XIII. Il lupo è il pastore (e gli uomini il gregge) - Parte 2

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Non ha alcuna fiducia particolare nell'osservanza degli ecclesiastici ai dettami della loro stessa fede, ma vuole sperare che la priora di un'opera di tale entità possa avere almeno qualche remora sullo spergiuro.

Ne ha subito conferma quando pone la successiva domanda:

«Sappiamo che aveva un occhio di riguardo per Annina, la bambina trovata uccisa nelle catacombe. Siete a conoscenza del motivo?»

«Non posso rispondere.»

La sua risposta è secca, istantanea, lapidaria. Né una negazione, né una conferma; e, di fatto, non una menzogna. Suor Agnese sa, ma non può parlare. Ciò dovrebbe essere per lui un indizio, ma non gli riesce di decifrarlo, né si azzarda, per ora, a mettere sotto pressione Suor Agnese.

Non sta rispondendo per coprire Gigliolo da eventuali sospetti, o per non confermare che Annina fosse in loro tutela? E questi fatti sono a sola tutela del nome dell'Annunziata o nascondono un qualche tipo di premura alla memoria di quei defunti a loro cari?

La suora si strizza le dita, una piega triste che va a nasconderle le labbra.

«A questo, però, dovete rispondere,» interviene Caterina, con improvvisa irruenza. «Annina era nata veramente il 12 luglio 1924?»

La suora esita, assottigliando un poco gli occhi come fosse sorpresa dalla domanda.

«Non posso rispondere.»

«Chi ve l'ha affidata?»

«Non posso rispondere.»

Caterina freme, la voce che s'inalbera ancora, tempestosa:

«Era figlia illegittima di mio marito?»

«Signora Gigliolo, io posso dare risposta solo alle domande che riguardino l'opera di vostro marito. Niente di più.»

Un sospiro lascia le labbra della vedova, acido, tremulo per lo sforzo. Le sue guance sono screziate di picchiettature porpora, adesso, e si ode un flebile sibilo lasciare le sue labbra.

«Signora Gigliolo,» dice a mezza voce Ricciardi, «non è questa la sede per trovar chiarezza sulle vostre questioni personali, né per disquisire della paternità di Annina. Se per voi può essere di qualche interesse, per me è irrilevante fintantoché lo sarà per il caso; e, di certo, non esercita alcun peso sulla mia volontà di darle giustizia,» conclude, lasciandosi sfuggire una punta d'asprezza in più.

La donna volta per un istante il capo, offrendogli per la prima volta la visione dei suoi occhi privi d'ogni velo, e poi addolorati, stinti da un'improvvisa vergogna.

«Vale lo stesso per me, commissario,» afferma poi, con rinnovata vitalità. Subito dopo, però, Ricciardi la sente poggiarsi con più abbandono al suo braccio, sfiancata da quel parlare concitato e privata d'ogni energia. «Dovrà bastarmi sapere che Fernando non s'è macchiato d'alcuno scempio. È tutto ciò che conta, dopotutto.»

Ricciardi, nel guardarla, capisce che a dispetto delle ferree parole di difesa per il suo coniuge, in lei era rimasta annidata una singola oncia di dubbio, ora dissipata, sebbene non ancora comprovata.

Rimugina brevemente sulle sterili risposte che ha concesso loro la suora: sono di per sé una conferma che conoscesse Annina, o le sarebbe bastato pronunciare una sfilza di atoni "non lo so". Gli sorge il dubbio che la religiosa stia agendo così non su ordine di Madre Filippa, legata a chissà quale voto d'onestà, ma per sua personale iniziativa, fornendo loro indizi senza per questo venire meno alla parola data alla priora.

Sarebbe un'iniziativa scaltra, sì, ma anche rischiosa, e per la quale Ricciardi non può fare a meno di provare ammirazione, seppur in modo colpevole.

La Ruota degli AngeliWhere stories live. Discover now