sette

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Il sonno mi fu disturbato da continui tintinnii. Sembrava ferro, proveniva dalle sbarre della mia cella. Feci strani versi quando una potente luce mi abbagliò gli occhi.

"E' ancora buio, lasciatemi dormire." dissi, credendo fossero le guardie che mi erano venute a svegliare per la colazione. Mi girai dall'altra parte del letto per ricominciare a dormire.

"Robert! Sono io, Michael." disse a bassa voce.

"Vattene." farfugliai, ma non credo mi avesse sentito.

"Alza quel tuo culo gay e seguimi."

"Michael? In primo luogo, dove ti devo seguire? E in secondo luogo, come mi hai chiamato?!" provai a non urlare per svegliare i vicini. Mi voltai di nuovo. Michael era fuori dalla cella, con una torcia in mano e un mazzo di chiavi nell'altra. Cercai di mettere a fuoco la situazione. Perché un detenuto avrebbe dovuto avere le chiavi delle celle?

"Fidati di me. Ah, e ti ho chiamato Robert, il tuo secondo nome. Abbiamo una lunga nottata davanti."

"Che ore sono?" domandai, passandomi una mano sulla faccia e mettendomi seduto sul lettino.

"E' solo mezzanotte."

Sbuffai, ma mi alzai comunque e uscii. Trascinai i piedi ad ogni passo.

Michael indossava solo i pantaloni della divisa. Indossava una canottiera che mostrava le sue braccia al completo rivelando tatuaggi che non avevo notato. Lo guardavo dall'alto al basso quasi incantato. Lui aveva lo sguardo fisso davanti a sé, andando avanti deciso, non si era accorto dei miei occhi sul suo corpo.

"Hai mai pensato di fare palestra?" chiesi, toccando con un dito la sua soffice pancia.

"Cosa intendi?"

"Sei grasso." creai una linea dritta con la bocca.

Si guardò l'addome col muso imbronciato, "Nah, il mio corpo è perfetto così, anche con i fianchi ciccettosi."

Sbuffai una piccola risata, ma mi trattenni quasi immediatamente per non farmi sentire da Michael.

La luce della pila mi faceva vedere quanto fosse vuoto il corridoio. Le guardie dov'erano? Possibile che non ci fosse nessuno a vigilare quel reparto?

"Dove sono le guardie?" domandai.

"Di solito a questo orario, la maggior parte torna a casa. Le poche che sorvegliano questo corridoio sono andate a fumare, lo fanno sempre, è una routine. Verso le undici e mezza, durante il loro turno, escono per una sigaretta e tornano due ore dopo."

Sospirai. "Quanto mi manca il fumo."

"Non mi dire." disse ironicamente.

"Sono più di due settimane che non fumo!"

"Un innocente come te non dovrebbe fumare."

"Se sono qua dentro, tanto innocente non lo sono." dissi, con un tono quasi triste. Guardai il pavimento e calciai a vuoto. Era meglio se ci fosse stato un sassolino, così da poterlo ascoltare mentre rimbalzava.

"Innocente nel senso- lascia perdere." mi spinse scherzosamente per la spalla.

Alzai gli occhi al cielo, poi ricordai una cosa. "Come fai a sapere che il mio secondo nome è Robert?"

"Ho curiosato nella tua cartella."

Come poteva permettersi di leggere i miei dati? Nelle mie vene scorreve rabbia. Strinsi i pugni per trattenermi, quando le unghie affondarono nella mia mano, mi calmai. "Questa si chiama violazione della privacy."

"Buongiorno, non me ne frega un cazzo. Volevo solo sapere qualcosa di più su di te."

Non poteva semplicemente chiedere? Serrai la mascella per trattenermi dall'urlargli in faccia. "Dove stiamo andando?" chiesi, rinunciando a discutere con lui.

"In segreteria. Ho capito qual è il mazzo di chiavi che aprono le porte per quella principale."

"Vuoi evadere?!"

"Tu non vuoi?"

Rimasi in silenzio, non sapendo cosa rispondere. Fortunatamente parlò lui. "Ora togliti le scarpe, cammina in punta di piedi e stai zitto. Dobbiamo attraversare questo piccolo atrio e c'è sicuramente Harold che sorveglia."

Spense la torcia e tutto divenne buio. Non vedevo più niente. Misi le braccia in avanti e le agitai, cercando eventuali ostacoli. Stavo fermo e ammetto che stavo tremando per la paura. Smisi quando all'improvviso Michael mi afferrò la mano gentilmente. Mi guidò fino ad una porta.

Prison. || Muke ClemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora