3-Fuga

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(1 Febbraio)

Un ultimo respiro e si alzò dal lettino.

Le ossa delle ginocchia quasi cedettero, era diventata debolissima.
Percorse la distanza fino alla porta e si alzò sulle punte dei piedi, inspirando il meno possibile.

Sì abbassò subito dopo.
L'odore di marcio che c'era nel castello la stava facendo impazzire ormai da quattro mesi, sembrava provenire direttamente dalla fogna più sporca che poteva esistere al mondo.

Fortunatamente non stava arrivando nessuno, e secondo i piani non sarebbe dovuta passare di lì anima viva per le prossime ore.

Sabrina le toccò la spalla, dall'alto, sfiorando la veste grigia.

<È ora>
Sussurrò con voce spezzata.

Cassandra si voltò, i lunghi capelli biondi di S. le cadevano sul seno, alcune ciocche incollate al viso.

<Stai sudando>
Commentó ,sul punto di piangere.
Non ce l'avrebbe fatta lungo senza di lei , lo sapeva.

<So qual'è il mio destino, ma tu puoi salvarle, fallo>
La bionda stese una mano e le accarezzò la guancia pallida, ma non completamente smorta.

Il suo tocco la fece rabbrividire, era gelido, la malattia stava progredendo molto in fretta.

<Ti voglio bene S.>

Prese la mano dell'amica fra le sue, le unghie erano cortissime, passava ogni minuto libero a mangiarsele, per il timore della prossima chiamata.

<Anch'io, ma ora vai, scappa, non dimenticare di dire tutto>
Rispose l'angelo biondo, con il suo lieve accento italiano.

Era la figlia di un ricco imprenditore, si era trasferita da poco meno di un mese quando fu rapita, sei anni prima.

La sua corporatura robusta le aveva permesso di sopravvivere al dolore, ma ora ridotta a pelle e ossa...

<Non mi dimenticherò mai di questo posto, mai, e te lo prometto, riceverete vendetta, riceverò vendetta.
Fosse l'ultima cosa che faccio >
La abbracciò , Sabrina posò il viso sui capelli castano scuro e le baciò la fronte.

"Addio"

Cass si allontanò e si appoggiò sulle ginocchia a terra e alzò il materasso ridotto ormai a qualche centimetro di imbottitura sporca.

Prese la corda che, dopo tanti sacrifici erano riuscite a recuperare.
La guardò attentamente.

Era rattoppata, tante funi di diversa grandezza strette una dopo l'altra, annodate nel modo migliore possibile.

La strinse fra le braccia, con la speranza che tenesse il suo misero peso, e poi la consegnò a Sabrina.

Lei annuì e la portò vicino la finestra, ne prese l'estremità e la legò ad una sbarra di ferro, la finestra non era bloccata per fortuna.

Probabilmente la sola altezza aveva fatto desistere chi prima di loro era passato di là.

Sabrina si fermò, appena ebbe stretto abbastanza.

Tossì due volte, piegandosi su se stessa.

Appena si alzò aprì la mano che aveva stretto a pugno attorno alle labbra.
Era sporca, di sangue.

La mora fece di no con la testa, non poteva lasciarla, ma lei quasi le avesse letto nella mente, la guardò con occhi severi.

Cass si avvicinó alla grande finestra e la aprì.

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