Capitolo I

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Cap 1: Sopravvivere al matrimonio e scampare una visita all'ospedale: missione compiuta!

Il giorno del matrimonio era arrivato, ed io ero costretta a festeggiare l'unione di mamma con un altro uomo. Ad essere sincera, se fosse stato un uomo diverso da Dragneel, forse – forse, signori – l'avrei presa in modo diverso. Purtroppo però, non mi era andata giù.

Dato che io non sono nota per essere un angioletto, il mio nuovo patrigno avrebbe dovuto farsi crescere un occhio dietro la testa perché, se fossi in lui, non dormirei nella stessa casa di una diciassettenne che rivuole indietro la sua famiglia.

***

Per il momento mio fratello ed io vivevamo ancora nella nostra villa, ma avremmo dovuto traslocare subito dopo il matrimonio di mamma. Fortunatamente entrambi fummo affidati alle cure di nostra madre ed eravamo insieme. Non che mi dispiacesse la compagnia di papà, ben inteso; gli volevo un bene dell'anima, ma a me serviva una presenza femminile per ovvi motivi.
Grazie a Dio, anche la famiglia McGarden fu invitata al matrimonio, perciò avrei avuto qualcuno che, al momento del bacio dove tutti scoppiavano in fragorosi applausi, mi asciugasse le lacrime di disperazione.
Mio fratello invece sembrava averla presa peggio di me: si era chiuso in camera sua e non era più uscito. La cosa diventava a dir poco preoccupante con Sting se cominciava a rifiutare il cibo e una partita all'Xbox.
Ma io, essendo una brava sorella minore, andai in cucina e gli preparai un panino mettendogli dentro un po' tutto quello che trovai. Non ero particolarmente brava in cucina, ma un panino dovevo essere in grado di farlo, dai. Presi il piattino, salii le scale e raggiunsi la porta della stanza di mio fratello.
«Sting?» bussai. Dalla porta si sentì un grugnito che mi ricordò molto quello di un cavernicolo. «Andiamo, non fare il cavernicolo.»
«Io non sono un cavernicolo!» grugnì il cavernicolo.
Sbuffai. «Se apri ti do il timballo.» Non è vero che avevo il timballo, avevo un panino, ma tanto lui non lo sapeva. Anche perché se avessi davvero avuto un timballo nel piatto, non credevo che fosse riuscito nemmeno a salire le scale.
Sentii un tonfo sordo, cosa che mi fece supporre che fosse caduto dal letto. Mi affrettai a nascondere il piattino dietro la schiena facendo appena in tempo prima che la porta si aprisse di scatto. Sting allargò le narici e cominciò ad annusare l'aria, come se riuscisse davvero a capire in quel modo cosa avessi dietro la schiena.
"Poi lui non è rimasto all'età della pietra, noooo."
Inarcai un sopracciglio. «Mi fai entrare?»
Il biondo mi guardò sospettoso. «Timballo?»
No ok, dopo quella risposta non mi sarei stupita se tutto d'un tratto avesse preso a parlare "Tu panino, no timballo" come ogni cavernicolo che si rispetti.
«Sting, sposta quella chiappe e fammi entrare!» sbuffai esasperata.
Mio fratello non sembrò molto convinto, ma non oppose resistenza e mi lasciò passare. Cercai di ignorare il casino che c'era all'interno, ma risultò un po' difficile quando dovetti farmi strada tra vestiti sporchi e resti di cibo in decomposizione.
"Benvenuta nella grotta del cavernicolo, Lucy."
«Dov'è il mio timballo?» ripeté.
Mi voltai verso di lui, spostando lo sguardo da un cumolo di magliette appallottolate accanto al letto. «Ma cos'è questo, un bunker?» feci una smorfia.
Sting mise il broncio. «Dovevo pur sopravvivere.»
Decisi che non era il caso di indagare oltre e gli porsi il piatto col panino. Lui lo guardò schifato. «Cos'è?» chiese arricciando il naso e facendo un paio di passi indietro.
Roteai gli occhi. «È un panino, poi non si disprezza il cibo.»
«A me sembra un rifiuto tossico.» rispose lui.
«È un normalissimo panino!» sbottai.
«E da quando nei panini si mettono i carciofi?» fece lui esaminandolo, sempre mantenendo una certa distanza.
«Uhm... in America lo fanno.» borbottai, non del tutto convinta.
D'altronde gli americani erano conosciuti per essere un disastro in un cucina. Insomma, la pizza con l'ananas la potevi trovare solo lì. E se c'era quell'abominio vuoi che non ci sia un panino coi carciofi e... qualcos'altro di non identificato? Appoggiai il panino sulla scrivania di mio fratello, appuntandomi mentalmente che magari era il caso che mi facessi insegnare da qualcuno le cose basilari, poi tornai a dedicargli la mia più completa attenzione. Potei notare alcune sue occhiaie violacee sotto quegli occhi espressivi che sembravano dipinti e mi dispiacque tanto. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai, Sting ricambiò subito la mia stretta. Entrambi non proferimmo parola per un po', finché il biondino qui presente non ebbe la grande idea di uscirsene con una delle sue, rovinando la bella atmosfera che si era creata.
«Credi che la nostra cuoca venga ad abitare con noi? Non potrei vivere senza il suo timballo!»
Sbuffai, staccandomi da lui e ignorando la sua occhiata perplessa. Grosso errore nominare il nome del timballo in sua presenza.
«Levy sarà qui a momenti, datti una sistemata.» sentenziai.
«Verrà anche lei al matrimonio?» chiese, stiracchiandosi.
«Sì, abbiamo pensato di prepararci insieme.» spiegai.
Ammettiamolo, sarò un disastro in un sacco di cose, ma almeno per quanto riguardava la scelta del vestiario e acconciare i capelli... No, stavo scherzando, ero un caso perso anche in quello.
Appena nominai il nome della mia migliore amica, come evocata, il campanello suonò. Scesi le scale velocemente, precedendo uno dei miei domestici che stava per andare ad aprire e spalancai la porta. Appena vidi Levy le mie labbra si distesero in un gran sorriso.
«Ciao Levy!» trillai.
«Lu! Come sei abbronzata! » notò la turchina.
«Effettivamente quest'anno ci ho lavorato un po' più su.»
Mentre salivamo in camera mia, cominciai a raccontarle le mie vacanze, senza tralasciare alcun tipo di particolare. Ovviamente immaginavo stesse mostrando tutto questo entusiasmo per non farmi pesare la questione del divorzio, lo apprezzai, ma la questione per me non era critica come per Sting.
Arrivate nella mia stanza, mi avvicinai a una porticina che portava alla cabina armadio di cui andavo molto fiera e iniziai a cercare l'abito da damigella che avrei dovuto indossare. Quando trovai la busta che lo conteneva per non rischiare di rovinarlo, lo mostrai alla mia amica.
Levy rimase a bocca aperta. «Favoloso.» commentò.
Era un vestito color rosa antico, senza spalline, esattamente sotto al seno aveva un nastro bianco legato dietro in un delizioso fiocco, al di sotto del quale si disperdeva una cascata di delicato tulle arricciato che terminava poco più sopra al ginocchio.
Piaceva molto anche a me, ma, per una questione di orgoglio, a mamma non l'avrei mai detto. Doveva continuare a pensare che fossi contraria a tutto quello che stava accadendo. Che poi era realmente così, ma a me piaceva complicarmi le cose, quindi rientrava tutto nella norma.
La turchina aveva portato con sé un abitino lilla, monospalla, dove in vita eralegato da una cinturina sottile e brillantinata. Le stava benissimo.
Passammo poi ai capelli, io decisi di renderli un po' più ribelli rendendoli ricci, o perlomeno ci provai, mentre la mia migliore amica optò per uno chignon alto da cui sfuggivano alcune ciocche che le incorniciavano il viso alla perfezione.

Scommettiamo? || Fairy TailDove le storie prendono vita. Scoprilo ora