Jeannot e Marie si lasciarono ventidue giorni dopo.

Il colloquio con il British era andato bene, Marie aveva dimostrato la sua padronanza dell'inglese e anche di sapere un po' di tedesco, oltre che il francese. Le referenze erano ottime, il titolo di studio eccelso. Le comunicarono l'assunzione nel giro di pochi giorni.

Io non penso onestamente che Jeannot sia stato uno stronzo e, per fortuna, nemmeno Marie lo pensa. Credo che lui non se la sentisse di cambiare in modo così radicale. Le propose una relazione a distanza, almeno all'inizio, fintantoché non avessero trovato una soluzione migliore. Lei rifiutò, disse che non ce l'avrebbe fatta a vederlo partire e a stare da sola per mesi e mesi. Disse che preferiva lasciarsi subito, piuttosto che cedere a quel triste preludio.

Lo capivo, almeno un po'. Ricordo quanto sia stata dura per me trasferirmi a Parigi dall'Italia. Penso in tutta franchezza che non sia una cosa da tutti. Jeannot era molto legato alla sua famiglia. Se non fosse stato per i suoi genitori forse l'avrebbe seguita.

Penso che abbia avuto paura. Paura di lasciare casa, di lasciare quelle strade così familiari per lui, di ricominciare da capo in un posto nuovo dove non conosceva nessuno. Dove si parlava una lingua che lui capiva poco. Una prospettiva del genere fa spavento. Non lo definirei cattivo, Jeannot, e nemmeno egoista. Era solo spaventato.

Ne parlarono a lungo. Non ho mai saputo cosa si siano detti in quei ventidue giorni che passarono tra il colloquio e il tracollo, ma so che ne hanno discusso così tanto che Marie non ha mai più voluto sollevare l'argomento. Penso si fosse un po' esaurita.

Eravamo tutti molto preoccupati per entrambi. Jeannot era abbastanza a pezzi, Jacques lo incontrò spesso in un pub per cercare di risollevargli il morale e riferì sempre di averlo trovato giù di corda.

Marie era molto delusa. Non era disperatamente triste come una qualsiasi Marianne Dashwood, né arrabbiata o vendicativa. Era solamente delusa. Credo che averne parlato con lui così a lungo abbia in qualche modo fermato le lacrime.

«Credevo saremmo stati insieme per sempre», sospirò una sera. Bette ed io ci scambiammo uno sguardo e non aprimmo bocca. «Insomma, non pensavo proprio che sarebbe successa una cosa del genere».

In televisione davano una trasmissione orrenda su dei vip che facevano un percorso a ostacoli nella giungla. Le risate del pubblico erano le uniche note di gioia nella stanza, per quanto finte. Osservai per un po' la chioma bionda coperta di foglie di Clémence Poésy che cercava in tutti i modi di superare Stromae buttandolo per terra con una spallata molto virile, poi feci schioccare la lingua sul palato, annoiata e triste.

«Come farete con l'appartamento?».

«Jeannot ha detto che non vuole rimanere qui», rispose Marie con un tono di voce piatto, monotono. «Dice che ci sono troppi ricordi».

«E tu?».

Si strinse nelle spalle. «Ho dato la disdetta alla proprietaria, ho pagato fino alla fine del trimestre», spiegò. «E poi sarò fuori».

Non c'era entusiasmo nella sua voce, tutto l'ardore provato giorni prima nella sua cucina era svanito.

Bette fece un timido tentativo di ravvivare l'atmosfera triste: «Emozionata per il cambio d'aria?».

Marie fece di nuovo spallucce e non disse niente.

«Hey», dissi io per cambiare argomento, «lo sapete che Nicole torna a Parigi sabato?».

Già, a tal proposito, vi ricordate di Nicole? La ragazza con la voce sexy che usciva sempre con noi e che, mi rendo conto ora, non nomino da una vita? Beh, era a fare la ragazza alla pari in Canada per due anni e si era presa una settimana di ferie da trascorrere a casa.

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