8: Il Potere di una Parola

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     Represse a stento un urlo di rabbia. Anche se era invaso dall'amarezza, ricordava ancora che lo stavano spiando. Strinse il velo tra le mani, lo appallottolò e poi con stizza lo gettò contro il muro.

     Tutto qui? Il motivo per cui Drianna l'aveva cacciato nei guai, per cui stavano rischiando la vita, per cui suo padre era stato coinvolto, era solo uno stupido panno?

     Stava per scaraventare anche uno dei sacchetti, quando si rese conto che... il velo non cadeva. Lo vide allargarsi pian piano, senza neanche una piega. Altrettanto lentamente discese, come un foglio leggerissimo. Si avvicinò e si inginocchiò. Mise le mani aperte, con i palmi rivolti verso l'alto, sotto al velo. Questo si adagiò con delicatezza infinita sulla sua pelle. Nulla, in natura, poteva essere così leggero. Nemmeno una piuma.

     Lucas lo accarezzò di nuovo.

     La sensazione al tatto era piacevole. Osservando le proprie dita, notò che erano ricoperte di una polverina sottile. Strofinò i polpastrelli tra loro. I granuli, sulla sua pelle, scintillarono di un lieve bagliore. Il ragazzo li scrutò, sorpreso. La luce si affievolì in pochi secondi. Altrettanto in fretta, sulle sue dita non rimase più nulla. La polvere si era dissipata.

     Allora il giovane accarezzò di nuovo il tessuto. Ancora, sulla sua pelle si depositò quella strana sostanza. Di nuovo, sfregando i polpastrelli, la vide illuminarsi debolmente e poi scomparire.

     «Lucas! Hai finito con la doccia?»

     Per poco non sobbalzò per lo spavento: «Ehm...» raccolse il velo e i sacchetti e si guardò attorno, alla ricerca di un buon nascondiglio. «Sì! Sì... ho finito, papà!»

     Si fiondò un attimo sotto il getto dell'acqua per bagnarsi i capelli. Poi raccolse con una mano il liquido per passarselo sul corpo. Se fosse uscito dal bagno da asciutto, quelli lì avrebbero capito che stava fingendo. Si precipitò verso l'accappatoio e nascose il tulle e i pacchetti nella tasca. Nella fretta, gli cadde un sacchetto. Li raccolse al volo, stringendolo nel pugno. Appena in tempo, prima che suo padre aprisse la porta. Cercò di non guardare verso la telecamera nascosta.

     «Meno male. Dopo quello che è accaduto, non riesco a lavorare» borbottò il signor De Vito. «Credo di aver bisogno anche io di rinfrescarmi le idee.»

     «D'accordo...» Lucas trasse un respiro silenzioso, nel tentativo di tranquillizzarsi. «Il bagno è tutto tuo.»

     Si disfò degli abiti usati, gettandoli nel cesto della biancheria da lavare. Indossò l'accappatoio, afferrò il pigiama e uscì tranquillamente dal bagno. Iniziò a tamponare i capelli bagnati, indugiando per qualche secondo sull'uscio. Non voleva dare l'impressione di essere agitato.

     Entrò nella sua camera e mantenne un comportamento insospettabile. Si asciugò per bene e sfilò l'accappatoio, appendendolo al pomello dell'armadio. Evitò di lanciargli sguardi preoccupati, che avrebbero potuto attirare l'attenzione. Non infilò il sacchetto mancante nella tasca: il gesto avrebbe rivelato che nascondeva qualcosa. Si limitò a stringerlo nella mano.

     Aprì un cassetto del comò per recuperare un paio di mutande pulite. Lo infastidiva l'idea di essere nudo davanti a una telecamera, ma non poteva coprirsi. Anche questo avrebbe indicato che era a conoscenza della presenza e dell'ubicazione delle microspie.

     Si sedette sul letto, nudo, continuando a tamponare i capelli con l'asciugamano. Per fingersi ancora più naturale, armeggiò alcuni minuti col cellulare, controllando i messaggi, anche se li aveva già letti. Si rivestì con calma, specialmente quando infilò le mutande. Voleva che vedessero: non c'era niente, ma proprio nulla, nascosto lì dentro. Non si poteva mai sapere se una mente, depravata quanto la sua, avrebbe potuto sospettare che avesse infilato proprio lì il famoso sacchetto.

Il Velo di Drianna #Wattys2016WinnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora