Prologo

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Sono le tre e quarantasei di mercoledì tre settembre. Sono sola in casa, d'altronde chi dovrebbe esserci? Mia madre come al solito è ad una delle sue sfilate di moda. Ormai si è dimenticata della sua unica figlia, la stessa che ormai ha fallito in tutto e per tutto. Mio padre, invece, ci ha abbandonate quando avevo quattro anni.
Odio la notte, vorrei star dormendo ma non riesco a prendere sonno. I pensieri che si sovrappongono nella mia mente, non mi danno mai un attimo di tregua. E, per quanto continui a grattare e a lavare quei pezzi di pelle che sento sporchi, la sporcizia non se ne va. Perché è tutta nella mia mente.
Riesco ancora a scorgere, nel più oscuri dei miei incubi, le sue luride mani che vagano libere su tutta la lunghezza del mio corpo, mi sfiorano il seno nudo e troppo piccolo per un uomo come lui. E mentre ripenso alla sua lingua assetata e senza freni che mi lacera l'anima, sento in lontananza le mie urla che pian piano si fanno sempre più strozzate, grazie ad un pianto irrefrenabile. Nonostante la vista sfocata, i singhiozzi e le prediche, non riesco a muovermi mentre quel mostro percorre tracce di pelle che non erano mai stati toccati da nessuno. Queste sono le immagini che continuano a ripetersi nella mia mente in modo straziante, ogni giorno, ogni ora, ogni notte.
È come vivere bloccata sott'acqua. Ogni volta che vuoi una boccata d'aria, annaspi sperando di risalire al più presto. E più ti muovi, più scalci e più urli, più soffochi.
A quelli come me non è concessa la libertà di poter respirare. Siamo destinati ad affogare, in mezzo a tutto quel veleno, a quell'acido che ti dissolve l'anima, senza lasciare più traccia di te o di quello che eri.
Dicono sempre che prima o poi passerà, che un giorno starò meglio, che devo combattere e che devo dimenticare. Ma come si fa a dimenticare la sensazione lancinante della morte?
Sono stanca di combattere contro il dolore che mi pervade il petto da due anni ormai. Contro la me del passato, quella spensierata e felice, quella che cerca sempre di riemergere. Così mi abbandono al senso di colpa che mi pervade. Lascio che il rumore della pioggia mi distenda i tendini e smetto di pensare. Smetto di sembrare guarita, perché non lo sono. E forse, mai lo sarò. Perchè non riesco più a lanciarmi tutto alle spalle, non riesco più a fingere di aver reimparato a respirare, di aver reimparato a vivere. Una lacrima mi riga la guancia con una lentezza disarmante, mentre il vento freddo mi scompiglia i capelli.
Immediatamente un pensiero mi attraversa la mente e il sangue mi si gela nelle vene.
Avevo già fatto pensieri del genere prima, ma non avevo mai avuto il coraggio di metterli in pratica. Così mi metto in piedi sul davanzale della finestra, guardo la distesa di palazzi e la strada.
Mi giro e dò un ultimo saluto alla mia casa, apparentemente perfetta ma che nasconde tanto dolore. Prendo l'ultima boccata d'aria della mia vita e poi il buio.
Per la prima volta da tanto tempo mi sentii libera.
Finalmente, dopo tanto tempo, riuscì a respirare
Finalmente tutto sarebbe finito.
O almeno così credevo.

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⏰ Последнее обновление: Sep 21, 2024 ⏰

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The only option ~ l'istante in cui smisi di respirareМесто, где живут истории. Откройте их для себя