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Due giorni dopo, Jake e Roman, attraversarono le porte del penultimo piano della Stevenson Inc.

Mano nella mano, ne attraversarono l'ampio spazio incuranti dello sguardo altrui: Stacy aveva un sorriso a trentadue denti, uno stagista che passava di lì, per caso, si fermò con i documenti in mano e la mascella spalancata, Beth mimò un piccolo sorriso e riprese a lavorare e Ronald Stevenson, in attesa probabilmente di Roman, incrociò le braccia con la faccia stranita verso il migliore amico.

Si diedero un piccolo bacio sulle labbra, si osservarono per qualche secondo e si divisero, per entrare ognuno nel proprio ufficio.


«Ciao mamma» dopo quello che era successo, anche Jake aveva intenzione di dire la verità ai suoi genitori, ma non con Roman presente, perché aveva paura che i suoi potessero reagire alla stessa maniera e non voleva far rivivere quei momenti all'uomo che amava.

La delusione era stata grande e, dopo quella telefonata, ci volle qualche ora prima che Roman tornasse ad essere se stesso.

"Amore mio, come mai questa chiamata? E' successo qualcosa?"

«No mamma, è tutto perfetto. C'è papà con te?»

"Sì, tesoro, ma così mi fai preoccupare. Aspetta che lo chiamo", ci furono dei rumori in sottofondo e Jake sorrise, pensando alla mamma sbadata che faceva cadere sempre qualcosa.

"Jakie, siamo in linea, ci senti?"

«Sì, mamma. Ciao papà»

"Jake che succede?" la voce del padre era ovviamente preoccupata.

«Ho una cosa da dirvi e mi dispiace doverlo fare per telefono, ma non ho modo di venirvi a trovare prima della prossima settimana, sempre se vorrete ancora vedermi...»

"Amore mio non c'è niente che tu possa fare perché noi non vogliamo vederti. Vuoi dirci che succede?"

Jake prese un profondo respiro.

«Mamma, papà, io sono gay»

Silenzio.

"Figlio mio e tu pensi che non lo sapessimo già?"

Jake sussultò sentendo la voce del padre, la persona che più lo preoccupava.

«Cosa?»

"Jake, sei il figlio migliore che potessimo avere. Non ci hai delusi mai, ti sei sempre impegnato, hai dimostrato di valere e hai sempre avuto un occhio di riguardo nei nostri confronti. Non è chi ami che ti rende quello che sei"

«Oh papà» Jake esplose in un pianto senza fine «Vi voglio bene!»

"Anche noi te ne vogliamo, tesoro, e non vediamo l'ora che ci vieni a trovare. Posso farti una domanda, liten potet?", sua madre usava chiamarlo "Piccola Patata".

«Sì, mamma» disse Jake, tirando su col naso.

"Perchè finalmente ti sei deciso? Di dircelo, intendo"

Jake sorrise. Proprio in quel momento, davanti a lui apparve Roman, bloccato sul posto con ancora la mano sulla maniglia della porta, non capendo cosa stesse succedendo.

«Perchè ho trovato l'amore della mia vita e presto lo sposerò.»


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Era arrivato il lunedì, un'altra settimana era passata e, nel week end, Roman e Jake erano andati a trovare i genitori del norvegese a Pittsburgh. Era stata una sorpresa, per i signori Dawson, scoprire che il fidanzato del figlio fosse l'amministratore delegato, il famoso Roman Laichowski, ma lo considerarono subito un membro della famiglia.

Lo riempirono di cibo, domande, presero in giro il figlio, gli mostrarono qualche vecchio album di foto e passarono due giorni come una vera famiglia.

Roman non aveva mai provato queste sensazioni.

La madre di Jake, Evelyn, era davvero affettuosa e, quando poco prima di partire, si fiondò sopra di lui stringendolo in un abbraccio, Roman dovette faticare molto per non commuoversi.

Jake, avendolo notato, lo prese in giro per tutte le due ore che passarono sull'aereo, più felici che mai.

Il giorno seguente, Jake rimase tre ore davanti al pc.

Roman all'inizio non ci fece caso, poi, stranito dal suo impegno nel lavoro, si avvicinò per dare un'occhiata e rimase un attimo confuso quando davanti, anziché trovarsi i soliti documenti, intravide un'elegante calligrafia con i loro nomi scritti sopra.

«Ma cosa..?»

«No! Doveva essere una sorpresa! Diamine, Roman!» il norvegese cercò di coprire con il corpo il grande schermo del computer, invano.

«Ma sono...sono le partecipazioni del matrimonio?» sorrise come non mai «Le stai facendo tu? Al computer?»

Il giorno prima, insieme ai genitori di Jake, avevano deciso la data. Si sarebbero sposati, due mesi dopo, nel grande giardino di Randy Stevenson, che aveva una splendida tenuta negli Hamptons.

Roman fu colpito da un'ondata di affetto che lo costrinse a prendere il compagno in braccio e portarlo direttamente in camera da letto.

«Ma che stai facendo?!» urlava il biondo, cercando di staccarsi dalla presa del russo.

«Ora noi due facciamo l'amore, poi torniamo di là, stampiamo quelle bellissime partecipazioni e le inviamo a tutti i nostri amici. Intanto però, stai zitto e baciami»


E così fu.

                                                                                             FINE.





Nota:

*Conversazione in russo (tradotta con Google, ovviamente -.-)

Pronto, Papà? Lasciami parlare

Sì, papà, sono gay e se la cosa non ti sta bene a me non importa

Te l'ho detto, non mi importa. Questo è quello che sono. Amo un altro uomo e stiamo per sposarci.

Fai come vuoi.

Addio.


The Angel and The DevilOnde histórias criam vida. Descubra agora