Chapter nine.

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Louis

Attraversai il terriccio, sentendo i miei piedi sprofondare sull'umido fango già condensato.

Le mie lacrime erano terminate, ed allora avevo deciso di recarmi in quel posto. Non sapevo bene perché avessi smesso di piangere, ad un tratto, semplicemente, i fazzoletti erano diventati di troppo.

Ogni volta che pensavo a lui, ero lì per lì per farlo. Quando trovavo nostre tracce in giro, quando sentivo il suo profumo improvviso, quando chiudevo gli occhi nella speranza di prender sonno, era in quei momenti che avevo voglia di piangere: ma non riuscivo. La cornea diventava di un rosso spento, il cuore batteva forte e i pugni si stringevano fin a far sbiancare le nocche, ma io non versavo alcuna lacrima.

La solitudine mi accompagnava in quel passivo e lento progresso di un "secondo inizio" che in realtà era solo una scusa per giustificare il mio stato d'animo. Mi seguiva come un'ombra quando la routine diventava pesante fino a farmi sentire una persona inutile: mi svegliavo, andavo a lavorare, tornavo a casa, pensavo a Harry, tornavo a dormire. Ignoravo le domande di Liam, i messaggi di Niall, gli inviti a cena degli amici. E pensare che qualche mese prima tutti avrebbero affiancato il mio nome a grandi feste e interminabili casini! Ora ero solo, volevo rimanere in silenzio per lungo tempo senza che nessuno turbasse la tetra armonia della quale mi circondavo.

Per questo mi trovavo in quel posto, per spezzare la monotonia in un modo ancora più triste e doloroso. Sentirmi vicino al mio vampiro col pensiero, almeno con quello.

Lo scricchiolare di alcune altalene mi arrivò alle orecchie, ma era tutto frutto della mia immaginazione. Come quella canzone alla radio il cui volume si alzava e abbassava ogni giorno, nella mia mente. O voci confuse di non-esattamente uomini.

Entrai nel vagone velocemente, cercando di rimanere il più removibile possibile nella mia decisione.

Accesi una piccola candela bianca e la trattenni a mani ferme, non avevo paura di nulla. Volevo lasciare che la mia solitudine e quella di Harry si fondessero. Se i nostri corpi non potevano stare insieme, speravo ardentemente che i nostri pensieri aleggiassero entrambi in un solo ed unico posto. Era quello il motivo per il quale mi trovavo lì.

Mi introdussi lentamente nel vagone, poggiando subito la torcia sopra il ripiano tra i due sedili.

In quello stesso posto, avevo atteso tremante che Harry mordesse il mio collo, avevo impresso le mie unghie sulla sua schiena, avevo condiviso qualcosa di mai provato in tutta la vita, insieme a lui.

E adesso, non c'era nessun corpo caldo a cui avvinghiarmi.

Mi stesi sul sedile del vagone e strinsi le ginocchia al petto. Era finita, mi aveva cacciato, non aveva bisogno di me. Mentiva quando mi parlava di legami indissolubili, amori indistruttibili. Erano bugie, le sue.

Quando la prima lacrima scese, non mi accorsi nemmeno di star piangendo. Poi arrivarono copiose le altre, ed allora mi abbandonai a singhiozzi stremati.

In seguito, vinto dalla stanchezza, mi assopii.

***

Fui svegliato da una carezza e mi spaventai nell'accorgermi che nel vagone non fossi completamente solo.

"Basta giocarmi brutti scherzi" sussurrai, alla mia mente, osservando le prime luci del mattino dalla finestra.

Ma poi, la candela – rimasta ancora accesa a consumarsi – si spense. Nessuna folata di vento aveva accesso da quella parte del treno, e mi agitai nell'apprendere che io non avessi fatto in modo che si spegnesse la fiamma.

Arrivò il momento in cui decisi di andarmene, di essermi soffermato abbastanza. Raccolsi la mia giacca, che in un momento di poca lucidità avevo buttato per terra, e me la misi addosso.

Dark Blood.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora