3: Il Sogno di Drianna

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     Drianna era una ragazza che non aveva nulla da raccontare. Se qualcuno le chiedeva quali fossero le sue passioni, lei sapeva subito cosa rispondere. Viaggiare, osservare e sorridere. Erano le sue tre paroline magiche. Le ripeteva ogni volta che gli eventi prendevano una brutta piega. Se una persona le domandava dove fossero i suoi genitori, lei rispondeva (con tono alquanto provocatorio) che non era più una bambina e che non aveva bisogno di mamma e papà sempre attorno.

     Diceva che aveva preso il suo borsone, ci aveva infilato il minimo indispensabile ed era partita alla conquista del mondo. Se le veniva chiesto dove trovasse i soldi, rideva a crepapelle e confessava che i problemi finanziari non rientravano nella sua lista dei rompicapo da affrontare.

     Al contrario, Drianna era una ragazza che amava ascoltare. Aveva occhi e orecchie ovunque. Non c'era dettaglio che le potesse sfuggire. Non un sussurro o un gesto, non uno sguardo o un'espressione. La piccola viaggiatrice vedeva e udiva ogni cosa la circondasse. Nulla la entusiasmava tanto quanto il rimanere ad ascoltare un racconto o ad ammirare un disegno.

     La ragazza si guardò attorno. Seduta sulla panchina, scalciava coi piedi, neanche fosse stata una bambina di cinque anni. Non era mai stata brava a celare il nervosismo. Per sua fortuna, di solito le persone scambiavano la sua ansia per banale iperattività. Si sa, a volte i giovani hanno bisogno di valvole di sfogo per scaricare tutta quell'energia...

     Intravide lo scuolabus girare lentamente, per immettersi nella corsia. Saltò in piedi come una molla e si voltò per afferrare i manici del borsone.

     «Oh issa!»

     A guardarla non sembrava, ma la sacca era molto pesante. Drianna salì a fatica sul mezzo. Non fu la prima volta che si chiese perché mai li avessero progettati così alti. Per riuscire a salirci doveva aggrapparsi a qualcosa, altrimenti sarebbe caduta. Una volta a bordo, si guardò intorno. La sua era la quarta sosta dell'autobus: era pieno zeppo di liceali. Naturalmente, i sedili erano già stati tutti occupati, tranne... Sorrise timidamente e si avvicinò al ragazzo seduto dietro al guidatore.

     «Scusami, è libero questo posto?»

     Ridacchiò: con gli auricolari, il giovane non l'aveva sentita. Così si allungò e attirò la sua attenzione premendo due dita contro la sua spalla.

     Lucas sussultò e si girò di scatto.

     Sul suo viso si poteva scorgere un accenno di stupore.

     «Drianna...» sussurrò, come se si trovasse di fronte a un fantasma.

     Lei finse di non conoscere il motivo della sua reazione: «Sono felice che ti ricordi il mio nome!» gli disse sorridendo. «Allora? È libero il posto?» insistette.

     «C-certo...» il ragazzo si affrettò a spostare lo zaino.

     «Grazie! E così, ci rivediamo» tergiversò Drianna, accomodandosi e posando il grosso borsone sulle gambe; lo strinse bene con un braccio, come ad assicurarsi che non sparisse.

     Lucas non rispose. Si limitò a fissarla. Aveva uno sguardo intenso, un'espressione torva e concentrata. Metteva in soggezione.

     «Cosa c'è?» chiese d'un tratto la ragazza, tastandosi i vestiti. «Ho qualcosa che non va?»

     «Ti ho sognata, l'altra notte» rispose lui, con circospezione.

     «Ma davvero?» la ragazza rise, portandosi una mano sulla guancia. «Non so se esserne lusingata o meno! Non credi sia presto per certe fantasie?»

     Il ragazzo continuò a scrutarla per alcuni secondi, poi si concesse un sorriso. Un gesto tirato e poco spontaneo.

     «Forse hai ragione» tornò seduto composto e si rimise un auricolare.

Il Velo di Drianna #Wattys2016WinnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora