Capitolo 1 - Una pecora nera tra le bianche

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Essere come gli altri ci introduce in un mondo pieno di stereotipi, notando tutto ciò che è simile e identico senza aver paura di imbattersi nel diverso. Stando tra i simili ci si imbatte solo in eventi o problemi simili, e ci accontentiamo nella nostra "quasi uguaglianza" e viviamo la nostra vita. Se avessi saputo cosa mi sarebbe successo, forse anche io avrei voluto essere una delle tante pecorelle bianche del gregge. Purtroppo non lo sono più.

"Quindi... Hai deciso. Te ne andrai da qui."

"Sì, forse cambiare aria mi farebbe comodo."

"Hai ragione, questo posto ti ha sempre limitato, Neptune."

"Forse è così, forse no. Non saprei come prenderla da questo punto di vista."

*CREEEEK!!*

E tra le chiacchiere, l'autobus grigiastro arrivò in quel villaggio. Con il suo zaino e la valigia, iniziò a salire lentamente i gradini del veicolo.

"Promettimi una cosa."

"Cosa?"

"Che ritornerai, prima o poi."

Decise di non rispondere. Non immediatamente, almeno. Ci doveva pensare su, più si cresce, meno si mantengono le promesse.

"Vedremo."

*BEEP BEEP!* *BEEP BEEP!*

"Ungh..."

E così il ragazzo aprì gli occhi, osservando il soffitto bianco e pulito della sua camera. Non era la prima volta che gli capitava di sognare qualcosa che gli era successo in passato, e come ci rifletteva decideva sempre di scartare il ricordo, ignorarlo e andare avanti. Sì alzò dopo una decina di minuti, osservando lo zaino che stava ai piedi del letto. Nonostante lo utilizzi per andare a scuola, non è ancora completamente vuoto dai ricordi di quel posto.
Fortunatamente la scuola di città era disposta ad occuparsi di lui economicamente, almeno fino a quando avrebbero pagato le tasse di istruzione. Non è l'unico che vive in un appartamento, ma non si sente meno solo. Ogni giorno è sempre lo stesso, esclusa la scuola: si alza, si guarda allo specchio, si aggiusta i capelli castani, lunghi fino alle due spalle e va avanti, nonostante li tenga sempre spettinati.
Neptune riesce a badare a sè stesso, fortunatamente. È una cosa che solo in pochi a 15 anni sono capaci di fare.
Il suo appartamento era principalmente composto da una camera da letto, una cucina mista a salotto, con un piccolo divanetto che si affacciava ad una TV vecchiotta. Dall'altro lato vi era l'angolo cottura, divisa dall'angolo salotto solo da un tavolo di legno bianco e una sedia. In quella zona vi erano con un forno, un frigo e un microonde, attorno a qualche scaffale dove custodegs i suoi utensili da cucina e accanto un piccolo vasetto, dove stava crescendo un ravanello piuttosto massiccio e maturo. Gli piaceva prendersi cura delle piante per quando il suo tempo libero fosse quasi misero. In camera aveva un vaso di margherite bianche, alcune purtroppo appassite.
Appena finì di vestirsi e di fare colazione mise quello che gli sarebbe servito nello zaino, già colmo di oggetti. a volte li guarda prestandoci attenzione, altre volte no. Non si sa nemmeno perché ci sia una ghianda lì dentro, lasciata a miglior vita da ormai quasi 2 anni. Oltre a quella vi sono anche una conchiglia, un libro riguardante la cura del proprio orto, e una fionda. Gliel'aveva fabbricata da piccolo, quando ancora lavorava in falegnameria. Non lo ha mai ritenuto un padre, ma si è sempre preoccupato per lui.
Uscì dopo aver fatto bene o male quello che c'era da fare, la mattina non è mai stata tanto entusiasmante, anche perché non usava nè TV nè cellulare. Il sole di Settembre accecò i suoi occhi dorati con i suoi ultimi raggi caldi e luminosi, e tra il rumore delle macchine che sfrecciavano, sentì un paio di passi avvicinarsi in quel marciapiede solitario. Dovette chiudere gli occhi cercando di coprirseli anche con la mano.

In una Gabbia di MattiWhere stories live. Discover now