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(Nell'immagine: Jacob Dawson-Jake Laichowski)

Jake Dawson lavorava alla Stevenson Inc. da due anni.

Era diventato vice amministratore delegato subito dopo la laurea alla Columbia e, a soli ventisei anni, era il più giovane ad avere un ruolo di tale importanza in una delle agenzie pubblicitarie più famose di New York.

Aveva lavorato duramente per raggiungere questo suo obiettivo. La sua famiglia non era ricca, sua madre, Evelyne, era un'immigrata norvegese la cui famiglia si era rifugiata negli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Suo padre, Jacob Dawson, era un operaio edile, aveva conosciuto la moglie quando erano giovanissimi e, a sedici anni, Evelyne rimase incinta proprio di Jake, unico figlio della coppia.

Jake aveva preso tutto dalla madre: l'aspetto tipicamente nord europeo, con i lunghi capelli biondi che si poggiavano in leggere onde sulle spalle, gli occhi di ghiaccio e il viso dai lineamenti marcati, nonostante avesse una delicatezza innata in volto, che lo facevano apparire proprio come un angelo. Non c'era momento in cui Jake non apparisse profondamente a suo agio tra la gente, distraendo il gentil sesso e non solo e diventando il protagonista di varie infatuazioni. Jake era sicuro di sé, travolgente, tutti lo conoscevano per il suo spirito libero e l'atteggiamento da "chi se ne frega, ridiamoci su". Lo si poteva vedere anche dall'abbigliamento: circondato da centinaia di uomini in completo scuro e cravatta, Jake era l'unico ad avere una posizione così alta in azienda ma indossare ugualmente felpe e maglioncini, talvolta anche coi jeans.

Jake però, aveva sempre puntato in alto.

Non era l'atteggiamento che lo rendeva quello che era, ma la parsimonia, l'impegno che metteva in ogni cosa. Ecco perchè era riuscito a laurearsi con ottimi voti alla Columbia, grazie a una borsa di studio che aveva ricevuto dopo un impegno da fare invidia a chiunque, alla scuola superiore. Era stato l'unico, in tutto lo stato della Pennsylvania, dove era nato e cresciuto, a ricevere una borsa di studio per un'università dell'Ivy League come la Columbia.

Ricorda ancora con gioia il giorno in cui aveva ricevuto la lettera di conferma. Non dimenticherà mai la felicità sul volto della madre e l'orgoglio nello sguardo del padre che si era sempre impegnato, lavorando giorno e notte, per permettere al figlio di concentrarsi nello studio senza doversi preoccupare di altro. Così come la madre che, cameriera in un ristorante, lavorava duramente per rendere la vita del figlio semplice e poco impegnativa.

Del resto, Jake, conosceva bene gli sforzi che i suoi genitori avevano compiuto tutti i giorni per lui e si era impegnato molto per non deluderli, riuscendoci a pieno.

Adesso, due anni dopo, con una laurea in Business Administration, un ufficio angolare con vista mozzafiato sul Central Park e un appartamento a MidTown, Jake poteva considerarsi fiero di se stesso e felice di essere riuscito a garantire una vita agiata e senza più lavoro ai suoi genitori, che adesso vivevano in una splendida villetta a Pittsburgh, con tanto di staccionata bianca e ampio giardino sul retro, dove il padre si era dedicato alla coltivazione delle verdure di stagione e la madre a un piccolo roseto che trattava quasi come un figlio.

Jake non era una persona mattiniera. Nonostante al lavoro fosse estremamente professionale e nessuno poteva mettere parola sui risultati che, puntualmente, riusciva ad ottenere, la mattina proprio non riusciva a svegliarsi in tempo, arrivando, spesse volte, in leggero ritardo. Inoltre Jake non aveva un'auto, preferiva muoversi con la metro da buon cittadino, sentendosi un vero newyorkese. Amava instaurare conversazioni nel breve tragitto in metropolitana con chiunque gli desse conto e, con quella bellezza che ti lascia senza fiato, non era difficile trovare qualche ragazza disposta a perdere un po' di tempo con lui, solo che Jake era gay, quindi spesso finiva per ritrovarsi con numeri di telefono che non gli interessavano affatto.

The Angel and The DevilDove le storie prendono vita. Scoprilo ora