I rami si agitavano, si agitavano e nessuno veniva!... Allora mi parve che soffocassi, che la mia testa si smarrisse, che il sangue mi scorresse in tutte le vene con tale impeto da spingermi a correre non so dove come una pazza; mi parve che quella stanza fosse angusta, che quel tetto mi schiacciasse! Uscii sulla spianata. Mi faceva male vederli piangere quei poveri parenti, ascoltare ansiosamente i menomi rumori della campagna, e sussurrarsi sottovoce delle lusinghe per ingannare sé

stessi più che gli altri. Andai a sedermi sul muricciuolo, lontana da tutti, al buio, cogli occhi ardenti,
fissi nelle tenebre, quasi mi sembrasse poterle diradare col mio desiderio, ascoltando l'uggiolare
lontano dei cani e cercando d'indovinare se essi abbaiassero pel suo passaggio. Mio Dio! che soffrire! Ad un tratto mi parve che i battiti del cuore si arrestassero... udii un urlo lontano, un urlo che conoscevo. Il cuore cominciò a battere in tumulto, cominciò a far rumore quando avrei voluto unicamente ascoltare... Nulla! nulla!... mi ero forse ingannata... Poi si udì un altro urlo più vicino, più
distinto; questa volta tutti lo udirono: era Alì che abbaiava. È lui! viene! è la voce di Alì!... Ah!... Alì

correva, si avvicinava, urlava a festa, ci gridava la buona novella!... ci sapeva inquieti, spaventati e
veniva correndo... s'udivano i tralci delle viti scossi bruscamente dalla sua corsa; ancora non si vedeva, ma avrei potuto precisare il punto dov'egli correva. Mi pareva che il cuore scappasse via dal petto. Tutti erano corsi lì, sul muricciuolo, vicino a me. Alì arriva, salta sul muro, è lui! è lui! Esso mi salta addosso latrando, festoso, eppure ansante, commosso anche lui, il povero Alì! Io lo abbracciai, lo abbracciai stretto stretto perché mi pareva di svenire, e scoppiai in lagrime.

Quando arrivò, quel povero Nino! pallido, stanco, trafelato! Veniva a piedi da Catania perché l'omnibus era partito prima di lui, e non aveva potuto trovare altra carrozza che volesse fare il viaggio a quell'ora. Suo padre era tornato con lui, lo baciava. Sua madre ed Annetta se lo tenevano fra le braccia. Tutti lo festeggiavano; tutti piangevano di giubilo. Egli mi avrà creduta egoista e cattiva,perché io corsi a rinchiudermi nel mio camerino, a piangere, a ridere, a singhiozzare liberamente,

ad abbracciare i piedi del crocifisso, i mobili, le pareti!

Mio Dio! C'è un essere più infelice di me sulla terra?

Dacché cotesta tentazione si è impossessata di me, io non mi riconosco più. I miei occhi vedono
più chiaro, la mia mente scopre misteri che per me avrebbero dovuto rimaner ignorati per sempre; il
mio cuore prova sentimenti nuovi, che non avrebbe mai provato, che non avrebbe dovuto provare
giammai: è felice, si sente più vicino a Dio, piange, si trova piccolo, isolato, debole. Tutto questo è spaventoso! Aggiungi minuzie insignificanti che diventano torture: uno sguardo, un gesto, un'inflessione di voce, un passo; - ch'egli segga a quel posto invece che a quell'altro; - ch'egli parli a
quella persona piuttosto che a quell'altra. Tu non mi comprenderai; tu mi crederai folle!... Mio Dio! se lo fossi, come sarei felice! È un dubbio continuo, un'ansia, uno sgomento, una dolcezza indicibile. Aggiungi a tutto questo il pensiero della mia condizione, il rimorso del peccato, l'impotenza di lottare contro un sentimento ch'è più forte di me, che mi ha invaso, mi logora, mi vince, e mi rende felice soggiogandomi... la desolazione di trovarmi umile, di trovarmi quella sono... io sono meno di una donna, io sono una povera monaca, un cuor meschino per tutto quello che oltrepassa i limiti del
chiostro, e l'immensità di quest'orizzonte che le si schiude improvvisamente dinanzi l'acceca, la sbalordisce... Io domando a me stessa se questo amore, questo peccato, questa mostruosità non è

parte di Dio!... Vorrei esser bella come ciò che sento dentro di me; getto uno sguardo su di me, sorpresa io stessa di cotesta curiosità insolita, e mi rattristo non trovando in me che un fagotto di saja nera, dei capelli tirati sgarbatamente all'indietro, maniere rozze, timidità che potrebbe sembrare goffaggine... e mi veggo accanto altre ragazze eleganti, graziose, che non fanno peccato se amano
come me... Arrossisco di me stessa, arrossisco del mio rossore... E poi... non ti ho ancora detto tutto!
c'è un'altra croce; c'è il timore che cotesto segreto che mi chiudo gelosamente in seno venga scoperto! Aver paura del tuo rossore, del tuo pallore, del tremito della tua voce, del battito del tuo cuore! Sembrarti che tutta te stessa ti accusi, che tutti stiano a spiarti... e sentirti presso a morir di vergogna se questa disgrazia accadesse! Arrossisco di quello che sto scrivendo, di quello che tu
leggerai... tu che sei parte di me!... e me l'impongo come una specie di penitenza... L'amo così pazzamente e morirei di vergogna s'egli lo sapesse! Vorrei gettargli le braccia al collo, e non oserei dargli la mano per tutto l'oro del mondo!... e se mi guarda chino gli occhi... E pensare intanto che mio padre... mia matrigna, che lui! potrebbero leggermi in cuore!...

Storia di una capineraHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin