Venticinquesimo capitolo Salvezza

125 10 0
                                    

Pioggia, pioggia e ancora pioggia. Il sole è soltanto un lontano ricordo e il cielo grigio accompagna le mie giornate da due mesi a questa parte. Però oggi non m'importa, il sole è dentro di me. Sono raggiante mentre preparo la mia valigia con un unico pensiero nella testa: Parigi. Mi risulta difficile crederci, forse sto ancora dormendo e tutto questo svanirà al mio risveglio. Questa volta ho dovuto dire una mezza bugia a Nathalie, le ho detto che parto con la mia amica australiana mentre Joseph le ha detto che passerà il fine settimana con Matty. Se solo sapesse. Non sono mai stata brava con le bugie ma questa volta ne vale della mia felicità, non so come potrei sentirmi se tutto questo finisse. Nessuno è mai stato in grado di entrarmi dentro in questo modo, di far parte di ogni mio strato di pelle, di ogni pensiero, di ogni respiro. Nessuno prima di Joseph. Mi ha catturata al primo sguardo e sono stata sua fin dal primo momento. Ho guardato oltre l'apparenza perché in qualche modo avevo visto che lui era esattamente come me: in mille pezzi. Che indossava una maschera per vivere una vita che non avevamo scelto ma che dovevamo affrontare giorno dopo giorno. Perché le ferite si possono aprire in cinque secondi ma ci può voler una vita per poterle richiudere. E a volte capita che restino così, semiaperte, e devi soltanto far finta che il dolore non esista, non pensarci e andare avanti. La vita ti vuole forte giorno dopo giorno.

Indosso le cuffie mentre i miei pensieri volano di nuovo e Nicky Jam canta a tutto volume nelle mie orecchie. La mia valigia è quasi piena, ho cercato di mettere il minimo indispensabile ma come sempre ho esagerato. Sono le cinque di pomeriggio di venerdì sera e il treno è alle cinque e quarantacinque del mattino. Joseph sta guardando la tv al piano di sotto, la sua valigia è ancora vuota. Tipico di J, fare le cose all'ultimo minuto. Ballo al ritmo del ritornello di Traversuras e finisco di preparare le mie cose immersa nei miei pensieri, sto sognando ad occhi aperti Parigi.

Joseph
Odio mio padre. Lo odio dal momento in cui ha varcato quella dannatissima porta ed è scomparso dalla mia vita a passi veloci, non mi ha lasciato neanche il tempo di abituarmi alla sua assenza. Se n'è andato così, lasciando vuoti immensi e mille dubbi ma soprattutto la consapevolezza che la colpa è solo mia, che sono stato io a distruggere tutto.
Una tempesta, ecco cosa ho dentro. Una tempesta in cui non riconosco niente. Mi sento come uno specchio, rifletto senza avere riflessi. Respiro senza fare rumore e piango senza lasciare cadere nessuna lacrima. Vorrei avere di nuovo cinque anni, stare seduto nel salotto, per terra, o davanti la finestra e ascoltarlo parlare di tutto soltanto per ascoltare il timbro forte della sua voce e sentirmi al sicuro. Vorrei dirgli che da quando ha messo una pietra sul passato l'ha messa anche su di me. Vorrei dirgli che ogni tanto non mi ricordo più chi sono così sfoglio l'album di quando ero bambino e i ricordi con lui mi ritornano in mente e mi sento di nuovo me stesso. Vorrei dimenticare i pianti, le domeniche chiusi in casa, le notti fredde; vorrei che lui non fosse lui e che io fossi ancora suo figlio. Mi ero rassegnato alla consapevolezza che non l'avrei più rivisto, convinto dell'idea che anche lui mi odiava alla stessa misura di come io odio me stesso. La sua chiamata è arrivata questa mattina, seguita da altre cinque nel pomeriggio. Non ho risposto, non ce l'ho fatta. E il telefono nella mia tasca pesa più di un macigno. Non lo sento e vedo da almeno due anni, da quando è uscito da quella porta con le valigie in mano e il completo elegante per andare al lavoro. Da quando mi ha fatto odiare me stesso ancora di più. Non riesco a pensare ad altro da stamattina, non ho ancora preparato la mia valigia e sono arrabbiato e nervoso. Mi sento come se fossi in attesa di qualcosa ma non so bene cosa. Con Cassie fingo che tutto vada bene, che la mia vita non è stata stravolta di nuovo. Non voglio rovinare il nostro viaggio e devo cercare di pensare solo a questo ma ogni volta che mi giro e guardo quella porta ritorno indietro di due anni. Cristo, ho bisogno di uscire e prendere aria. Così prendo il giubbotto al volo e sono subito sulla mia moto. La terra vola sotto i miei piedi e i pensieri si placano almeno per poco. Guido senza una destinazione e vorrei scomparire, scappare lontano dal posto che mi ricorda il mostro che sono. Non sono andato nemmeno al suo funerale, non le ho detto addio. Non me la sentivo. Prendo ogni giorno la strada più lunga per non passare da quel maledetto ponte e mi chiedo come è possibile che la vita possa stravolgersi da un giorno all'altro. Che un minuto può rivoluzionare tutto, il presente, il futuro. Mi sento intrappolato in un ciclo di dolore infinito e quel burrone davanti a me sembra l'unica via di fuga, la soluzione per placare tutto. Non voglio sentire più niente, voglio togliermi questo peso di dosso, non voglio più sentirmi in colpa. Poi un viso si materializza nella mia mente, il mio briciolo di felicità, l'unica persona che mi fa sentire il bisogno di essere qualcuno migliore, qualcuno degno di lei. Cassie. Rallento e quasi mi fermo sul ciglio, guardo sotto e mi chiedo se voglio comportarmi da egoista perché mia madre morirebbe un'altra volta e so che non posso. Perché glielo devo, perché lei è rimasta. Faccio la retromarcia e imbocco la strada per andare a casa. Non voglio più essere egoista, voglio essere migliore. Sorrido al cielo e mi sembra di vedere mia sorella che ricambia il mio sorriso.

Cassie
Chiudo la valigia e finisco di riempire la borsa con i documenti necessari per il volo. Mi sdraio sul letto e cambio canzone, Est-ce que tu m'aimes? Di Maître Gims suona a tutto volume nelle mie orecchie. Chiudo gli occhi e ascolto le parole della canzone. Due braccia mi stringono improvvisamente e sento quel profumo famigliare, quello che ormai definisco "casa". Apro gli occhi e ne vedo due a pochi centimetri da me, sono spenti e vuoti. L'azzurro è chiaro e mi chiedo se siano reali o se sto sognando.
-Ciao
Sussurra mentre mi toglie gli auricolari e mi abbraccia. Mi tiene stretta a se come se potessi scomparire da un momento all'altro.
-Ciao
Sussurro a mia volta e le sue labbra raggiungono presto le mie. È un bacio disperato e passionale.
-È successo qualcosa?
Chiedo preoccupata, i suoi occhi non possono nascondermi il dolore che vedo. È scritto a lettere cubitali.
-Sei la mia salvezza.
Dice e lo guardo preoccupata.
-Da cosa ti ho salvato?
-Da me stesso.
Risponde e mi bacia di nuovo. Mi stacco subito, voglio sapere cosa sta succedendo. Da cosa esattamente l'ho salvato e come.
-Parlami Joseph, non riesco a capire cosa vuoi dire.
Mi guarda e inizia a raccontarmi cosa è successo, cosa stava per fare. Mi si blocca il respiro e inizio a piangere senza volerlo. Il vuoto che mi si spalanca al solo pensiero di ciò che aveva quasi fatto mi spaventa a morte.
-Non lo fare mai più, promettimelo.
Cerco di guardarlo tra le lacrime che mi offuscano la vista e lui mi prende le mani tra le sue.
-Te lo prometto
Dice dopo avermi lasciato un bacio sulla fronte.

Ed alla fine capisco che io ho salvato lui e lui ha salvato me.
Che ci siamo salvati a vicenda.

Host-brotherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora