Capitolo Dieci 🔴

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Salirono sull'ascensore e dopo averlo azionato Judas gettò un occhio sul suo Rolex dorato. Si strofinò la fronte e sbuffò in balia della pigrezza; come sempre, erano in anticipo.

L'elevatore arrivò al livello desiderato; l'ambrogetta aveva ceduto il campo a una lussuosa moquette alizarina e a un'atmosfera più discreta. Una fila di bodyguard sorvegliava l'accesso all'unica zona privè di tutto lo stabile: un luogo riservato solo i giocatori più importanti ed esperti; una lega destinata solo per quelli che possedevano un patrimonio considerevole e che erano proclivi a rischiare esagerate somme di denaro unicamente per il gusto di trascorrere il tempo in oziose distrazioni.

Eris oltrepassò gli addetti alla sicurezza, dove una ragazza dai lineamenti orientali li attendeva coperta da un tipico Hikizuri blu polvere. Con una smorfia determinata, tirò fuori la lingua e palesò il suo lasciapassare: un monogramma verticale impresso col fuoco sulla superficie del glosso.

Judas si allentò il nodo della cravatta nera e fece altrettanto.

La Geisha ingoiò a vuoto, le dita tremarono un poco, però riuscì a nasconderle senza problemi sotto la manica lunga del Kimono. I margini della bocca, tinti di un rosso acceso, dissimularono in malo modo un fremito fugace. Ammodo, si inchinò in avanti; i capelli neri tenuti insieme dal kanzashi viola traballarono un poco. Le palpebre, dipinte da un ombretto verde smeraldo che metteva in risalto le sue iridi nere e dilatate, si assottigliarono in un scialbo tentativo di accortezza. «Stamani, la Signora Yamamoto non è molto propizia a visite non prefissate. Ci sono state delle inconvenienze negli ultimi giorni», poi si voltò si spalle e aprì il battente intarsiato da molteplici motivi floreali.

Gli altri due si lanciarono un'occhiata obnubilata, ma continuarono a seguirla attraverso l'ambulacro munito giusto da un paio di mobili ornamentali e stampe sumi-e tradizionali; le sopracciglia di Eris si curvarono dall'irritazione, strinse i denti e fece segno al suo accompagnatore di porgerle una delle sue Malboro rosse. Si accese una sigaretta, aspirando un paio di tiri di quel fumo compatto e amaro. Il suo volto si contorse in un'espressione di disgusto: la carta da parati arancione era un ulteriore fastidio al suo umore. I tramezzi venivano animati dal ritmo delle ombre proiettate dal sottile bagliore delle Tourou cilindriche appese al soffitto.

Il suono strisciante dello Shamisen cominciò a farsi udire tra il lene via vai dei frequentatori, crescendo d'intensità a ogni passo. Le note melodiche, evocative di tradizioni secolari, si insinuavano nel milieu con armonia ed equilibrio. L'odore di incenso s'infittì in modo progressivo, saturando l'aria con il suo estratto esotico e ipnotico.

Judas si coprì le froge con la sua pochette beige: non riusciva proprio a sopportare quel tanfo ottenuto dalla miscela di miele, resina e patchouli.

Arrivati a un bivio di due porte, supervisionate da due entraîneuse, si posizionarono lungo quella a destra. La miko, fasciata dal suo Jūnihitoe di seta rossa, riverì entrambi con un saluto formale. Senza dire una parola, estrasse dalla manica un tantō d'acciaio e lo rivolse verso astanti; il copricapo bianco, decorato con un nastro rosso e campanelli d'argento, tintennò a ogni delicato movimento.

Eris afferrò il manico del pugnale con foga, serrò la mascella e se lo passò senza alcuna esitazione sul palmo della mano destra. La lama tagliente affondò nella sua carne, generando un solco fine ma profondo; il sangue iniziò a germogliare dovizioso dalla ferita e a scorrere sull'avambraccio, delle minute gocce di liquido scarlatto finirono anche sul suo vestito asimmetrico dalle sfumature ametista. Poi si avvicinò alla sacerdotessa giapponese e, facendo scivolare la zona palmare grondante di cruore sul suo viso immacolato, recitò impassibile: «Watashi wa tada hitotsu ni tsukaeru.»*

Poi fu il turno di Judas; a differenza dell'altra optò per la mano sinistra.

La donna iterò la frase, li offrì due pezze pulite per tamponare la lesione e si piazzò lateralmente alla soglia di legno per girare la sua maniglia in ottone.

ObsessionWhere stories live. Discover now