***

«Scacco matto» dice con disinvoltura Jace con un sorriso vittorioso stampato in volto, per la seconda volta in un'ora. Faccio schifo con gli scacchi.
«Sarai anche bravo con gli scacchi, ma come te la cavi alla PlayStation?» chiedo alludendo alla consolle poggiata a terra accanto al televisore.
«Stai sfidando un maschio alla PlayStation?» chiede sarcastico Jace.
«Ho sempre avuto una maggioranza di amici maschi, e li ho battuti tutti» lo sfido, vantandomi. Quando andavo alle feste, a Sydney, quando si raggiungeva il massimo livello di ubriachezza tutto finiva sempre in una partita alla PlayStation e, dato che nove volte su dieci non bevevo, vincevo sempre io. Negli anni ho perfezionato la tecnica, quindi ora sono imbattibile.
«Scegli il gioco» ridacchia passandomi il joystick, convinto di avere la vittoria in pugno. Passo in rassegna i vari CD impilati ordinatamente e scelgo quello in cui sono più brava: Call of Duty. I maschi volevano sempre giocare a quello, così mi sono fatta una cultura.
«Hai appena firmato la tua fine» ride compiaciuto lo stronzo.
«Non hai idea di cosa è capace il tuo avversario.»
Dopo circa quaranta minuti ho battuto Jace almeno cinque volte, finché alla fine non si arrende, riconoscendo che sono più brava di lui. Mi inchino scherzosamente e vado a prendere il cibo messicano che ho comprato venendo qui, il suo preferito.
Mentre gustiamo il cibo piccante, lui mi fa la domanda che mi aspettavo. «Come hai imparato a giocare così bene?»
Per la prima volta sento la necessità di confidare qualcosa a qualcuno, di condividere un peso. «Alle feste a cui andavo a Sydney, quando erano tutti ubriachi, la serata finiva sempre con una sfida alla PlayStation e, dato che io non bevevo quasi mai, vincevo sempre, spesso anche qualche soldo, e mettevo tutto da parte per pagarmi l'università. Alla fine sono diventata abbastanza brava, tanto il gioco era sempre quello.» Mi sento un po' meglio, un po' più leggera.
«Lo avevo intuito che avevi frequentato feste peggiori, al falò. Vuoi dirmi perché?» chiede, puntando le sue iridi azzurre nelle mie.
«Perché mi distraevano. Ero una persona molto diversa, prima. Avevo una certa reputazione, mi cacciavo sempre nei guai... ero un vero disastro. La situazione in famiglia non aiutava, quindi frequentavo quelle feste perché lì potevo sentirmi qualcuno» mormoro seguendo col dito il contorno del piatto di plastica. Da Jace non arriva nessuna risposta, ma un paio di secondi dopo sento un paio di braccia robuste stringermi. Mi lascio cullare dall'abbraccio di Jace, contenta di aver trovato almeno lui in questa vita disastrosa.
«Per me sei qualcuno, lo sai vero?» mi chiede, allontanandomi leggermente dal suo petto per guardarmi negli occhi. Sorrido, commossa, ed annuisco. «Grazie, Jace.»
«Non dirlo nemmeno per scherzo.»
Dopo cena – nonostante le mie proteste – vediamo una commedia demenziale di cui non mi rimane assolutamente niente, causa pensieri morbosi. Non riesco a smettere di tornare col pensiero al secondo quasi-bacio con Drew. Se non mi fossi scansata mi avrebbe baciata? Che sarebbe successo dopo? Cosa sono veramente per Drew Anderson? La mia più grande paura oltre dipendere da lui è che mi stia prendendo in giro, non lo sopporterei. Non metterei mai in gioco i miei sentimenti per lui, troppo rischioso, ed io non me la sento più di rischiare nemmeno per me stessa, figuriamoci per gli altri, tanto tutti ti lasceranno e tutti ti feriranno, non ne vale davvero la pena.
«Vuoi andare a dormire?» mi chiede Jace, stiracchiandosi alla fine del film. Annuisco, nonostante il pisolino di questo pomeriggio sono stanca. Lui spegne la televisione e lo aiuto a riordinare un po' il casino che abbiamo fatto con il cibo, i cuscini e le coperte.
«Hai un pigiama?»
«No, me ne sono completamente dimenticata» sbadiglio, prendendo fra le dita la maglietta ed i pantaloncini che mi passa dopo averli tirati fuori da un armadio nella sua camera. Vado in bagno e mi strucco, osservando le occhiaie spaventose che ho in faccia. Sono davvero provata, stanca, voglio staccare la spina fino a domani mattina, per fortuna non ho lezioni prima delle dieci quindi posso fare in tutta calma. Mi infilo la maglia di Jace che mi arriva fino alle ginocchia e rinuncio ai pantaloncini, sono troppo larghi ed in ogni caso sarebbero inutili. Torno nel salottino e mi sdraio sul divano letto di Jace, poggiando la testa sul cuscino e tirandomi la coperta fino sul naso.
«Notte, Lizzie» mi dice uscendo dal bagno con un paio di pantaloni ed entrando nella sua camera.
Non riesco a prendere sonno, ho paura di avere un altro attacco di panico, ho l'ansia al massimo e non riesco a rilassarmi. Dopo essermi girata varie volte senza alcun risultato mi alzo e busso sulla porta di Jace.
«Entra» biascica lui oltre la porta.
«Posso stare qui?» chiedo, dondolandomi sui talloni come quando ero piccola ed entravo nella stanza dei miei dopo un incubo.
«Va tutto bene?» chiede accendendo l'abat-jour sul comodino.
«Soffro di attacchi di panico» confesso, sfuggendo ai suoi occhi. «Non voglio stare sola.»
«Vieni qui.» Sbatte una mano sul materasso accanto a sé ed io mi sdraio. Poco dopo le sue braccia mi circondano la vita e il suo mento è poggiato sulla mia testa. Mi raggomitolo fra le braccia di Jace e chiudo gli occhi, rilassandomi.
«Tu come stai?» mi chiede a bassa voce, carezzandomi i capelli.
«Non lo so» rispondo sinceramente.
«Provi qualcosa per Drew?» Sgrano gli occhi al brusco cambio di direzione della conversazione.
«Non so nemmeno questo, so solo che non sarà mai un amico» soppeso le parole, scegliendole accuratamente.
«Ascolta: io non ti dico tutte quelle cose su Drew perché ce l'ho con lui, ma perché non voglio che tu finisca come me.»
«Che intendi?»
«Intendo che voglio che tu trovi una persona che ti merita e che ti stia sempre accanto, non qualcuno così incasinato o egoista o poco serio da respingerti tutte le volte. Non voglio che gli andrai dietro per sempre sperando che cambi idea, perché tanto non lo farà.» Percepisco così tanto dolore nella sua voce che mi si spezza il cuore. Mi tiro lievemente su e gli do un bacio sulla guancia.
«Sei una splendida persona, Jace, sono sicura che troverai qualcuno che ti apprezza davvero e che ti amerà come meriti.»
«Forse c'è già qualcun altro... Mi sono stancato di correre appresso ad Annabelle» dice, imbarazzato.
«Fantastico! E chi è?» chiedo, contenta per lui.
«Ehm... insomma... domani te la faccio vedere» borbotta, stringendomi nuovamente contro il suo petto. Ridacchio divertita e chiudo gli occhi, cedendo al sonno.
«Buonanotte, Liz» sussurra Jace, dandomi un bacio sulla fronte.
«Notte, ti voglio bene.» È la prima volta che lo dico ad alta voce e la prima volta che spero faccia sentire meglio qualcuno.

***

Qualcuno che mi russa in un orecchio disturba il mio sonno placido. Mi giro dal lato opposto e provo a riaddormentarmi, ma il rumore mi dà fastidio ugualmente. Mi arrendo ed apro gli occhi, ritrovando Jace praticamente sopra a me. Metà del suo corpo giace abbandonata sopra al mio e la sua bocca è proprio vicino al mio orecchio. Con tutta la forza che ho lo spingo verso l'alto e cerco di farlo scendere. Dopo vari sforzi finalmente ce la faccio e tiro un sospiro di sollievo. Guardo l'orario e constato che sono le otto e trenta. Nonostante non abbia lezioni prima delle dieci decido ugualmente di alzarmi per preparare qualcosa come colazione per Jace. Frugo negli sportelli in cucina e trovo il caffè, prendo la macchinetta e lo metto sui fornelli. Opto per una colazione semplice, così prendo due ciotole e i cereali al miele, i preferiti di Jace. So che ama anche la marmellata così prendo due fette di pane e le spalmo con del burro e quella di ciliegie, che è la sua preferita. Dopo un po' è pronto il caffè, lo verso nelle tazze assieme ad un po' di latte che trovo in frigo e ritorno nella stanza di Jace. Appoggio il vassoio dove ho messo il cibo sulla scrivania e spalanco le finestre, lasciando che entri la luce del sole.
«Ma buongiorno bella principessa!» esclamo. Jace emette un mugolio di protesta e borbotta qualcosa che non capisco.
«Come, scusa?» chiedo svolazzando attorno al letto.
«Chiudi la finestra e spegni la luce» borbotta, premendosi il cuscino sul viso. Balzo sul letto, facendogli prendere un colpo e facendolo scoppiare a ridere. Gli tolgo il cuscino dal viso e metto il broncio. «Ma ho preparato la colazione!» Apre un occhio e mi guarda, valutando la situazione. Alla fine si arrende e si mette a sedere. Tutta contenta prendo il vassoio e mi siedo sul letto, ponendolo fra di noi. Divoriamo tutto ciò che ho preparato, lasciando poco spazio alle chiacchiere. Jace gradisce e ammette che dovrebbe invitarmi più spesso.
«Ma perché ti sei già vestita?» mi chiede indicando con un cenno del capo i miei vestiti sportivi, che avevo come cambio nel borsone.
«Volevo andare a correre.»
«Vengo con te, ho lezione solo di pomeriggio.»
Annuisco e vado in soggiorno a rimettere a posto i libri che avevo tirato fuori per prendere i vestiti. Una decina di minuti dopo Jace appare nel salottino con una tuta ed una canottiera.
«Pronta?»
«Pronta» sorrido e lascio il borsone qui, tanto lo riprenderò quando dovrò andare a lezione fra un'oretta.
«Lizzie» la voce preoccupata di Jace mi fa voltare di scatto sulle scale.
«Cosa?»
«Quei pantaloni.»
«Cos'hanno che non va?» aggrotto le sopracciglia.
«Ho capito che siamo amici e tutto quanto, ma sono comunque un maschio, e il tuo sedere mi provoca.» Lo guardo sbalordita e poi scoppio a ridere. «Beh, sono pantaloni da yoga e sono gli unici che ho con me, quindi mi dispiace ma dovrai contenerti.»
Litighiamo per il resto del tragitto sui miei pantaloni da yoga, ma quando usciamo dal dormitorio la mia voglia di ridere scompare. Drew è poggiato alla colonna dell'edificio, ha una faccia agitata e sbatte nervosamente un piede a terra.
«Liz!» esclama sollevato quando mi vede. «Voglio parlare con te.»

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