Per certi versi non rimango troppo sorpresa da ciò che vedo appena apro gli occhi. La stanza è spoglia, triste, non ci sono più quadri alle pareti, anche tutti i poster sono stati strappati, tutto ciò che rendeva quella stanza così speciale ora non c'è più. Jeremy per primo.
Entro nella camera lasciando la porta aperta.
Sfioro le coperte del letto, sono ancora morbide, proprio come quando insieme ci sdraiavamo e ci raccontavamo tutto. Una lacrima calda mi solca il viso. Mi avvicino all'armadio, magari avranno lasciato qualcosa. Ma niente, solo una strana sorta di desolazione che inizia a opprimermi, do la colpa all'aria viziata e allora decido di aprire la finestra, ma data la mia fortuna, per poco non cado a terra inciampando su qualcosa di non ancora ben precisato. Mi volto a osservare l'oggetto colpevole del mio quasi-capitombolo. Una scatola di cartone, nascosta proprio sotto il letto.
Rimango immobile sul posto, una mano ancora stretta alla tenda a cui mi ero aggrappata per non finire a terra.
Mi rendo conto che osservandola non cambierà nulla, ma non so dove trovare la forza per fare quei due passi che mi separano da quelle ultime cose appartenute a Jeremy.
Chiudo gli occhi e un'altra lacrima mi solca il viso.
Dentro di me infuria una grande battaglia, da una parte la vecchia me e dall'altra quella che dovrebbe, vorrebbe essere la nuova Isobel.
Alla fine prendo la mia decisione e vado a sedermi sul letto, raccolgo la scatola e la poso accanto a me. È impolverata e lo scotch che la tiene chiusa si sta già staccando per conto suo.
All'interno ci sono un paio di libri, qualche poster, un libricino di cuoio rilegato a mano, un album da disegno e, cosa più importante di tutti, la sua giacca di pelle.
La prendo accantonando tutto il resto, quello può anche aspettare.
Avevo sempre amato quella giacca. Jerry diceva sempre che un giorno me l'avrebbe lasciata. Forse è per quello che Karen non l'ha data via insieme al resto. Stringo l'indumento tra le mani e lo porto al volto, sa di pelle consumata e di Jeremy, le lacrime iniziano a scendere, incontrollate.
È come se in meno di una settimana tutte le ferite che avevo messo così tanto a far chiudere si fossero riaperte e avessero ripreso a sanguinare.
Immagino che stavolta guarire sarà ancora più faticoso, e doloroso.
Faccio un ultimo respiro profondo, come per far imprimere bene il profumo nella mia mente, e indosso la giacca. È calda e dà come la sensazione di essere ancora tra le sue braccia.
Osservo le altre cose che c'erano nella scatola e decido di aprire l'album. È senz'altro stato utilizzato molto, lo si vede anche dalla copertina, piena di scarabocchi e parole indecifrabili.
I disegni al suo interno sono meravigliosi, non solo era bravo, ma sapeva disegnare praticamente qualsiasi cosa.
Sul primo foglio c'era la nostra casa. L'edificio imponente che faceva contrasto con il fitto bosco e il prato verdissimo, che faceva da giardino alla villetta. Il sole era ancora basso e le ombre, disegnate in modo più che realistico davano un non so che di tetro alla scena, così come anche la piccola altalena rossa, che dondolava solitaria, sospinta da una brezza invisibile. Altalena che avevamo fatto rimuovere l'anno dopo la sua scomparsa.
In fondo al disegno si nota una data, 30 Marzo 2007, otto anni fa.
Giro pagina, anche qui c'è una data, 18 giugno 2007, riconosco il luogo che Jeremy ha dipinto, si tratta di uno scorcio di mare, con la sabbia bianca e l'acqua cristallina. Ci andammo quell'estate, tutti insieme, eravamo ancora una famiglia. Non ricordo il nome della spiaggia, ricordo solo che mi ero divertita un sacco quell'anno, perché aveva fatto più caldo del solito, e allora eravamo riusciti a convincere anche Karen ad entrare in mare, di solito freddo ghiacciato. Avevamo riso tanto quell'anno. Come non era più successo e probabilmente non accadrà più una cosa del genere.
Giro pagina dopo pagina con un sorriso sempre più accentuato sulle labbra, e gli occhi sempre più inondati di lacrime salate, non bado nemmeno più alle date sui disegni, fino a quando non arrivo a osservare un disegno incompleto. È una straordinaria rappresentazione di una radura nel bosco, colorata solo per metà, senza data, senza firma. E allora capisco di essere arrivata alla fine, non solo dell'album, ma della vita di Jerry, o perlomeno della parte di vita trascorsa qui, con noi, con me.
Il sorriso svanisce, ma io in un impeto di qualcosa, che non so nemmeno io, se chiamare rabbia o aspettativa, continuo a girare le pagine, scorgendo solo bianco. Non posso e non voglio finire così. Anche se so, quasi per certo che non ci saranno altre macchie di colore a dar vita a questo album, non riesco a convincermi che sia giusto che la storia di una persona finisca in questo modo, a nemmeno metà album, con tanti altri fogli da disegnare, altre emozioni da trasmettere, altri ricordi da vivere.
Ed è solo quando arrivo quasi alla fine che devo fermarmi, mi è sembrato quasi un flash ma sono sicura fosse qualcosa, infatti non mi sbaglio, torno indietro di una pagina e trova la più sorprendente delle sorprese.
Non è un foglio di quell'album, ma riconoscerei la mano di mio fratello ovunque.
Stringo il foglio tra le mani incredula e completamente immobilizzata.
È un mio ritratto, non è sorridente o particolarmente felice, ma sono io, quindi non mi aspettavo nemmeno che lo fosse.
Sembro assorta, come se stessi guardando un punto imprecisato in un orizzonte che solo io posso vedere, indosso una felpa, con il cappuccio blu elettrico tirato su a coprire i capelli, ma qualche ciocca sfugge lo stesso dalla sua prigione, sferzandomi il viso. Attorno a me c'è il tramonto sul bosco, il cielo terso, senza una nuvola, ma ormai il sole era troppo basso per illuminare bene il mondo, troppo fioco per dare luce a tutto il mio volto, creando un gioco di ombre inquietante e bellissimo sul mio volto.
Non è molto il fatto che Jeremy abbia deciso di raffigurare me che mi sconcerta, quanto più la data riportata in basso a destra.

10 Aprile 2013. 

Questo non dovrebbe essere qui.

ReminiscentWhere stories live. Discover now