XIII. Il lupo è il pastore (e gli uomini il gregge) - Parte 2

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«Io posso dirvi solo ciò che mi è stato detto di dirvi, e posso rispondere solo alle domande cui mi è stato detto di rispondere,» esordisce Suor Agnese, con quella sua voce piena e bassa, che sale e scende come un controcanto a una melodia inudibile.

Tace poi per un breve momento, corrugando le sopracciglia fulve con improvvisa intensità, a far sembrare più rigido il suo volto giovane incorniciato dal velo.

«Anche se vorrei fare di più.»

Pronuncia quelle parole con viva energia, quasi stesse premendo contro catene invisibili da cui non può liberarsi.

«Sorella, mi basterà ciò che potete dirci, e niente più di quello,» la rassicura Ricciardi, pur digrignando tra sé i denti.

Non può estorcerle più di quanto non stia già facendo e rischiare di vederla in una condizione ancor più precaria di quella attuale. Si chiede cosa le accadrà, una volta fuori da quelle mura. Se ha ancora una famiglia disposta ad accoglierla dopo l'onta di esser stata interdetta dalla vita clericale, o se finirà a incrementare le schiere di derelitti che popolano le strade di Napoli.

Suor Agnese lo fissa diritto negli occhi, apparendo intoccata da tali preoccupazioni, lo sguardo verde acquamarina limpido e puntato unicamente su di lui, il labbro inferiore stretto contro quello superiore in un moto di concentrazione che le disegna linee parallele in mezzo alla fronte. È chiaro che sia determinata, ma anche impaurita dalle possibili conseguenze di disattendere la parola data a Madre Filippa, reali o paventate da lei sotto guisa di punizione divina.

Nel frattempo, Maione si è riaccostato a loro, il berretto stretto sottobraccio. Rivolge un composto cenno di saluto alla religiosa, che ricambia in modo schivo, come non apprezzasse di avere un altro ascoltatore.

Suor Agnese ispira secca dal naso, i lineamenti fini e un poco appuntiti che si contraggono prima di rilassarsi di colpo. Prima che possa parlare, però, Caterina la anticipa con un filo di voce che sembra perdersi e poi riprender corpo nello spazio riecheggiante:

«Il colonnello Gigliolo,» dice, senza alcun preambolo. «Voglio sapere tutto ciò che potete dirmi su cosa venisse a fare qua dentro. Senza omissioni.»

La suora batte le palpebre, presa in contropiede dalla sua foga o, forse, dal distacco con cui ha menzionato suo marito. Le sue mani fanno per giungersi sotto al seno, solo per trovare il vuoto della croce d'argento che vi pendeva, confiscatale così come i suoi voti. Le intreccia quindi tra loro, riportandole in grembo.

«Signora, vi dirò ciò che posso.» Caterina tace, fissandola implacabile, la schiena diritta e rigida come una baionetta. «Vostro marito veniva qui ogni domenica mattina, dopo la messa nella Basilica attigua. Lo ha fatto per dieci anni, da quanto mi è dato sapere. Lasciava una donazione, più o meno consistente, e conferiva con me o le mie consorelle riguardo allo stato del brefotrofio e al benessere dei fanciulli.»

«Li incontrava anche di persona?» chiede Maione, così brusco, nel chiederlo, da sovrapporsi quasi con lei.

La suora annuisce, con un unico movimento.

«Alle volte, faceva loro visita nelle sale ricreative.» D'un tratto, il suo tono si fa duro. «Sempre con qualcuna di noi presente, s'intende. E, no, non ci ha mai dato il minimo motivo di interrompere le visite o di vietargliele.»

Ricciardi avverte, sul braccio, la stretta di Caterina che lo artiglia e gli blocca la circolazione, per poi rilassarsi di colpo. Anche lui si trova a fare lo stesso, serrando e rilassando i pugni. Una ventata di liberazione gli inonda i polmoni, seppur per un singolo istante: non è una prova certa dell'innocenza di Gigliolo, ma pensa che, se davvero qualcosa di nefando si annida in quelle sale, Madre Filippa avrebbe ordinato alla suora di non rispondere, piuttosto che di mentire spudoratamente a quel modo.

La Ruota degli AngeliWhere stories live. Discover now