Cinque

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Clarissa, già con la felpa rossa in mano, si affacciò dalla porta che dava sul retro per controllare quanti clienti ci fossero nel bar: non erano molti, poteva andare in pausa tranquillamente.

- Io vado in pausa. - informò la sua collega, la quale era intenta a lavare una tazzina da caffè.

Isabelle si girò e annuì mentre le sorrideva. - A dopo! - la salutò per poi tornare con gli occhi sulle proprie mani piene di sapone.

- A dopo! - le rispose l'altra mentre lasciava il proprio grembiule sul bancone.

Clarissa uscì dal locale ed attraversò la strada. Compì il tutto respirando profodamente: era tesissima.
Inconsciamente, aveva aspettato per tutta la mattinata con agitazione quel momento, quello in cui avrebbe incontrato nuovamente il ragazzo "misterioso".
Si avvicinò alla "propria" panchina e si sedette: questa volta era libera, a differenza del giorno precedente.
L'attesa non faceva che peggiorare la sua situazione interiore. Pensò che fosse una fortuna il fatto che fosse seduta.nIniziò ad avere freddo per il nervosismo e si appoggiò la felpa lungo le gambe accavallate. Si tormentava le mani e giochicchiava con il bracciale di gomma che portava al polso destro. Se iniziava a pensare anche a come fare a chiedergli dove si fossero già incontrati o visti, si sentiva ancora peggio e tormentata dall'ansia, ma doveva assolutamente togliersi questo dubbio e dare pace alla sua mente, poichè probabilmente non ci sarebbero state altre occasioni.
I suoi pensieri si interruppero quando vide la macchina che ormai sapeva facilmente riconoscere comparire in fondo alla strada. La osservò immobile e incapace di muoversi mentre si avvicinava a lei e accostava dall'altra parte della strada.
Il ragazzo si girò verso Clarissa non appena scese dalla macchina e continuò a fissarla mentre chiudeva la portiera. Le stava sorridendo mentre la salutava con la mano. Lei ricambiò il saluto e subito dopo anche il sorriso. Poi abbassò la mano, ma le sue labbra rimasero a fare quello che stavano facendo prima. Era l'unico movimento che alla ragazza non costava fatica o sforzo il quel momento di tensione totale, bensì le veniva automatico e non riusciva a trattenersi. Anzi, nemmeno pensava a volersi trattenere, cercò solo di limitarsi un pochino quando lo vide avvicinarsi, per mostrargli, invece, un sorriso semplice e non un sorriso da idiota completa.
Nel momento in cui lui fu davanti a lei, Clarissa scattò in piedi, con la tensione che non si era naturalmente sciolta.

- Ehi, ciao! - la salutò il ragazzo, sempre sorridendo.

- Ciao! - ricambiò lei.

- Sei arrivata a casa asciutta ieri? - rise lui.

- Sì, certo. - rispose gentilmente, sorridendo ancora. - Posso chiederti una cosa? - aggiunse poi. Non avrebbe saputo dire con quale coraggio avesse posto quella domanda, ma ormai l'aveva fatto e non poteva più tirarsi indietro.

- Certo, dimmi tutto. - rispose lui, sempre con quel disarmante e tranquillo sorriso disegnato sul volto.

Il ragazzo sembrava talmente sciolto ed allegro che le trasmise coraggio, il coraggio che le serviva per porgli la fatidica domanda. - Io sono sicura di averti già visto, hai idea di dove possa essere successo? - disse tutto d'un fiato, forse non nella forma che avrebbe voluto, ma almeno l'aveva fatto. Clarissa inizio a stringere di più la mano che teneva la felpa a causa dell'ansia.

Lui rise, mentre la ragazza aggrottò la fronte.

Il ragazzo, intepretando giustamente l'espressione confusa di lei, parlò. - Piacere, Matteo Darmian. - le tese la mano.

Lei fece lo stesso per educazione, ma il suo dubbio continuava a rimanere tale. - Clarissa Sanders. - si presentò anche lei. Era in imbarazzo e panico totale, credeva di star facendo una figuraccia con una persona che aveva già conosciuto e di cui non si ricordava: quel nome non le diceva assolutamente niente, aveva il vuoto.

Matteo sembrò capire nuovamente ciò che la sua espressione voleva esprimere. - Gioco nel Manchester United da quest'anno, probabilmente mi hai visto in tv. - aggiunse sempre con il sorriso.

Clarissa da una parte si sentì sollevata per non aver fatto tutta questa grande figuraccia che pensava, dall'altra sentiva un leggero imbarazzo per la sua ignoranza sportiva e l'irrealità della situazione: davvero lei stava parlando con un famoso calciatore?

Tuttavia la sua espressione si distese, poi rise mentre abbassava lo sguardo, scaricando la tensione. - Okay, ora capisco. - disse mentre rideva.

- Cosa c'è di strano? - domandò anche lui, unendosi alla risata di Clarissa.

- Tutto, non mi aspettavo una risposta del genere. - rispose mentre tornava a guardarlo. Lo fece solo per qualche secondo, poichè dopo abbassò lo sguardo verso la propria mano, quella che stringeva la felpa. Poi gliela tese. - Tieni, e grazie ancora. - disse.

Lui alzò la propria mano e spinse avanti quella della ragazza. - Non ce n'è bisogno, puoi tenerla. - ribattè lui.

- Ma è tua... - provò ad controbattere lei.

- Tienila, dico davvero. - insistè però Matteo. Non se ne faceva niente sul serio di un'altra felpa, il Manchester United riforniva regolarmente i giocatori.

Clarissa si arrese, lui le pareva fermo e impossibile da smuovere. - Grazie di nuovo allora. - capitolò. - Ora devo tornare a lavoro... - aggiunse poi.

- Dove lavori? - domandò gentilmente l'altro.

Lei gli indicò il locale che stava dall'altra parte della strada. - In quel bar laggiù. - rispose.

- Ho capito, ne terrò conto. - le disse facendole l'occhiolino. - A presto, Clarissa! - la salutò Matteo, immancabilmente sorridendo.

- A presto! - ricambiò, seppur sorpresa un'altra volta: non avrebbe pensato che ci sarebbe stata la possibilità di rivederlo ancora dopo quella volta..

Non distolse gli occhi da lui finchè non rientrò in macchina. Si scambiarono un ultimo sorriso prima che il ragazzo ripartisse e lei sentì uno strano senso di mancanza e vuoto.

Life for rent - Matteo DarmianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora