XVIII - Angeli contro demoni

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"Ci penso io", disse Alexander e corse istantaneamente nella sua direzione.

Mentre tornavo a terra lo guardai sguainare la spada e cominciare un duello con Sebastian, il quale – dopo una decina di secondi – lasciò cadere l'arma ai suoi piedi, senza forze, e abbassò la testa. Alexander colse l'occasione al volo e lo decapitò con un solo colpo.

Il corpo di Sebastian iniziò a perdere consistenza fino a diventare tale e quale alla nebbia e si disperse nell'aria proprio come le sue ombre.

Con una rapida occhiata alla mia sinistra mi accorsi dello sguardo scioccato di Leonardo che, insieme all'espressione di puro stordimento di Hannah, mi fece rendere effettivamente conto di quello che era appena successo, di quello che ero appena stata in grado di fare.

Avrei dovuto trovare il tempo di parlarne con loro, prima o poi, mentre Alexander tornava verso di noi urlando: "Dobbiamo andarcene di qui".

Solo perché Sebastian era morto non significava che non fossimo più in pericolo. Alexander prese Hannah tra le braccia e senza troppi complimenti si librò in aria verso il confine di Florentia. Io e Leonardo seguimmo il suo esempio e spiccammo il volo subito dopo di lui.

Durante il duello con Sebastian non avevo dato il giusto peso alla sensazione che si provava stando semplicemente sospesa a qualche metro da terra: solo in quel momento, infatti, iniziai a notare il senso di pace e tranquillità che la mia pelle sprigionava a contatto con le brezze d'aria; sarei potuta stare lì per sempre, a volare intorno al regno, con le case che scorrevano sotto di me come se avessero vita propria e le carrozze trainati dai cavalli che diventavano sempre più piccoli mentre io aumentavo la quota.

Le ali si muovevano autonomamente, non era nemmeno necessario che prestassi loro più attenzione del dovuto: finché avessi voluto stare sospesa, non sarei mai precipitata.

Intravidi Hannah tra le braccia di Alexander a pochi metri di distanza da me: la complicità con cui lui l'aveva presa inizialmente non mi aveva turbata più di tanto, ma col passare del tempo cominciai a sospettare la presenza di qualcos'altro che, se non avessi conosciuto Alexander, mi avrebbe turbata non poco.

Atterrammo fuori dalle mura del castello sorvegliate da un paio di soldati, i quali – vedendo le ali di noi tre – non batterono ciglio e si fecero da parte per permetterci di entrate.

Trovammo Thenebrus e David – lo zio di Leonardo – nell'atrio del castello, come se sapessero perfettamente del pericolo che l'intero regno stava correndo.

"Sebastian è morto", esordì Leonardo rivolgendosi ad entrambi. "Radunate più combattenti angeli che potete, non possiamo lasciare che Victor e i suoi demoni superino i confini di Florentia".

David annuì con sguardo severo e, correndo in una sala adiacente all'atrio, sparì.

Leonardo si avvicinò a Thenebrus, lo sguardo carico di sottintesi, e mormorò: "Ci sono un paio di cose di cui dovremmo parlare".

"A tempo debito, Leonardo", rispose lui. Era la prima volta che lo sentivo parlare e la sua voce mi riempì di una pace talmente potente che per un attimo dimenticai tutto quello che era successo nella villa fantasma. Spostò i suoi occhi nei miei – talmente neri che mi sembrò quasi di guardarmi allo specchio – e nel giro di mezzo secondo riprese a guardare Leonardo, posando sulla sua spalla una mano rugosa, ma comunque forte e potente.

David tornò da noi poco dopo, annunciando: "Ho lanciato l'allarme. Stanno arrivando".

Mi voltai verso Leonardo chiedendomi come avesse fatto ad avvertire gli altri angeli in così poco tempo, vista comunque la distanza che ci separava dal loro popolo.

"Anche noi abbiamo un modo di comunicare tra di noi", rispose Leonardo con un sorriso che mi rassicurò. "Proprio come tu e Alexander potete parlare pur essendo in posti diversi".

"Hannah non può venire con noi", disse lui, ricordandomi della sua presenza.

Gettai un'occhiata nella sua direzione e per la prima volta notai Hannah, stretta ancora tra le sue braccia, perfettamente immobile: non tremava più.

"Resterà qui", disse Leonardo, ordinando ad una donna di servizio di portarla di sopra.

Poi però Alexander prese il viso di Hannah tra le mani e, sussurrandole qualcosa che non fui in grado di sentire, posò le labbra sulle sue sotto gli occhi di tutti.

Io e Leonardo ci guardammo di sottecchi e sorridemmo nello stesso momento, come se ci fossimo letti nel pensiero, fin quando Hannah non seguì la donna su per la rampa di scale.

Senza proferire parola, uscimmo tutti e cinque dal castello: tre demoni e due angeli, apparentemente soli contro quella che si preannunciava una battaglia in piena regola.

Alle nostre spalle però una luce immensa rischiarò il cielo a tal punto da farmi credere che stesse sorgendo il sole con più velocità e intensità del normale. Mi guardai indietro e restai letteralmente senza parole: un'orda di angeli si stagliava contro il profilo del castello, dirigendosi verso di noi; non riuscii a contarli tutti, ma qualcosa mi disse che le sorti della battaglia non sarebbero state poi così tragiche come avevo creduto.

Leonardo mi fece l'occhiolino e, tenendoci per mano, volammo nuovamente verso la villa fantasma, ma stavolta con un esercito di angeli che ci avrebbe protetto a costo della vita.

***

Li trovammo lì, decine e decine di demoni di fronte alla casa che, nel complesso, formavano un'enorme ombra nera e minacciosa. I miei occhi caddero subito sull'uomo in prima fila, il cui sguardo ci trapassava uno ad uno, senza mai fermarsi su nessuno in particolare.

Fui la sua unica eccezione: quando mi vide si aprì in un grande sorriso che non contribuì affatto a tranquillizzarmi; le sue iridi nere irradiavano altezzosità e potenza, come se con la semplice forza del pensiero fosse in grado di incenerire chiunque lo guardasse.

Atterrammo davanti a loro mentre l'esercito degli angeli rischiarava il boschetto altrimenti immerso nelle tenebre, ancora più scure del normale a causa della presenza dei demoni.

Leonardo, accanto a me, mi strinse la mano e quel gesto per un momento mi rassicurò a tal punto da farmi credere che la battaglia non avrebbe causato vittime innocenti, ma avrebbe solo strappato la vita di tutti quegli avversari che con molta arroganza continuavano a guardarci dalla testa ai piedi con un'espressione di autentico disgusto dipinta sul volto.

"Ma guarda quanti begli angioletti abbiamo qui", esclamò l'uomo in prima fila che avevo notato all'inizio, facendo un passo avanti. "E abbiamo anche un traditore!".

"Non avrebbe dovuto abbandonarci, Victor!", si intromise un soldato alla sua destra con i suoi stessi occhi neri, voltandosi verso di lui. "Eravamo solo dei bambini, deve morire ora!".

Mentre cercavo disperatamente di ignorare il brutto presentimento che quel nome mi stava infondendo dentro, l'uomo in prima fila sospirò: "Hans, non...".

"Ha ragione", lo interruppe Thenebrus, avanzando di qualche passo. "Ho sbagliato".

Sentii l'intero esercito degli angeli voltarsi verso di lui, in attesa di una spiegazione.

"Tu sei...?", cominciò Leonardo, ma non riuscì a terminare la frase e rimase in silenzio.

"Il padre di Victor e Hans". Thenebrus annuì e si girò a guardarmi. "Elenoire è mia nipote".

Eyes of ShadowWhere stories live. Discover now