79. New reality.

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«Sei la solita fortunata!» rincarò la dose James.

E come avrei fatto senza di lui?

Aggrovigliai fra le mie dita un tovagliolo ricamato per non so quale motivo. Aveva ragione quella maledetta vocina nella mia testa: era tutto ciò che avevo sempre desiderato, eppure...

«Ci penserò!» conclusi volendo rimandare l'impiccio fin all'ultimo momento possibile.

Nell'esatto momento in cui le parole fuoriuscirono dalla mia bocca, un calice di vetro cadde al suolo frantumandosi in mille pezzi.

Avvertii per una frazione di secondo il gelo penetrare nelle mie ossa. Il mondo sembrava aver perso il suo colore e improvvisamente fosse divenuto completamente piatto.

"Delaney" sussurrò qualcuno che non era presente.

Quella sensazione di malessere durò esattamente un solo istante.

«Oh, che sbadata!» Noora si scusò immediatamente per l'accaduto.

Osservai con distacco come sia lei che James si adoperano affinché nessuno di noi rimanesse ferito per sbaglio.

Ma allora perché mi sembrava di...

«Stephan, tesoro, potresti per favore prendere una paletta e la scopa?»

Sapevo che non fosse compito mio, ma istintivamente tirai indietro la sedia, lasciando il tovagliolo sul tavolo. «Vado io! Non preoccupatevi!» imperai.

Non seppi neanche io il motivo, ma sentii il bisogno di lasciare quella stanza per qualche minuto. Avevo colto l'occasione al balzo, mentre mi dirigevo oltre l'ingresso per giungere in cucina dove sapevo che vi erano riposti gli utensili per le pulizie.

L'odore delle squisite pietanze preparate quella mattina riempiva l'aria satura d'amore che si respirava nella nostra casa.

Mi piegai osservando oltre il vetro trasparente del forno. Come in un riflesso vidi la persiana rialzata, la finestra lasciata semiaperta, dei bicchieri di cristallo sul lavabo e una bottiglia di bourbon senza tappo a giacere sul bancone di legno massello.

Incurvai un angolo della bocca con rammarico. «Aveva detto che sarebbe tornato a casa. Ci stava aspettando...» sussurrai sovrappensiero.

"Delaney" di nuovo quella voce.

Ma quando mi voltai nulla di tutto ciò sembrava corrispondere alla realtà.

Il piano cottura straripava di pentole e padelle, ma non vi era ombra del liquore né dei calici di cristallo, mentre la luce filtrava piena dalla finestra cui non erano ancora state applicate le imposte.

Che cosa diavolo avevo visto? E chi mai mi avrebbe dovuto aspettare?

Scossi il capo con dovizia afferrando gli utensili per la pulizia. Dovevo essere stanca.

Di gran lena mi portai nuovamente verso la sala da pranzo!

Superato l'ingresso, dinanzi allo studio, avvertii un bisbiglio sopito e mestamente taciuto.

"Corri, Delaney."

Mi incupii in volto, scrutando verso la sala buia. «Papà?» sussurrai. Ma era impossibile. Lui mi stava attendendo di là con il nostro ospite.

Vacillai un secondo, allungando il passo nella direzione di quella voce, come se fossi stata attratta dal richiamo di quella stanza.

«Delaney» il mio sangue gelò nelle vene al pronunciar del mio nome. «Hai bisogno di aiuto?»

Lo zio Kors fece capolino afferrando la ramazza e la paletta al posto mio. Gliene ero molto grata.

«Tutto bene, zio. Grazie» asserii con riconoscenza. Nonostante il suo sguardo cercasse di trasmettere spensieratezza, avvertii per un solo interminabile istante le sue iridi scrutarmi dentro come un rapace pronto ad afferrare la sua preda.

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