ASSEDIO II

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Con l'arrivo dell'alba cominciarono anche i lavori per la costruzione del trabucco. Il clima era gelido e a tal proposito vennero accesi dei grandi falò per riscaldare gli uomini, che si davano da fare senza lamentarsi mai. Mentre Falster era a dirigere i lavori Freidrik era nella sua tenda e osservava con sguardo inquieto il suo equipaggiamento per la battaglia. I grossi stivali di pelliccia e le spesse brache gli garantivano un eccellente protezione dal freddo sulle gambe, mentre sopra la cotta di maglia portava una grande pelliccia di lupo nero; ogni volta che la osservava gli tornava alla mente il giorno in cui aveva ucciso quell'animale... Era poco più di un ragazzo, ma la sua muscolatura era già molto sviluppata: aveva sentito parlare di questa enorme bestia che faceva strage di pecore in una zona a poche leghe da dove abitava, aveva deciso quindi di andarla ad uccidere. Partì solo armato con una grossa lancia ed una leggera cotta di maglia sotto gli spessi vestiti foderati. Arrivato al villaggio chiese notizie della bestia e molti gli dissero che era l'incarnazione di Fenrir e bisognava stargli distante, tutti coloro che avevano provato ad ucciderla erano morti a loro volta. Freidrik gli diede la caccia per giorni ed infine lo trovò: era una bestia veramente grossa, con il pelo color della notte, gli occhi gialli e i denti affilati come rasoi. Freidrik si spogliò e si preparò ad affrontare il lupo ad armi pari, senza armatura, muscoli contro muscoli. I due si squadrarono a lungo, il lupo snudava i denti e ringhiava mentre Freidrik lo studiava a fondo. Il lupo attaccò con un balzo e Freidrik lo respinse con un pugno, nuovamente il lupo attaccò, questa volta mirando alle caviglie. Freidrik non fu abbastanza veloce da evitarlo e gli azzannò la caviglia destra; quasi non sentiva il dolore tanta era l'adrenalina in corpo e mentre il lupo straziava le sue carni calò la lancia sulla schiena dell'animale con tale forza che gli ruppe la spina dorsale e gli perforò il cuore. Tornò alla sua dimora con il corpo del lupo tra le mani e fattolo scuoiare ne fece fare un mantello con la testa come cappuccio.
Da allora se la portava in battaglia a simboleggiare la sua vittoria e il suo stato di Bersekr, il guerriero consacrato ad Odino. Ad accompagnarlo c'era sempre anche la sua arma prediletta, un ascia bipenne che molti uomini avrebbero fatto fatica a manovrare, ma che per Freidrik era leggera come una piuma: un solo colpo era in grado di tagliare in due una persona con indosso un armatura e non c'era scudo che potesse reggerle.
Nel frattempo i lavori procedevano velocemente, in poche ore era stata eretta una palizzata a trecento piedi dalle mura ed una squadra capitanata da Falster stava già costruendo le prime parti del trabucco. Avevano calcolato che ci sarebbe voluto un contrappeso di almeno seicento libbre per tirare a quella distanza con la potenza necessaria: venne costruita la base fissa e la struttura portante, costruirono anche la cassa per il contrappeso che venne riempita di pietre per un peso di seicento libbre ed infine la fissarono ad un lungo tronco che sarebbe servito da leva. Vennero procurate quante più pietre del peso di centoventi libbre possibile da usare come proiettili. La notte stava ormai calando quando i lavori furono terminati e si decise che l'indomani sarebbe cominciato il bombardamento delle mura. Gli uomini e i comandati si coricarono con la schiena che doleva per lo sforzo, ciononostante erano molto soddisfatti del lavoro svolto. L'alba trovò gli uomini già alzati che si preparavano. Tutti stavano attendendo che i genieri, sotto la guida esperta di Falster, cominciassero a tirare i proiettili. Appena avuto l'ordine tirarono le corde e mossero il contrappeso, che fece partire il primo colpo con un sibilo cupo. Il colpo andò a prendere in pieno la porta, che sobbalzò, tra le grida di gioia degli uomini.
I tiri procedettero quasi incessanti per tutta la giornata, con il risultato che la porta appariva notevolmente ammaccata e quasi prossima al cedimento. Il giorno dopo qualcosa era cambiato: già al primo tiro si accorsero che la porta non sobbalzava più tanto e che risultava decisamente più solida. Gli uomini si incupirono, ma non si abbatterono, perché la porta era già molto danneggiata. Decisero che l'indomani avrebbero assaltato il castello una volta per tutte e ordinarono perentoriamente di preparare le armi e di fare un ariete per sfondare la porta. La giornata proseguì febbrile in un costante turbinio di uomini e armi, che finì solo quando il sole calò dietro l'orizzonte. Non si udivano canti o risate, i visi di tutti erano molto tesi. Qualcuno di loro al sorgere del sole sarebbe morto.

Figli di OdinoWhere stories live. Discover now