Seduta davanti alla mia scrivania, mi fissavo allo specchio mentre passavo le dita tra i capelli castani e boccolosi, intrecciando una ciocca dopo l’altra, formando due trecce medie e strette.
Le fermai con un elastico, muovendo le mani con gesti esperti e monotoni.
Osservai il mio viso.
Per la media dei ragazzi ero carina, rientravo nei loro standard di “bella ragazza”.
Effettivamente, piacevo spesso per il mio aspetto fisico. Alla maggior parte interessava solo quello.
Io... mi vedevo normale.
Non mi ritenevo brutta, ma neanche bella.
Trovavo che il mio naso fosse troppo grosso, o che le mie labbra fossero troppo piccole.
Però questa mia percezione variava in base ai giorni.
Nonostante tutto, i maschi mi riempivano di attenzioni — anche se la maggior parte era senza cervello.
Per quanto recitassi la parte della ragazzina ingenua e stupida, me ne rendevo conto anche io della mancanza di materia grigia di certi soggetti.
D’un tratto, sentii del trambusto al piano di sotto che attirò la mia attenzione.
Un secondo dopo, la porta della mia camera si aprì.
Era mia madre.
«Naomi, tesoro, scusa. So che devi andare a scuola, ma potresti farmi un favore?»
La guardai con dolcezza, facendole segno di continuare.
«Potresti accompagnare tua sorella Lidia a scuola? Doveva farlo tuo padre, ma ultimamente non si sente molto bene. Il lavoro deve stressarlo parecchio.»
Mi fece un po’ male il cuore. Un senso di preoccupazione e paura mi invase.
Amavo la mia famiglia.
Mia madre era così dolce, premurosa, intelligente e piena di valori.
Ci aveva educate — me e Lidia — con gentilezza, ma anche con un forte senso di autorità e un dovere verso il prossimo.
Faceva la classica casalinga, occupandosi della casa e di noi figlie.
Mio padre era un pezzo di pane.
Amava la storia, la geografia e la scienza.
A differenza di mia madre, non aveva neanche l’ombra dell’autorità.
Fin da quando eravamo piccole, a me e Lidia ci comprava qualunque cosa chiedessimo, anche se mia madre era contraria.
Era davvero un brav’uomo.
A volte un po’ rincoglionito, e con un vizio nel bere, ma questo non cambiava il suo carattere.
Ovviamente anche lui era un essere umano e poteva avere momenti in cui si infuriava.
Quando succedeva — seppur raramente — era peggio di mia madre.
Lavorava come muratore, e spesso questo lo portava a sforzi intensi che rischiavano di sfociare in infortuni.
Poi c’era Lidia, la mia sorellina.
Lei aveva dieci anni.
Era la mia anima.
Avrei fatto di tutto per lei, se solo me lo avesse chiesto.
Avevo un forte senso materno nei suoi confronti, e spesso mi capitava di pensare — vedendo com’era cresciuta negli ultimi anni — che speravo non avrebbe commesso i miei stessi errori passati.
Che non avrebbe incontrato cattivi ragazzi.
Che non avrebbe provato svaghi nelle dipendenze, solo per curiosità.
Che non avrebbe mai avuto un momento così buio da desiderare di non esistere più.
Per quanto desiderassi che tutto questo le fosse risparmiato, sapevo bene che certe cose fanno parte della crescita.
Sono quasi inevitabili.
Ma questo non mi avrebbe fermato dal volerla proteggere.
I miei occhi si addolcirono.
«Certo, mamma. Non preoccuparti, me ne occupo io.»
Le baciai una guancia e presi il mio zaino, andando a recuperare Lidia, che faceva colazione in cucina.
Sentii la voce di mia madre, rimasta qualche passo indietro:
«Grazie, Naomi. Sei sempre così gentile.
Fate attenzione, mi raccomando.»
Già. Sempre gentile e disponibile per le persone a cui tenevo.
Per me non contava altro nella vita.
KAMU SEDANG MEMBACA
Le Crepe Dell' Anima
RomansaCeleste Stone ha imparato a sopravvivere nel silenzio, dietro sguardi taglienti e sorrisi che non arrivano mai agli occhi. Ma l'incontro con Adam Blade - misterioso, scontroso, e pieno di ombre - riapre crepe che credeva sigillate. Intorno a loro, a...
