42. Something about you

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XLII

EVELYN

Era passato un mese da quando Jaden aveva preso il mio cuore in mano e l'aveva sgretolato davanti ai miei occhi, impassibile. Trentuno giorni in cui ogni fibra del mio essere si era ribellata verso di me, portandomi allo struggimento più completo. Un mese in cui non avevo fatto altro che piangere, le coperte rimboccate fino al mento, come se un semplice tessuto potesse far penetrare il suo calore fino all'interno del mio cuore torturato, scaldandolo. Trentuno giorni di borse sotto gli occhi e sguardi vacui.

Il trentaduesimo giorno mi decisi a mettere i piedi sul pavimento e ricominciare.

Quella mattina sarei andata a scuola.

Mi vestii rapidamente con dei semplici leggins neri e una felpa oversize, dopodichè andai in bagno per lavarmi i denti e la faccia. Evitai di fissare per troppo tempo il mio riflesso nello specchio, sapevo bene cosa vi avrei scorto: l'immagine di una ragazza emotivamente a pezzi, pallida e svuotata.

Dopo essermi legata i capelli in una treccia, presi lo zaino e corsi alla fermata dell'autobus senza nemmeno fare colazione. I trovatori provenzali sostenevano che uno degli effetti dell'amore fosse l'inappetenza. Mai ci fu una frase più vera di questa.

Il tragitto in autobus fu insolitamente veloce grazie alla mancanza di traffico, e questo mi permise di arrivare in aula una decina di minuti prima del suono della campanella. Mi sedetti al mio banco e mi misi a guardare fuori dalla finestra. I flashback della serata con Jaden continuavano a riaffiorare nella mia mente imperterriti, come il ritornello accattivante di una canzone che non riesci a toglierti dalla testa.

«Ti servirebbe proprio del correttore stamattina» disse la voce di Ava alle mie spalle.

Quando mi voltai nella sua direzione, lei proseguì: «Se vuoi te lo presto».

«Credo di passare, grazie lo stesso» le risposi tornando a fissare fuori dalla finestra.

«Non voleva essere una cosa cattiva» cercò di giustificarsi stringendo la bretella dello zaino con fare imbarazzato.

«Lo so» dissi sospirando «ma al momento le occhiaie sono l'ultimo dei miei pensieri».

Si sedette vicino a me, occupando il posto di Ginevra che non era ancora arrivata: «Ti va di parlarne?».

Esitai.

Ava sembrò intuire i miei pensieri perché disse: «Voglio solo che tu stia meglio, Ev. Lo so che mi sono comportata da vera stronza. Sono stata meschina. E ti chiedo nuovamente scusa. Ma ora vedo che c'è qualcosa che ti turba, non ti ho mai vista così. Voglio aiutarti».

La fissai per un attimo, ma non lessi seconde intenzioni nei suoi occhi, solo supplica.

Lasciai andare un altro sospiro: «Non credo che qualcuno mi possa aiutare».

«Perché dici questo?».

«Perché riguarda Jaden».

«Che è successo?».

La sbirciai di sottecchi: «Al pigiama party a casa di Ginevra io e Jaden ci siamo baciati. Mi ha detto delle cose...importanti. Ma poi un mese fa è venuto a casa mia e si è rimangiato tutto. Mi ha detto che è stata tutta una bugia».

Silenzio.

Proseguii frettolosamente: «Ma forse è meglio così. Fra un mese c'è la maturità e io non posso perdere tempo in queste cose stupide. Devo rimanere concentrata».

«Non credo che tu stia facendo la scelta giusta, Ev».

«Come?» chiesi girandomi dalla sua parte.

Lei mi guardò, inarcando un sopracciglio, nella sua tipica espressione pensierosa: «In questa storia c'è qualcosa che non mi convince».

Twin Hearts: un bacio tra di noiWhere stories live. Discover now