capitolo ventottesimo

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Avete mai avuto la sensazione di non avere voglia di andare avanti? Tutto si annulla dietro un "ma chi me lo fa fare?" e allora rimani lì, stesa sul letto a guardare il nulla e a sperare che i tuoi pensieri prendano un filo logico. Ma alla fine non succede. Non succede niente perché sei tu la prima a non volerlo.

Molte cose nascono dal caso, l'amore che provava per Cameron ne era una prova, ma alcune volte, le cose nate dal caso non hanno il destino di continuare e questo Grace lo sapeva, lo capiva, ma non lo condivideva.

Era stanca di starsene su quel letto, era stanca di dover sforzarsi fino alle lacrime per non pensare a niente, era stanca di allontanare tutti ma infondo era l'unica cosa che le veniva spontanea. Allontanare tutti per non dare spiegazioni. Allontanare tutti per non essere capita, per non arrivare ad una soluzione.

Più volte Nash, Helen, Taylor, Hayes e sua madre avevano provato a farla uscire di camera. Ma lei non rispondeva, lei non faceva niente. Si limitava a dare un battito alla porta per rassicurarli del fatto che almeno era ancora viva. Quando tutti dormivano, lei usciva e mangiava qualcosa, anche se non superava mai un pezzo di pane e un bicchiere di latte.

Aveva sempre odiato il suo corpo, non era come tutte le altre: non era magra, non era alta, non era bionda, non aveva la vista perfetta. Era in carne, era bassa, era mora e portava gli occhiali dalla montatura spessa.

Aveva pensato più volte a come aveva radicalmente cambiato l'aspetto di Cameron, ma era arrivata alla conclusione che servisse più a lei che a lui. Ma comunque non aveva la forza di mettersi a dieta, di andare dal parrucchiere o di andare a comprare delle stupide lenti a contatto.

Si stese nuovamente sul letto, chiudendo la porta a chiave, e portò le ginocchia al petto mentre il suo sguardo vagava nel buio della camera, fino a posarsi sugli spiragli della finestra. Aveva avuto una brutta reazione, lo ammetteva, e forse l'inchiodare delle lastre di legno alla finestra era stato troppo ma non voleva davvero vedere niente che le ricordasse Cameron, e la sua casa proprio davanti alla sua non era proprio il massimo.

Sospirò e si mise sotto le coperte, cercando di non pensare a niente e di dormire almeno per un paio di ore. Erano giorni che non andava a scuola, avrebbe sicuramente perso l'anno per via delle assenze ma non la preoccupava più di tanto.

Ascoltò il silenzio, e sentì il suo cuore battere lentamente, monotono.

Un singhiozzo le uscì dalla bocca e strinse gli occhi, che sentiva frizzare e inumidirsi. Perché?

Si alzò di scatto, come se le coperte la bruciassero, e si avvicinò di scatto alla finestra, cercando di vedere tra gli spiragli lasciati dalle assi. Non ne poteva più.

Ne aveva bisogno. Aveva bisogno del suo sorriso, della sua risata, delle sue mani, delle sue braccia, di lui. Aveva bisogno di Cameron come un tossico ha bisogno di alcool.

Si morse il labbro, mentre cercava di staccare le assi. Ma non avendo energia a sufficienza, non ci riuscì. Appoggiò la fronte ad una di esse e sospirò profondamente mentre le lacrime scendevano sulle guance. La morsa allo stomaco si strinse ancora di più. Singhiozzò.

Mi avrà già dimenticata – pensò mordendosi il labbro. Non voleva che fosse così, voleva prenderlo in mano il suo destino e guidarlo, non ci stava ai comandi delle persone e non sarebbe stata al comando di qualcuno che manovrasse il suo destino. Spettava a lei decidere, ma era qui che si bloccava.

«ne vale la pena?» si chiese ad alta voce, mentre i singhiozzi si calmavano e le lacrime smettevano di scendere velocemente.

Ancora appoggiata all'asse, rimase in ascolto di qualcosa.

Sentì dei rumori fuori dalla sua finestra. Sgranò gli occhi. Ladri?

Rimase immobile, non voleva fare rumore per attirare l'attenzione. Certo, avrebbero rotto le assi e le avrebbero fatto un favore enorme, ma poi sarebbe come minimo morta, quindi preferiva starsene zitta.

«pss»sentì dall'altra parte della finestra, rotta da uno scatto d'ira e separata dall'esterno solo con le assi.

Un ladro ... educato?

Cercò di muoversi silenziosamente, in modo da vedere dagli spiragli, ma la figura era in contro luce.

«ne vale la pena solo se tu vuoi che ne valga» disse

Il cuore di Grace perse un battito. La sua voce. Si mise di spalle alle travi e giurò che anche Cameron fosse in quella posizione. Portò una mano alla bocca mentre le lacrime riprendevano a scendere ininterrottamente.

«non lo so decidere» mormorò

«tu cosa desideri?»

«essere felice»

Ci fu un minuto di silenzio in cui le lacrime di Grace smisero di scendere, per la seconda volta, ma iniziarono per la quinta volta a scendere dagli occhi del ragazzo.

«segui il tuo cuore, Grace» disse prima di mordersi il labbro e alzarsi, cercando di non sfracellarsi al suolo. Grace lo sentì scendere e proprio come quella notte in cui decise di fare irruzione in casa del ragazzo, prese una decisione.

Scese le scale velocemente e aprì altrettanto velocemente la porta, correndo verso la figura di Cameron, che si allontanava con le mani in tasca e il capo chino.

Sapeva di star facendo la cosa giusta. Non per gli altri, non per Helen, ma per sé. Voleva essere felice, e Cameron era la sua felicità.

Lo superò di qualche passò e si voltò verso un Cameron le guance rigate dalle lacrime, si guardarono e Grace si avvicinò, abbracciandolo.

Il suo calore

Le sue braccia

I suoi sussurri all'orecchio destro

Lui.

Lo baciò, poi, come se fosse l'unica cosa giusta che avesse mai fatto nella sua vita.

SXU@



Change || Cameron Dallas. [change's series #1]Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ