Ricominciamo

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Marta

Eccoci lì.
Dove mai avrei creduto di potermi ritrovare ancora.
Dove fra silenzi assordanti e batticuori, sembrava che potesse scoppiare il mondo.
Eccoci lì in allerta e carichi di aspettative.
Eccoci lì.
Semplicemente lì, nei nostri mille complessi interiori.
E mentre noi restavamo immobili, dentro tutto correva troppo in fretta per poter essere razionali.
In tre in una stanza improvvisamente più piccola per contenere anche quello che non si vedeva, fra quesiti e pensieri inespressi, che rimbalzavano fra il soffitto ed il parquet, rendendo tutto troppo stretto addosso.
In tre a corroderci dentro con il non sapere esattamente cosa fare.
Eccoci in un luogo fisico ma completamente fuori, ognuno perso in se stesso.
C'ero io e il mio non essere pronta, il riemergere di vecchie sensazioni che credevo di aver annullato, il sorriso spontaneo che svaniva ad ogni secondo che passava ricordando altre cose.
Cose fondamentali, sulla quale era impossibile sorvolare.
L'entusiasmo che andava scemando, riportando alla mente le novità apprese sul conto di Ignazio.
C'era lui, Ignazio e le sue intenzioni incomprensibili, quelle che sapevano di azzardo ed i suoi occhi ad indugiare di traverso la mia vicinanza a Gennaro.
E poi c'era Gennaro e la sua mano calda adagiata alla base della mia schiena scoperta, come a marcarmi senza un reale motivo.
C'era la sua domanda a restare sospesa fra di noi.
"Ah...ma quindi già vi conoscete voi?"
Aveva chiesto soltanto con lo stupore stampato sul volto.
Il suo era stato un richiamo, come per dire "ehi io sono qui!"
E quel mio "Ancora tu?" fuoriuscito da solo a rovinare il mio intento, quello di nascondere un pezzo del passato troppo complesso da dover spiegare adesso, senza il minimo preavviso.
Quel mio essere colta impreparata a farmi scoprire ingenuamente con una bocca che non era riuscita a cucirsi in tempo.
Quella mia domanda balbettante ed impacciata nel rivederlo a far trasparire un nostro probabile vecchio incontro, quello che non volevo rivelare per non infierire sul mio orgoglio calpestato.
E cosa avrei dovuto rispondergli a Gennaro?
Qual'era la verità?
Lo conoscevo io?
Da che prospettiva lo conoscevo ad Ignazio veramente?
Lo avevo mai conosciuto fino in fondo?
Forse sapere a memoria le coordinate della pelle non è lo stesso.
Condividere letti e coperte non serve a nulla senza condividere le idee.
Forse conoscere qualcuno vuol dire predire le reazioni dell'altro, sapere già le risposte e le prossime mosse.
Conoscere qualcuno significa anticipare i suoi passi, sapere cosa gli serve per essere felice, riuscire a capirlo, ed io, al passo con lui non c'ero mai stata.
Io ero andata così avanti che a lui lo avevo lasciato indietro, sorpassandolo.
Forse avevo conosciuto il suo vero lato soltanto alla fine, quando per me era troppo tardi, anche se forse, non è mai troppo tardi per nulla.
Quanti forse a colonizzare l'esistenza.
Quanti inutili dilemmi.
Quanti ma che ci affollano costantemente la mente, formando metropoli in cui arrancare a fatica.
Quanto traffico che causiamo inquinando la libertà di vivere, quando a volte, basterebbe stoppare il cervello.
Solo che io, stoppando il cervello, avevo sofferto, e allora capita che in seguito tutto si trasforma in timore.
Capita che l'equilibrio non si riesce quasi mai a trovare.

E lo fissavo imperterrita ad Ignazio in cerca di una risposta da inventare.
Noi c'eravamo cercati, voluti, rincorsi, sentiti, presi, persi, respinti, lasciati ed adesso eravamo maturati nel corso degli infiniti sbagli.
Avevamo ricevuto e inferto ad altri ferite su ferite.
Avevamo sbagliato i tempi, le scuse e i calcoli, quelli che non dovrebbero mai esserci.
Avevamo lasciato spazio allo scorrere impavido degli eventi senza fermarci a mettere punti, virgole e parentesi.
Ci eravamo lasciati trascinare dalle circostanze che ci avevano avvicinati, e non avevamo fatto niente per cambiarle e renderle migliori.
Ci eravamo prima bramati, scelti e accettati in modo limitato senza aspettative alcune, poi come ogni preconcetto stabilito, era sfumato nel vento, era andato qualcosa fuori posto: il mio cuore.
Mi ero innamorata io.
Glielo avevo fatto capire in mille modi, io.
Avevo aspettato in silenzio, io.
Poi ero andata via, sempre io.
Era tornato a cercarmi, lui.
Aveva preso coscienza solo perdendomi.
Avevo scelto di voltare pagina.
Avevo messo in condizione di far voltare pagina anche lui.
Senza orgoglio ma con il semplice non essere più disposti a provare.
E così era stato.
Ognuno per la propria strada.
Quattro anni, innumerevoli cambiamenti e noi due ancora, irrimediabilmente, uno di fronte all'altro, come il più destinato dei destini.
Ma non si trattava di essere semplicemente faccia a faccia noi due.
Era una questione di fare i conti con noi e con tutti i bagagli racimolati nelle distanze in cui c'eravamo persi.
Era il fatto innegabile di trovarsi davanti alla metamorfosi dei nostri percorsi altalenanti.
Era il semplice trovarsi di fronte a noi e a ciò che eravamo divenuti in seguito alle svolte, e sicuramente, non eravamo più gli stessi di allora.
Non eravamo più uguali a prima, a quando c'eravamo incontrati.
Perché le esperienze ti cambiano. Il mondo che ti gira intorno, ti cambia.
Il modo in cui ti gira e il tuo modo girare la ruota, ti cambia.
In generale, il tempo, ti cambia.
Si diventa più prudenti, più maturi, più decisi di prima, meno propensi al rischio, meno avventati.

La Storia In Una Fotografia (#Wattys2016)Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin