Non so cosa mi rende così sicura che quella donna sia mia madre, sicuramente esistono centinaia di donne con quel nome, ma qualcosa, chiamiamolo istinto, o forse fissazione, mi ha convinto di ciò, fatto sta che ne sono sempre più certa.
Ora le visioni hanno senso, non devo fidarmi di Samuel, lui mi avrebbe portato alla città Sapiente solo per condurvi mia madre.
La cosa che non mi torna è il perché.
Perché mia madre ha bisogno che io trovi per lei la città, quando lei ci ha vissuto per così tanto tempo? Qualcosa non quadra, ma io so esattamente dove guardare per avere le mie risposte, nell'unico posto che mia madre mi proibirebbe.
Il Libro Saggio.
Non ho ancora avuto tempo di capire bene cosa contenga, a parte la mappa per la Città Sapiente, deve avere delle risposte al suo interno.
Lo speravo con tutto il mio cuore, ma non avrei mai immaginato quanto quelle risposte mi avrebbero fatto male.
***
Ho un obbiettivo: ritardare il più possibile la partenza, devo guadagnare tempo in qualsiasi modo, così facendo avrò il tempo di studiare un piano per evitare la distruzione della città Sapiente, mi riorganizzerò e capirò qualcosa di più su tutta questa faccenda intricata.
Prima di tutto ho bisogno una bella dormita, sono certa che Samuel me la concederà, se non altro per non destare sospetti inutili.
Per quei giorni sarei diventata il tipo di persona che più odiavo al mondo.
La "ragazzina svampita che fa la vittima perché sembra che le stia crollando il mondo addosso", anche se in questo caso è piuttosto vero, io avevo giurato a me stessa tempo prima che non mi sarei mai ridotta in quella maniera, e ora è esattamente ciò che sto per fare.
Sguscio in camera mia come un'ombra, non devo farmi vedere, ne varrebbe della credibilità della sceneggiata.
Ho paura di non riuscire a dormire, ma non appena mi accoccolo sotto le coperte, la testa inizia ad appesantirsi, sento tutti gli eventi, le rivelazioni e le immense delusioni che mi ricadono addosso, come una valanga di neve fresca. Penso che avrei voluto piangere, sarebbe stata la cosa più naturale, ma le lacrime si rifiutano di uscire, come cristallizzate, incapaci di scendere, così chiudo gli occhi e semplicemente lascio che il mio caldo cipiglio mi culli fino all'incoscienza.
Questa notte sogno, di nuovo, ma in un modo differente, non so spiegare come, ma è come se per la prima volta da anni quel sogno fosse veramente mio. Mi sono sempre sentita sbagliata nei miei incubi precendenti, mentre ora, mi sento me stessa, non una bimba spaventata, ma la me dura e sicura di se, quella me stessa, che in questi giorni si è incrinata, ma che ora, più che mai ha bisogno di risorgere, se possibile migliore di prima.
Non sono più nella radura, ora sono nella città di pietra, quella delle visioni, che ho associato alla città Sapiente, percepisco un leggero venticello fresco che mi accarezza il viso, ho come l'impressione che una strana calma avvolga questo luogo, si sente solamente il cinguettio attutito degli uccellini sui pini circostanti.
Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo, allora lo avverto, un leggero odore di sangue, in avvicinamento, seguo la traccia che il vento mi porta.
Mi fermo solo al confine della città, una linea di grandi pietre delimita la fine del mondo dei Maestri e l'inizio di quello degli umani.
Non so come ma qualcosa mi costringe a rimanere zitta e immobile.
Passano pochi secondi e la vedo, una donna alta, in forma con i capelli neri, ondulati, e due profondi occhi indaco.
Mia madre avanza verso di me, sento la paura crescere ad ogni suo passo.
Mi ha trovato.
Un senso di fallimento mi attanaglia lo stomaco, ma poi appena prima di raggiungere le rocce di confine, Sarah alza gli occhi, e inaspettatamente mi trapassa con lo sgardo, nel senso letterale della parola, come se non mi vedesse.
Non muovo un muscolo, trattengo perfino il respiro.
Solo quando finalmente lei se ne va mi concedo una tirata boccata d'aria. Non ha visto ne me ne la città, il che mi spaventa non poco, capisco non veda me, d'altronde è un sogno, ma la città? Mi chiedo cosa abbia visto al posto degli imponenti edifici di pietra.
Dietro mia madre arriva al trotto un lupo grigio scuro, Samuel intuisco, annusa l'aria, percepisce qualcosa, una traccia del mio odore probabilmente, sembra confuso, come me del resto.
Sta ancora annusando le rocce ai confini della città quando mi abbasso verso di lui, il mio viso a solo pochi centimetri dal suo muso, lui alza gli occhi di ghiaccio e mi oltrepassa, come se non ci fosse nulla di strano.
Ero abituata ad essere trattata da invisibile, ma esserlo davvero mi da un senso di inquietudine.
Inquietudine che scompare nel momento esatto in cui mi sveglio, sostituita da una nuova speranza, ricordo di ciò che Samuel mi aveva detto, nessuno se non chi avesse avuto buone intenzioni, o effettivo bisogno di aiuto, avrebbe potuto trovare la città.
Non immaginavo fosse fino a questo punto il potere della città Sapiente, ma comunque ora ho una nuova convinzione, ormai l'ho capito, i miei sogni non sono più solo e puramente incubi, c'è qualcosa di più, come se fossero suggerimenti mandati da qualcuno.
Il problema è che non ho assolutamente idea di chi possa essere.
Sono quasi le sei quando mi alzo, indosso un paio di pantaloni della tuta, una felpa con il cappuccio ed esco nella fredda mattinata.
Il sole è ancora solo un lieve baluginio all'orizzonte, nascosto a intermittenza dalle montagne lontane.
Mi chiedo dove possa essere Sarah in quel momento, non riesco a concepirla come mia madre, non mi sembra adatto come termine, lei non è la donna che mi ha cresciuto, e non lo sarebbe mai stata, non per me.
Mi viene quindi spontaneo da chiedermi se Jeremy l'avesse mai incontrata, se avesse mai avuto gli stessi sogni che avevo io, le allucinazioni, se tutte le nuove sensazioni non lo avessero sopraffatto come stanno facendo ora con me.
Mi è sempre piaciuto il vento che sferza il viso di prima mattina, ma oggi, sembra diverso, sento ogni odore, ogni minima traccia di profumo dispersa nel vento, avverto un temporale in lontananza, ne sento l'elettricità.
Le particelle di nebbiolina umida mi penetrano nelle ossa, cercando di congelarmi, ma invano, perché non sento freddo, sono come in un universo parallelo, completamente ottenebrata dai mille pensieri e dalle mille domande che mi affollano la mente.
Su Sarah, su Thomas Blackwell,il mio presunto padre, sulla Città sapiente, ma più di tutto su Jeremy, mio fratello, l'unico che aveva saputo della mia vera natura, che per tenermi al sicuro era morto, l'unico per cui io avevo sofferto e soffro ancora.
Chissà come è stato per lui.
Ha dovuto lasciarmi, non sapeva che non mi avrebbe più rivisto, eppure così è andata a finire.
Per sei anni avevo pianto su di una tomba vuota.
Senza rendermene conto mi ritrovo in un territorio nuovo, mai esplorato nelle mie corse mattutine, forse dovrei smetterla di stare così sovrappensiero, oppure prima o poi finirò con la faccia stampata sul tronco di un albero
Mi guardo in torno e scopro di trovarmi in un piccolo boschetto, sembra un luogo magico, con una radura minuscola al centro.
Un raggio di sole si avventa tra le fronde degli alberi e illumina un albero da frutta, un pesco probabilmente, sembra di stare in una fiaba. Un fiore prematuro sfida il freddo di marzo.
Mi perdo a fissare quell'unico piccolo fiorellino rosa, che sembra così fragile, ma che sicuramente non lo è. Ma anzi, è il più forte, sta sfidando il freddo e la solitudine, vincendo una guerra contro la natura stessa.
Per qualche minuto riesco a dimenticare tutti i miei problemi, mi concentro e mi smarrisco di fronte alla bellezza che ho di fronte.
Una volta, un uomo disse che, "Una vita impiegata nella ricerca del fiore perfetto non sarebbe una vita sprecata".
Io ho trovato il mio fiore perfetto, la mia missione, avrei fatto di tutto per ostacolare mia madre, anche dovendo sfidare il freddo, anche se avessi dovuto lottare contro la mia famiglia, anche se avessi dovuto fare tutto da sola, io avrei combattuto per me e per tutti quelli che erano morti.
Avrei sfidato la natura, come quel fiore, e avrei vinto, come quel fiore, oppure sarei morta provandoci.

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