2013

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Scendo dall'autobus 348, finalmente respirando un po' d'aria fresca. Mi prendo qualche secondo, alla fermata dell'autobus, per osservare Piazza Dodici agosto. Sebbene io viva ad F. ormai da più di un anno, questa è una zona della città in cui ancora non mi districo particolarmente bene.

I pini marittimi, il cui verde spicca rispetto al grigio dei palazzi intorno, appaiono leggermente più vivi dei mesi precedenti. Il sole su di loro si abbatte con meno freddezza. Sono le prime avvisaglie di una primavera che sta per giungere. In piazza noto molte persone, uomini e donne, che portano a passeggio i cani. Non mancano neppure le coppie di anziani che, a braccetto, fanno una lenta e calma passeggiata. Mi viene in mente un quadro francese del XIX secolo, che probabilmente avrò studiato a scuola quando non ero altrove a leggere romanzi.

La zona di Piazza Dodici agosto è periferica rispetto a dove vivo, un quartiere molto più vicino al dipartimento di Lettere e Filosofia e alla spiaggia. Qui, invece, la città conserva la sua antica aura (se ci si guarda intorno, oltre ai palazzi popolari residenziali, qui e là si notano case decisamente più eleganti d'almeno un secolo fa) e un pizzico d'animo provinciale, che fa apparire il quartiere una realtà a parte, distaccata rispetto al resto della metropoli.

In questo quartiere vive Felix in cui, come mi ha raccontato qualche tempo fa su Facebook, abita da sempre.

Con l'arrivo dell'anno nuovo, il corso di Letteratura contemporanea è terminato ma la tradizione dei caffè alla macchinetta che avevamo inaugurato dopo il suo primo messaggio è persistita, spostandosi semplicemente in altri luoghi. Solitamente ci incontriamo nei pressi dell'Ateneo, ma quest'oggi Felix aveva un impegno imprescindibile in Accademia, che caso vuole sia nella stessa zona in cui vive, e non aveva tempo per attraversare la città.

Controllo l'ora sull'orologio che porto al polso e noto che tutto quel pensare ha fatto sì che io sia in ritardo. Attraverso la piazza schivando cani ed anziani, poi sfilo il telefono dalla mia tasca, lo sblocco e chiamo Felix per dirgli che sono quasi arrivato, questione di cinque minuti.

Mi ha dato appuntamento in un bar situato in un vicolo adiacente alla piazza, nascosto quanto basta affinché non sia possibile passarci totalmente per caso. Una volta arrivato, noto Felix che mi aspetta fuori dall'entrata. Indossa un cappotto lungo, lasciato sbottonato, che lascia intravedere il gilet e la camicia che porta sotto.

"Scusa. Aspettavi da tanto?" gli dico, mentre stiamo entrando.

"No, figurati. Anch'io sono sceso da casa poco fa." si passa una mano tra i capelli biondi tinti, e solo in quel momento mi rendo conto che sono bagnati, come se per la fretta non avesse finito di asciugarli.

Il locale è pressoché vuoto quando entriamo, perciò ci sediamo al primo tavolo che ci capita sott'occhio. Ordiniamo entrambi un caffè espresso, che arriva qualche minuto dopo.

"Sempre senza zucchero?" mi chiede Felix divertito. Intanto, apre una bustina di zucchero e versa il contenuto nella tazzina. Poi, con un cucchiaino, gira il caffè.

"Il caffè zuccherato è per deboli." rispondo, prendendo un sorso del mio.

"Oh, il neanche ventenne dà lezioni di vita."

"Era un banale dato di fatto."

Alla mia non troppo intenzionale battuta, Felix ridacchia. Come spesso capita quando esco con lui, ho la sensazione che sia fin troppo semplice apparirgli piacevole. Simpatico. Carismatico, volessi esagerare. Nel ricalcare Piazza Dodici agosto e la frivolezza del nostro incontro, realizzo di star scendendo così tanto nei dettagli perché tu, tutto questo, nei minimi particolari non lo sai. In questa porzione di storia, è come se non esistessi.

"Come no, dicono tutti così."

"Cos'avevi da fare in Accademia?"

Beve l'ultimo sorso di caffè, per poi posare la tazzina vuota e sporca sull'apposito piattino, "Degli schizzi per un progetto. Vuoi vedere?"

YANG CHE LEGGE RIMBAUDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora