Capitolo 9

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Due mesi dopo.

Il dolore era insopportabile.
Schiacciante.
Invasivo.
Mi sembrava di non respirare.

Desideravo morire.
Cancellarmi dall'universo.
Trovare quel modo tanto bramato, per porre fine alla mia eterna esistenza.
Perdendo mia madre.
Avevo perduto tutto.

Il funerale era stato il secondo giorno peggiore della mia vita.

Le persone di cui non sapevi l'esistenza, ti assalivano con loro " mi dispiace".

Parola che avevo sentito fin troppe volte, in questi giorni.

Volevo scomparire dalla faccia della terra.

Ogni tanto speravo che fosse solo un brutto sogno, che ad un certo mi sarei svegliata.
Invece era reale.

Non aveva sofferto molto.
Le avevamo staccato la spina.
Aveva lasciato scritto di ricorrere all'eutanasia, nel caso in cui sarebbe caduta in coma.
E così avevamo fatto.

Jensen mi stava accanto dall'ora.

Il più delle volte non volevo parlarne.
Passavamo giorni seduti su una poltrona, abbracciati in silenzio o a guardare film di ogni genere; recuperando anche le vecchie serie TV che tanto mi ero persa.
Per esempio Doctor Who, rimanevo strabiliata per ogni episodio.

Alcune volte per non pensare a quel l'avvenimento, cercavamo di scoprire chi fosse la talpa; cercando qualsiasi indizio, anche il più piccolo.
Ma purtroppo nulla portava a qualcosa.
Ma i miei sospetti su Althea aumentavano.

Durante i vari attacchi subiti in questi due mesi, iniziai a seguire le lezioni di autodifesa. Seppur per ora, ero ferma ancora alla prima.
Mia sorella era in disaccordo, rispettava ciò che nostra madre avrebbe voluto.
Io però, non volevo ritrovarmi in una situazione di aggressione con nessuna possibilità di difesa.
Lei però, non poteva capire.

Ero immortale, vero. Ciò non voleva dire che per uscirne, dovessi morire ogni singola volta.

Anche solo essere protetta dagli altri, mi avrebbe dato fastidio.

Non avevo tempo di soffermarmi sul dolore della perdita.
Nè volevo farlo.
Non volevo sentire nulla.

Approfittai della disponibilità della Signora per allenarmi a controllare meglio i miei poteri.

Ultimamente quando mi arrabbiavo, facevo esplodere diversi oggetti.
Era la furia incontrollata dentro di me.
Non potevo farcela da sola.
Dovevo controllarla e metterla da parte.
Mi sarebbe di certo servita, più avanti.
Anche perché tendeva ad essere pericoloso.

I miei coetanei sembravano starmi alla larga.

Non Juliette.

No, lei era divertita.

Dio, se mi piaceva farla infuriare.
Ottima valvola di sfogo.
Neppure scusa dovevo chiedere se usavo troppa forza.

Iniziavo a capire come funzionasse il suo dono.
Mi divertiva.
Non poteva reagire.
Ero immune.

Anche Jensen sviluppò un nuovo potere: riusciva a far tremare la terra.

Geocinesi.

Eravamo gli unici con più di un dono.
Ci allarmava, sapevamo quali rischi portava.

Ma più ci allenavamo a controllarli, meglio era.
Tenevamo nascosta questa particolarità agli altri studenti, per quanto possibile.

Ci avrebbero incolpato per la sparizione di alcuni di noi.
Più che altro perché ai loro occhi, saremmo stati diversi.
Gelosia ed invidia non portavano a nulla.
Il caos anche.

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