Prologo

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La sera prima del nostro primo giorno nella nuova scuola, io e i miei fratelli ci sfidammo in una gara di automobili, per toglierci la tensione di dosso.

Tutti i nostri occhi erano fissi sullo schermo del tv, con la massima attenzione e ognuno determinato a vincere questa corsa.

Mi mordevo costantemente il labbro inferiore, desiderando la vittoria di questa partita più di tutto, mentre premevo forte sui pulsanti del joystick.

Di solito il vincitore era sempre Ethan ed io ero sempre seconda mentre Grayson ultimo, ma questa volta volevo vincere.

Come al solito ero in seconda posizione e davanti a me c'era Ethan.

Grays iniziò a lamentarsi, pregandoci di fermarci ed aspettarlo, ma nessuno dei due aveva intenzione di aiutarlo; mi faceva tenerezza però.

Mentre le nostre macchine sfrecciavano sull'asfalto, Grayson fece una mossa disperata, spingendo il gemello facendogli perdere il controllo dell'auto, mandandolo di conseguenza fuori strada. A quel punto Ethan gli urlò contro e io, ridendo sotto i baffi, ne approfittai per superarlo.

Era per questo che ogni volta che giocavo insieme a loro mi mettevo sempre lontana, non volevo perdere perché uno di loro faceva il coglione.

Mi alzai in piedi facendo il tifo per me stessa, mentre la mia auto correva verso il traguardo e, quando lo oltrepassò esultai di gioia.

I gemelli imprecarono, sbuffando, mentre Ethan gettò il suo joystick a terra e l'altro continuava la gara per arrivare secondo.

Andai verso Grays, quando concluse la partita e lo abbracciai.

"Grazie testone" gli dissi ridendo.

"Sei un cazzone, Grayson" lo insultò il fratello.

Lui alzò le spalle e scoppiò a ridere. Nonostante fossero quasi maggiorenni si comportavano come dei bambini di cinque anni, ma mi piacevano così. Con loro non mi annoiavo mai, facevano sempre le battute peggiori e litigavano tutto il tempo.

"Ragazzi, non vi sembra un po' tardi? - ci avvisò nostra madre entrando nel salotto - Domani rischiate di non svegliarvi e di fare tardi a scuola"

"Ma mamma" si lamentò Grayson, come un ragazzino.

Nostra madre incrociò le braccia al petto e lì capimmo che non c'era nessun ma, dovevamo solo obbedire.

Sbuffammo tutti e tre, alzandoci e spegnendo la Playstation. Salutammo la mamma con un bacio e ci dirigemmo ognuno nella propria stanza.

Non avevo per niente sonno, ma appena arrivata nella mia stanza guardando il letto, improvvisamente ero stanca morta.

Per fortuna che avevo fatto la doccia prima, perché ora non ne avevo proprio voglia. Velocemente mi pulii il viso dal poco trucco che avevo e mi lavai i denti. Infilai il pigiama e mi coricai subito nel letto.

Yach, il cane di famiglia, che stranamente stava sempre intorno a me, saltò sul letto mettendosi accanto a me.

"Giornata pesante, eh?" gli domandai sorridendo, mentre lo accarezzavo sul collo.

Di risposta chiuse gli occhi e mi ignorò. Carino.

Quel cane era la cosa più preziosa che avevo. Non me ne sono mai separata, fin da quando avevo nove anni. Ero quella con cui giocava ed ero sempre io a dargli da mangiare e a portarlo fuori, perché quei pigroni dei miei fratelli non ne avevano mai voglia.

Mi misi comoda sotto le coperte ed iniziai a pensare al giorno seguente.

Ero molto entusiasta di andare a scuola. Non vedevo l'ora di fare nuove amicizie. Speravo solo che i ragazzi di Melbourne fossero gentili e simpatici come quelli in California.

Con questo pensiero spensi la lampada sul comodino e mi addormentai quasi subito.

Melbourne's boy || Luke BrooksWhere stories live. Discover now