Inferno

1K 46 0
                                    

Matthew.

Mi mancava l'aria. Ero scioccato, sorpreso, infastidito, arrabbiato, frustrato, disgustato, amareggiato ed immobile.

Avevo pensato a tutte le cose possibili, ma non a quella.

No. Non poteva essere vero.

Quell'uomo aveva distrutto la vita di mia madre, la mia e aveva rovinato totalmente quella di Sofia. Solo il pensare a quello che aveva fatto mi disgustava, ma sapere che tutto ciò lo aveva subito lei mi distruggeva. Lei era li, difronte a me, le gambe tremanti, gli occhi inondati di lacrime, il fiato spezzato e il dolore lacerante, eppure io non riuscivo a muovermi; dovevo assimilare la notizia ma volevo saperne di più.

Trovata la forza, mi catapultai verso di lei abbracciandola e lei non riuscì a respingermi così cademmo entrambi a terra. Pianse per interi minuti ed io con lei, non riuscivo a vederla soffrire, mi faceva troppo male. Quando si calmò le asciugai le lacrime, le spostai i capelli dal volto inumidito e la sistemai meglio fra le mie braccia così da farla sentire protetta.

- Ti senti meglio?- domandai timoroso.

- Si, grazie- rispose con un sussurro.

- Posso farti delle domande?- continuai.

Non ricevetti risposta, ma le avrei sicuramente chiesto qualcos'altro.

- Quando è successo?- chiesi nuovamente.

Silenzio.

- L'hai denunciato?- continuai insistentemente.

Sofia scostò leggermente i capelli dal viso sempre in totale silenzio. Quel silenzio mi urtava, avevo bisogno di sapere. Dopo vari minuti Sofia si sfogò:

- Era buio, avevo sedici anni e stavo tornando a casa con Francesco, quello che all'epoca chiamavo il mio ragazzo. Roma è bella, ma alcuni quartieri sono pericolosi, molto pericolosi, così decisi di passare per la zona più "sicura"- mimò le virgolette con le dita- Io e Francesco stavamo passeggiando tranquilli finchè davanti a noi non apparve.. tuo padre. Stavamo per svoltare l'angolo ma lui ci spianò la strada con fare aggressivo per poi cominciare ad avvicinarsi pericolosamente a me.. affrettai il passo in cerca di una via di fuga; avevo paura, paura che mi succedesse qualcosa. Mi disse che ero carina, che aveva bisogno di me, che ero perfetta per una notte di divertimento, che mi avrebbe strappato il vestito di dosso se non lo avessi fatto io e che.. insomma, aveva in mente una sola cosa. Mi prese e mi intrappolò violentemente contro il muro, così da rendere inutili i numerosi tentativi di fuga; cercavo Francesco e lo vidi immobile a guardare la scena. Nessun aiuto, nessuno. Francesco scappò via ed io cominciai ad urlare più forte, urlavo inutilmente. Sentii il suo fiato sul collo, puzzava di alcool, le sue viscide mani sul mio innocuo corpo, ero piccola ed ero sola. Mi strappò letteralmente il vestito. Ero in preda al panico, alla disperazione ed ero consapevole che lui non si sarebbe fermato. Avevo ragione. Ricordo che mi fece male, davvero male, non si fermò finché non fu soddisfatto ed io rimasi senza forze, senza fiato. Ero distrutta emotivamente e fisicamente. Quando concluse mi lasciò li come un sacco della spazzatura, senza preoccuparsi del fatto che io fossi nuda, piena di lacrime e con gli occhi gonfi. La polizia mi trovò alle prime luci dell'alba ancora cosciente e mi portarono all'ospedale. E' stato un inferno, tutto un maledetto inferno- concluse con il dolore che traspariva dagli occhi.

Lei aveva subito tutto questo. Lei sola, indifesa contro quell'essere spregevole.

Ero sconvolto dal suo racconto e non potevo minimamente immaginare la sofferenza di questa donna. Riflettei qualche secondo e capii che la storia non doveva essere finita li, così insistetti:

- E poi?-

- Poi la polizia lo trovò grazie a delle videocamere mentre io ero ancora in ospedale.. mi medicarono, passai mesi dallo psichiatra e dopo un po' scoprii che ero incinta. Il mondo mi crollò addosso, non mi capacitavo del perché mi fosse stato fatto tutto questo male. Decisi di tenere il bambino, poiché era pur sempre una povera creatura ma la situazione peggiorò e dopo non molto ebbi un aborto spontaneo. Passai i mesi e gli anni peggiori della mia vita, mia madre si allontanò da me per paura delle maldicenze delle persone, conclusi a fatica il liceo e continuai gli studi con il solo aiuto di mio padre e Andrea. Francesco sparì mentre il "verme" scontò cinque soli anni in carcere; sai è così che funziona la giustizia quando hai quello che si definisce un "buon avvocato". Da quel momento non ne volli più sapere niente di quell'uomo e decisi di chiudere per sempre quella porta del mio passato e per un momento ci sono riuscita, poi sei arrivato tu- disse a singhiozzi.

La strinsi a me affogando con lei nel dolore. Mio padre me l'avrebbe pagata. Gianfanco Galanti avrebbe dovuto soffrire.

Nessuno avrebbe dovuto far del male a Sofia.

Nessuno.

Labbra rosso fuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora