Felicità

767 95 183
                                    

Mauritius, 28 luglio 2012

I piedi sprofondavano distratti nella sabbia calda e morbida, gli occhi malinconici scrutavano attenti le impronte lasciate da quel corpo minuto, mentre la leggera brezza salmastra smuoveva la chioma corvina.

Ginevra volse il proprio sguardo verso la superficie liscia del mare e, con un sospiro, si accomodò dinanzi a essa. Con movimenti delicati, tolse gli auricolari dalle orecchie, lasciandosi rapire dai suoni che la circondavano. La melodia allegra di una canzone di Rihanna le dipinse un sorriso sulle labbra mentre, strizzando gli occhi miopi, riuscì a scorgere un gruppo di giovani mauriziani scatenarsi e divertirsi al suono di quelle note. Sospirando, non poté non pensare a come, grazie al potere infinito della globalizzazione, la musica commerciale fosse stata in grado di raggiungere anche quella piccola porzione di terra sperduta in mezzo all’oceano.

Vista dall’aereo, l’isola di Mauritius pareva L’isola che non c’è descritta nel racconto di J.M. Barrie. Una montagna alta e imponente sormontava uno smeraldo incastonato nelle acque turchesi dell’oceano Indiano. Se esisteva veramente il paradiso, pensò la ragazza con un sorriso, non avrebbe potuto che avere quelle sembianze.

Quel pomeriggio i suoi occhi non avrebbero potuto beneficiare della magia prodotta dal sole che, con romantica bellezza, scendeva verso la linea dell’orizzonte fino a scomparire dietro la superficie marina. Alte e compatte nuvole grigie avevano deturpato il cielo in quella giornata di metà luglio, provocando le ire della signora De Benedetti. Nelle orecchie di Ginevra si rincorreva ancora la noiosa litania della madre che, presa da uno sconforto infinito, inveiva contro le condizioni atmosferiche, ree di privarla di quell’abbronzatura che tanto agognava. Nella sua mente si riassunse quello che era il pensiero della madre. Un pensiero che rifletteva fedelmente il mondo in cui, dopo la sua nascita, si era venuta a trovare e, volente o nolente, a farne parte.

Che senso aveva andare in vacanza ai Tropici se poi, una volta ritornata a Roma, non avrebbe potuto sfoggiare il proprio tonico corpo, illuminato da un’abbronzatura ammirabile, messa in risalto dal nuovo abito bianco firmato Dior, con cui avrebbe fatto morire di invidia le sue adorabili amiche?

Un nuovo sospiro uscì dalla bocca della ragazza mentre, con un cuore sopraffatto dalla rassegnazione, ripensava alla sua vita, alla sua dorata e invidiabile vita.

L’indomani avrebbe compiuto diciotto anni e, come regalo, i suoi genitori le avevano elargito quelle indimenticabili settimane di vacanza a Mauritius. Non si poteva lamentare; la sua esistenza era di gran lunga migliore di quella di molti suoi coetanei. Ogni inverno, trascorreva le festività natalizie nella casa di Saint Moritz in Svizzera, mentre d’estate adorava crogiolarsi al sole dei Tropici. Poteva vantare una cabina armadio sterminata, ricolma di borse Chanel, scarpe Louboutin che non aveva mai indossato, abiti Armani di ogni forma e colore. Ma tutto questo, tutti questi beni materiali e invidiabili, non le avevano mai conferito la felicità. Erano semplicemente oggetti e non potevano fare parte di lei, della sua vita. Non avrebbero mai potuto emozionarla perché provocavano un piacere superficiale e limitato, incapace di coinvolgerla pienamente, internamente e intimamente.

Ginevra ripensò agli avvenimenti accaduti nel corso di quei giorni e, rinnegando se stessa, constatò come quella vacanza in un primo momento rifiutata si fosse in realtà dimostrata emozionante ed eccitante.

Per alcuni attimi era stata davvero felice.

La felicità si era impressa in lei nel momento in cui, con sguardo rapito e curioso, aveva lasciato spaziare i suoi occhi chiari fra le bancarelle del mercato cittadino di Port Louis. Mentre nelle orecchie rimbombava una poliedrica alternanza di voci e di lingue differenti, le narici erano rimaste stordite dall’aroma intenso e penetrante delle spezie colorate e invitanti. Ma la felicità non si era esaurita in quel breve e inafferrabile attimo. Mai avrebbe potuto dimenticare il senso di libertà che la visione di un branco di delfini le aveva procurato.  Mentre il vento era impegnato ad agitarle le chiome e a inebriarle i sensi con il sapore del mare, gli occhi si erano lasciati commuovere dalla vista di quegli intelligenti mammiferi liberi di nuotare fra le onde di un mare infinito.

Nel corso di quelle settimane, l’isola di Mauritius era stata in grado di conferirle, grazie alla sua primitiva bellezza naturale, emozioni intense e travolgenti. Non avrebbe mai potuto dimenticare l’odore intenso della foresta tropicale dopo un improvviso e fugace temporale. Il suo corpo avrebbe per sempre rimpianto il senso di leggerezza provato durante le immersioni. Mentre lo sguardo si era soffermato a osservare, con estrema meraviglia, l’infinita varietà di pesci che nuotavano indisturbati intorno a lei, la sua essenza si era lasciata commuovere da quel momento di assoluta solitudine e di rigenerante silenzio. I suoi occhi non avrebbero mai potuto accantonare nei meandri della memoria la visione delle dune di roccia granitica di Chamarel. Piccole colline colorate di viola, giallo, rosso e arancione sorgevano inattese e meravigliose nel mezzo della foresta. Con la professionale macchina fotografica legata al collo, Ginevra, ammaliata da così tanta bellezza, si era allontanata dai genitori. Questo momento di libertà era però stato di breve durata.

«Ginevra, dove stai andando? Non l’hai sentita la raccomandazione della guida? Non ti devi allontanare e addentrarti nella foresta, se non vuoi diventare cibo per i mosquitos!»

La ragazza, con passo lento e distratto, era così tornata dai propri genitori, accantonando la sua volontà di scattare foto perfette. La fotografia e la filosofia erano le sue più grandi passioni. Destinate a rimanere tali. Per il padre, ricco e stimato uomo d’affari con ambizioni politiche, erano soltanto delle infruttuose e sterili perdite di tempo. Lei, la timida, perfetta e ammirabile figlia poteva vantare un invidiabile e già deciso destino. Entro un anno avrebbe terminato il liceo e, una volta conseguito con ottimi voti il diploma di maturità, avrebbe proseguito la propria formazione presso la facoltà di Economia di una delle più importanti e prestigiose Università italiane. Con sua somma gioia, avrebbe accantonato i propri sogni, messo a tacere le proprie passioni e perpetrando il proprio ruolo di figlia modello avrebbe seguito gli ordini del padre.

«Tesoro, su dai, vieni. Che cos’è quell’espressione imbronciata? Sorridi, dobbiamo fare una foto tutti insieme da mandare ai nostri amici rimasti a soffrire l’afa cittadina. Poveretti».

Con il sorriso segnato da quell’ipocrisia che ormai da tempo immemore aveva iniziato a connotare la sua esistenza, Ginevra scrutò l’obiettivo.

Il rumore delle onde, che placidamente si scontravano contro la riva, riportò la ragazza alla realtà presente. Oltre il muro delimitato dalla barriera corallina, il mare impetuoso scatenava tutta la sua forza per poi giungere da lei, calmo e docile. Non era forse così anche la sua personalità? Tranquilla, affabile e accondiscendente in superficie, nascondeva un cuore ribelle, passionale come quelle onde che smuovevano il fondale marino lontano da lei.

Era mai stata davvero felice in quella vita che, seppur dorata e apparentemente perfetta, le lasciava una libertà precaria e limitata?

Ma cosa era, in realtà, la felicità?

Ginevra socchiuse gli occhi e, dentro di lei, provò a trovare una risposta a tale quesito.

La felicità poteva essere considerata un’esperienza momentanea, destinata a consumarsi in un lasso di tempo breve e fugace. Un’esperienza totalizzante attraverso la quale ogni parte di sé e del proprio corpo si perde in una dimensione di beatitudine. Ogni organo sensoriale, ogni cellula del corpo, vibra e trema in quel vortice di estasi pervasiva.

I beni materiali, secondo il parere della ragazza, non le avrebbero mai potuto conferire la felicità, poiché le sensazioni che provocano erano in grado di coinvolgere soltanto una parziale parte di lei. Un bel vestito poteva soddisfare il tatto e la vista, un vino pregiato o un piatto cucinato in un ristorante pluristellato ammaliare la vista e il gusto. Le esperienze reali di vita, il contatto diretto e autentico con la natura, invece, erano per lei in grado di sedurre ogni cellula sensoriale del corpo.

Ginevra si alzò in piedi e, facendo scivolare i propri pantaloncini colorati lungo le gambe esili e slanciate, si diresse verso le acque tiepide del mare. Seguendo la linea dorata impressa su di esso da un debole raggio di sole pronto a scomparire di nuovo dietro una nuvola, si lasciò pervadere da quella sensazione benefica.

Mentre le acque calde circondavano e cullavano il suo corpo reso leggero dall’assenza di gravità, mentre l’odore salmastro penetrava nelle sue narici e gli occhi si riempivano delle immagini di quella meraviglia silenziosa, Ginevra comprese che in quell’istante era davvero felice.

Esistevano solamente lei e il rumore ritmato e regolare delle onde.

Le preoccupazioni, i dubbi e le paure del futuro si annullarono in quel breve, ma intenso, attimo presente.

Il privato mondo delle emozioniWhere stories live. Discover now