Invece il suo compagno poteva eccome e quella era stata la loro prima crisi. Per qualche giorno Manuel era andato a stare da un amico ed era stato tremendamente imbarazzante incontrarlo al lavoro.

Non avete idea di come diventasse Manuel quando era triste o arrabbiato. Aveva la stessa verve di Ih-Oh, l'asinello di Winnie the Pooh, e si trascinava stancamente da un bancale all'altro del negozio senza avere realmente la volontà di fare alcunché. Il primo giorno rispose al mio saluto con uno sconsolato "Ciao, Léo" e durante la pausa lo trovai a piagnucolare nel ripostiglio dietro le casse. Bette ed io non sapevamo se andarlo a consolare o lasciarlo annegare nel proprio dolore.

Poi, appena tre giorni prima dell'arrivo dei genitori di Jacques, Manuel era tornato a casa. Non so bene cosa si siano detti lui e Jacques per fare pace, comunque sembrava che le cose si fossero risolte. La verità è che Manuel amava Jacques così tanto che si sarebbe fatto uccidere pur di non perderlo.

Così avevamo spostato in fretta e furia le mie cose in camera loro, mentre Manuel aveva messo le sue nella mia. Jacques ed io avevamo concordato una bella storia molto leziosa sul nostro piccolo grande amore e Manuel aveva promesso di non piangere davanti ai suoi genitori – che volevano conoscere tutti i nostri amici.

Ed io volevo invitare George.

«Non pensi sarà imbarazzante, comunque?», domandò Jacques mentre scrutavamo il tabellone nel salone centrale per capire a quale binario sarebbero arrivati i suoi.

«Per Manuel?».

«No, parlavo della cena e di George», fece lui. «Onestamente se fossi al posto suo sarei a disagio. Insomma, tu fingerai di amare un altro uomo e lui si accorgerà presto che tutti noi sappiamo dei vostri trascorsi».

Mio malgrado mi vidi costretta ad annuire. «Sì, forse hai ragione».

«Binario quattro», disse Jacques passandomi una mano intorno alla vita. Iniziammo a camminare verso la destinazione. «Battute a parte, ora che siamo solo io e te vorrei la verità: perché vuoi riprendere a frequentarlo? Il vero motivo».

Sospirai, improvvisamente accaldata sotto il parka di Benetton. «Sinceramente non lo so. Stare con lui mi ha fatto più male che bene, questo è sicuro. Però...».

«Però?».

Mi arrestai di colpo non appena arrivammo sul binario. Il treno sarebbe arrivato nel giro di pochi minuti e volevo affrontare il discorso subito, non avevo voglia di rimandarlo a chissà quando. «Mi manca», confessai. «Mi è mancato ogni singolo giorno. Mi è mancata la passione, mi sono mancate le sue attenzioni, ma soprattutto mi è mancata la sua presenza. La compagnia, sai».

Jacques annuì da dietro la sciarpa. «Ok».

«Lui mi fa ridere», aggiunsi. «E mi conosce. So che sembra stupido, perché siamo stati insieme poco, ma giuro che nessuno al mondo saprebbe capirmi meglio di lui, nemmeno Marie. Nemmeno mia madre».

Dopo avermi fissata per un po' senza aprire bocca, Jacques emise un lungo sospiro. «Non capisco perché non lo hai richiamato, allora».

«Non lo so, mi faceva troppa paura».

«Credi che sarai capace di essergli amica e basta?».

Scossi il capo, senza sapere come rispondere. «Tentar non nuoce, eh?».

«Nuoce eccome. A te e anche a me, per estensione. E a George. Se non ce la farete ad essere amici soffrirete entrambi e allora avrete solo peggiorato la situazione. Per non parlare del fatto che mi toccherà raccogliere i tuoi pezzi un'altra volta».

Feci un cenno di risoluto diniego. «No, giuro che non accadrà. Preferisco essergli amica che non vederlo mai più».

Se Jacques voleva dire la sua a riguardo non lo seppi mai, perché non appena ebbi chiuso la bocca udimmo uno sferragliare su rotaie; mi sporsi oltre la sua figura alta e osservai con il cuore in gola il treno parcheggiarsi al suo posto e una fiumana di gente assieparsi vicino alle porte, in attesa di poter salire.

The Art of HappinessWhere stories live. Discover now