Capitolo 18

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Sentivo qualcosa di strano, come se avessi degli adesivi attaccati alle braccia, alla pancia e alle gambe, coperti, al posto della tuta attillata, da dei vestiti larghi. Quando riuscii finalmente ad aprire le palpebre pesanti vidi che erano collegati ad un tipo di computer, dalla funzione a me sconosciuta.

Osservai ciò che mi circondava: oltre agli "adesivi" di colore bianco vidi che mi trovavo in una stanza bianca, dagli attrezzi bianchi e in un letto dello stesso anonimo colore che ormai non amavo molto. 

La porta alla mia sinistra si aprì mostrandomi Logan. Lo chiamai con voce rauca.
«Meg» mi salutò sorpreso «Come stai?» mi chiese sorridendo e accarezzandomi la guancia, gesto per cui avevo un debole.
«Meglio» sorrisi a mia volta «Cosa sono queste cose che ho attaccate al corpo»" gli chiesi schiarendomi la voce.
«Sono dei piccoli apparecchi che hanno la funzione di caricare il corpo di uno Speciale, di ridargli energia. Accelerano il processo» mi spiegò.
«E quanto ho dormito?» gli chiesi.
«Un giorno o poco più» mi rispose facendomi sgranare gli occhi.
«E che ore sono?» 
«Le tre di notte» disse divertito. Avendo recuperato le energie, iniziò a togliere quei piccoli apparecchi seguito da me e poi mi prese per mano aiutandomi a scendere dal letto.

Uscendo dalla stanza riconobbi l'edificio dell'Organizzazione di New York «Quando hai perso i sensi ti ho portata in macchina insieme agli altri, abbiamo preso il jet e ci hanno portati qui. Volevamo aspettare te prima di tornare a Miami» mi spiegò e io gli annuì.

Continuammo a camminare in silenzio nel corridoio deserto dell'edificio. Più che altro io seguivo lui perché non avevo la più pallida idea di dove stavamo andando. Stavo per chiederglielo quando, ad un certo punto, svoltò l'angolo seguito da me ed entrò in una grande stanza dalle pareti, compreso il soffitto e il pavimento, scure e vitree.

«Che stanza è?» chiesi curiosa.
«Qui è dove gli Speciali sviluppano la propria concentrazione» disse ma non capii.
«Spiegandomi meglio, queste pareti servono per simulare scene che possono creare agitazione o paura per esempio e che quindi distraggono. Si deve riuscire a non perdere la concentrazione per attivare i propri poteri e attaccare l'avversario se se ne presenta uno: come in un videogioco».
«E non rompono nulla?» chiesi sorpresa.
«No ed è proprio questo il bello» mi rispose con sorriso compiaciuto probabilmente perché usava la stanza per divertirsi.
«E perché mi hai portato qui?»  «Aspetta».

Si girò intento a premere quelli che mi sembrarono dei pulsanti vicino all'angolo della parete mentre cercavo di spiarlo.
«Ti manca Miami?» mi chiese cogliendomi di sorpresa.
«Sì, un po'..." risposi presa per un attimo dalla malinconia. Improvvisamente ci circondò, al posto delle pareti, un bellissimo mare notturno in movimento che si dà il caso fosse proprio quello di Miami.

Era tutto veramente realistico, si sentiva anche il suono del mare che si infrangeva sulla spiaggia, la sabbia e le stelle.
«Ti piace?» mi chiese
«Logan... certo!" gli risposi stupita per poi abbracciarlo.
«Lo sapevo» disse in modo altezzoso facendomi ridere e ricambiando l'abbraccio. Ero meravigliata da ciò e dovevo ammettere che la tecnologia del P.S.S continuava a sorprendermi... Logan continuava a sorprendermi.

«E quella?» chiesi a mia volta notando solo la maniglia di quella che supposi fosse una porta, l'unica cosa in rilievo e quindi non perfettamente mimetizzata. Andai ad aprirla trovando poi molte armi semplici e qualcosa che non mi sarei mai immaginata: un materasso con qualche cuscino.

Senza farmi troppe domande presi questi due per posizionarli accanto la porta d'entrata ed avere dunque una perfetta "vista mare". Ancora intenta a spostare il materasso mi girai verso Logan che era fermo a guardarmi «Potresti aiutarmi» gli proposi infastidita.
«Ma che stai facendo?» mi chiese più divertito di prima
«Voglio sdraiarmi!» gli mentii. Volevo solo godermi, su qualcosa di comodo, il paesaggio con lui. Sistemammo dunque il materasso e i cuscini e ci sdraiammo.

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