, e osservò dal basso la Thrierahl dai riflessi verdastri. La giovane le domandò con lo sguardo se fosse convinta, e la Regina annuì, mentre un'ultima grande lacrima le sgorgò dai dolci occhi.
La Thrierahl si avvicinò, e pronunciò queste parole: «Melidos ent rue Auroraš»

La bimba cadde addormentata a terra, mentre Evanella le reggeva il corpicino addormentato.
Poi, però, esso prese il volo come fosse in acqua, mentre le tre fate sussurravano parole inafferrabili. Fu depositato in una cesta piuttosto grande, imbottita e pulita.
«Vivremo nel bosco, in una capanna abbandonata da un falegname qualche tempo fa. Saremo delle contadine, delle lavandaie, e io sarò la madre di tutte quante, essendo la più vecchia. Sarà meglio che non sappiate nulla sulla Principessa fino al giorno del suo sedicesimo compleanno. Chiedo tantissimo, lo comprendo, ma è necessario per la validità di questa opzione» disse la Thrierahl rossastra.

«Siamo d'accordo» rispose il Re, osservando sua moglie che fissava il pavimento tormentandosi le mani.

«Vi prego, trattatela come fosse la vostra vera bambina!» implorò Evanella, giungendo le mani in segno di preghiera.

La Thrierahl più giovane si avvicinò e le strinse le mani nei suoi palmi bianchi. «Sarà una sorella, per me, Mia Regina. È una promessa»

E dopo raccomandazioni e saluti pieni di dolore e nostalgia, la bimba e le Thrierahl uscirono. La Regina si buttò tra le braccia del marito, singhiozzando, e Nicholas dovette trattenere le lacrime con enorme fatica. Poi, la Thrierahl rossa sbucò di nuovo dalla porta semichiusa. «Scusate, miei Sovrani. Ho dimenticato di dirvi ciò: il suo nome sarà Aurora»

RosaspinaWhere stories live. Discover now