Lo spazio prossimo ai corpi ha un che di inviolabile, e da ciò deriva anche il senso del pudore. Quando si permette a qualcuno di planare sul confine innervato della propria coscienza, detta anche anima, non si può fare a meno di riversargliene almeno un po' del contenuto fra le mani. L'evento di serendipità legato a colui che aveva dimorato nella grotta del quadro in cui si narrava di una salvezza e di una tragedia che sentiva anche sue, la sciolse completamente e la predispose a darsi tutta. E così si rese conto di aver iniziato a parlare quando già si raccontava da qualche minuto, e la schiuma fra le dita di Carmela si era trasformata nella controparte tattile delle emozioni che stava sperimentando, mascherate di linguaggio.

Discorreva con fluidità, come se stesse leggendo.

Carmela ascoltava guardandole il viso ad intervalli regolari. E anche lei stessa in realtà si ascoltava, nel modo in cui a volte ci si percepisce, passivi, nel proprio esistere. Meravigliandosene. Chiudeva gli occhi e li riapriva in risonanza con gli sguardi della ragazza.

Aveva recitato, all'inizio. In teatro.

Lì doveva imparare a memoria una parte e poi ripeterla riuscendo a risultare credibile, ma di fatto recitando.

Dopo la prima scena del primo film, invece, aveva pianto. Stupita. C'era stato un salto, fra due sponde incommensurabili l'una all'altra.

Come quello pensabile fra la quiete e il movimento.

Davanti alla macchina da presa, senza altri vincoli oltre la trama, senza parole, costretta a rappresentarsi nella forma sintattica più immediata, quella del proprio corpo, si era resa conto di non aver più interpretato: aveva vissuto davvero.

Da ragazza si era chiesta qualche volta se gli scrittori non facessero parte di una sottospecie privilegiata, avendo la fortuna di poter sperimentare più esistenze, nel corso della loro propria, nello stesso atto del carpirle inventarle studiarle giustificarle raccontarle. Ne aveva conosciuti alcuni personalmente, anche famosi, e si era resa conto che con loro non c'erano mai vie di mezzo.

Quando poi aveva interpretato La Donna e lo specchio, la consapevolezza del vivere i propri personaggi le si era palesata in maniera ormai inconfutabile. E la sua non era stata una identificazione mediata dalle parole o dallo sforzo indispensabile a costruire la catena di cause ed effetti, necessaria ad ogni narrazione e suo limite insormontabile.

In quella commedia, lei era stata Maria – il personaggio creato da Nino Oxilia – non meno di quanto solo un'ora prima fosse stata la Maria dell'Annunciazione.

Un istante di trasporto totale, isolato da fasci incrociati e ridondanti di ricordi recentissimi e datati, la portò a desiderare davvero per sé quel nome. Lo disse a Carmela ed i loro sorrisi si abbracciarono.

Si rendeva conto che il suo riuscire ad essere di volta in volta le donne che interpretava, era percepibile dal pubblico come può esserlo all'olfatto l'invisibile profumo di una pesca matura, ed era anche per questa rara peculiarità che la adoravano: la sua perfezione consisteva, appunto, nel riuscire ad essere sempre pienamente se stessa: e da tutte quelle vite, vissute e consumate in poco tempo, imparava: come se ingurgitasse, ingorda, una dopo l'altra essenze non diluite.

Carmela non comprendeva tutte le parole che continuavano ad infilarsi nella luce della stanza, né vedeva tutte le figure che esse disegnavano, ma il panorama la incantava ugualmente, anzi forse per tale ragione ancora di più. Con la stessa cura le percorse su una gondola di schiuma le lunghe gambe e le braccia. Ora continuava ad accarezzarsi le mani sul suo collo.

Il profluvio non si era arrestato, anzi un abbassamento della frequenza della voce lo aveva reso più intimo.

Negli ultimi cinque anni, attraverso i gesti del corpo, aveva dunque vissuto esistenze con intensità superiore a quella che potrebbe sperimentare in una intera vita qualsiasi scrittore pur lasciandosi dissanguare d'inchiostro su deserti di fogli bianchi.

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⏰ Last updated: Feb 02, 2016 ⏰

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la donna di rugiadaWhere stories live. Discover now