Capitolo 14

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Fu come se non ne avessino mai discusso.

Era passata poco più di una settimana da quando ci eravamo riuniti nel soggiorno di Christian e avevamo delineato il piano per smantellare l'organizzazione del Boss.

Due giorno dopo Christian aveva partecipato ad un incontro (una volta che Jessie ne era venuta a conoscenza aveva fatto di tutto per venire e Ty l'aveva accontenta senza obiezioni, quel ragazzo era veramente perso per la sua ragazza e anche Jessie non era da meno nonostante il carattere di Tyler..beh, alla Tyler), i ragazzi avevano dato inizio all'operazione spargendo la voce tra gli spettatori che KAYO voleva parlare con il Boss, nella speranza che qualche suo uomo presente avrebbe riferito il messaggio.
A distanza di cinque giorni, dall'altra parte era silenzio radio.

Probabilmente avrei dovuto sentirmi frustrata almeno quanto si sentisse Christian ma non lo ero. Dio, ero addirittura sollevata che il Boss non volesse parlare con lui e che forse non avrebbe mai voluto parlargli perché questo significava che il mio pugile non avrebbe corso alcun rischio e non si sarebbe lanciato in questa missione suicida.

E allo stesso tempo mi sentivo la persona più spregevole del mondo, visto che ero stata io a spronarlo a ribellarsi e cambiare la sua condizione e poi nella mia testa tifavo per il contrario. Ma almeno sarebbe rimasto vivo.

Comunque non avevo parlato con lui del conflitto che si agitava dentro di me. Lui sembrava così determinato e io non riuscivo a sostenerlo come avrei voluto. Continuavo a pensare solo che se davvero il piano A fosse stato messo in atto, lui avrebbe potuto finire sottoterra (o nella peggiore delle ipotesi in un fiume, in un cassonetto o in un bagagliaio ricoperto di sangue. Come diavolo era il protocollo delle organizzazioni criminali per sbarazzarsi dei corpi? Non volevo nemmeno pensarci) e non l'avrei più rivisto. E al diavolo la sua libertà, la sua carriera come professionista e un possibile futuro insieme.

Avevo solo paura di perderlo da un momento all'altro.

- Parlami, dolcezza.

La voce di Christian penetrò nella nebbia dei miei pensieri riportandomi alla realtà e allentai la presa delle mie braccia intorno al suo petto. Avevo cominciato a stritolarlo involontariamente come per timore che mi potesse lasciasse sul serio proprio in quell'istante..
Spostai lontano da lui la gamba che avevo incastrato tra le sue subito dopo aver fatto sesso nella sua camera da letto. Era la nostra seconda volta ed era stato bello, non avevo ancora raggiunto l'orgasmo ma non avevo provato né fastidio né dolore a seguito della penetrazione e il resto era stato molto molto piacevole (Christian mi aveva fatta venire due volte prima di entrare dentro di me).

Christian mi prese il mento tra le dita e lo sollevò in modo che lo guardassi nei suoi fantastici occhi color miele. - Ultimamente la tua dolce testolina sta lavorando il doppio.

- Non è..niente - feci. - Io..

- Qual è il problema? - insisté sfiorandomi la guancia.

- Non farlo - sussurrai.

Christian sospirò. - Thia, è..

- È troppo pericoloso - lo interruppi dando finalmente voce ai miei dubbi.

Christian smise di accarezzarmi il viso. - Merda - sbottò. - Credi che non lo sappia? Ho promesso di tenerti al sicuro e con ogni probabilità tu non lo sarai.

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