Capitolo 9

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Lo rividi quel pomeriggio, per la prima volta dopo tre giorni.

Christian si presentò davanti alla mia porta di casa, alto e sexy come sempre. I capelli biondo cenere scombinati ad arte e gli occhi color miele che adoravo scintillarono non appena mi vide. - Ciao, nursy.

Ricambiai sorridendo. Christian aspettò che chiudessi la porta dietro di me prima di prendermi tra le sue braccia e stamparmi un lungo bacio sulle labbra. - Mi sei mancata.

- Anche tu - mormorai. E, Santo Cielo, mi era mancato davvero tanto.

Non ci vedevamo da quasi una settimana. Dalla notte in cui era stato ferito e avevo finalmente scoperto il motivo per cui aveva cominciato a combattere e il suo legame con Gwen.

Da allora, in me era nato un insano istinto di stringerlo e proteggerlo da tutto e da tutti. Si, quel tipo di rapporto mamma orsa e il suo cucciolo; volevo fare qualsiasi cosa per alleviare il dolore che avevo visto nei suoi occhi quella sera e che lui riusciva a nascondere così bene. Volevo che capisse che adesso c'ero io per lui, che lo avrei aiutato ad uscirne.

Ma Christian non si era fermato a dormire nelle notte precedenti, sia per via della presenza di ma madre a casa, sia a causa della ferita al fianco, per cui il mio istinto materno aveva dovuto aspettare fino ad oggi. Gli avevo ordinato di prendersi qualche giorno di riposo: niente lavoro, niente incontri e niente scavalcate di muri ed alberi, per poter lasciare che il taglio si rimarginasse come dovuto.

- Come va il fianco? - gli chiesi. Ci avviamo verso la Rover affiancata al marciapiede. Christian mi aprì la porta galante prima di fare il giro dell'auto e prendere posto al lato del conducente.

- É la stessa domanda che mi fai ogni sera, dolcezza - ridacchiò. - E come ogni sera, ti rispondo che non sono un esperto ma credo bene. Ha smesso di fare troppo male, adesso dà solo fastidio.

- Voglio esserne sicura - borbottai. - Ti ricordo che non abbiamo usato gli attrezzi adatti e non vorrei che ti si infettasse.

- Sto bene, nursy - mi rassicurò lui. - Sei stata bravissima per cui smettila di preoccuparti.

Certo lui diceva così ma volevo proprio vedere se non ci sarebbe stato ancora da preoccuparsi nel caso in cui la ferita si fosse infettata davvero. Non c'era da scherzare su quella roba; avevo visto abbastanza immagini raccapriccianti sui libri di medicina da allarmarmi anche per un piccolo taglietto al dito. Ricordo ancora le lezioni del signor Winniks e le sue dannate diapositive piene di immagini così orrende da farti passare la voglia di mangiare per almeno quattro giorni. Credo che ci provasse gusto nel mostrarcele, qualcosa tipo "sto a guardare con un sorrisetto sadico quanti di questi poveri alunni arriveranno alla fine del corso senza vomitare o svenire". Un vero spasso.

- Dopo potrai controllare, se ti fa stare più tranquilla - mi propose il biondo. - Anche se stai decisamente esagerando. Ormai comincio a pensare che le nostre telefonate serali stiano diventando delle visite mediche.

Emisi un grugnito, molto poco sexy, in risposta. Le nostre telefonate serali non erano affatto delle visite mediche, non quando finivano con Christian che mi chiedeva che cosa avevo addosso con quel tono sensuale da hot call. Solo che, proprio nel momento in cui le cose cominciavano a scaldarsi (nel vero senso della parola), lui si tirava sempre indietro, spegnendo il fuoco nemmeno fosse un pompiere di fronte ad un palazzo in fiamme. "Che cosa ti farei", erano le uniche parole che mormorava prima di darmi la buonanotte e impormi di chiudere la chiamata.

E ogni volta avrei voluto rispondere: - Cosa? Cosa mi faresti? -, ma ero ancora fin troppo timida per porre direttamente questa domanda e dare un seguito a qualunque cosa poteva succedere dopo; e questo non faceva altro che frustrarmi perché io volevo sempre di più che succedesse qualcosa dopo. Ma non avevo il coraggio per dirglielo e così ora ci ritrovavamo allo stesso punto di una settimana fa, in cui Christian non mi toccava più intimamente se non per qualche bacio.

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