Capitolo 5

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I capelli lunghi li raccolse con un elastico perché gli davano troppo fastidio. Doveva assolutamente tagliarseli. Anche la barba era cresciuta troppo. Alla prima barbieria che avrebbe trovato, si sarebbe fermato, pensò Damen camminando lentamente. Il suo sguardo era rivolto verso le sue scarpe consunte. Era in viaggio da circa una settimana. Aveva trovato lavoro  come restauratore di una biblioteca in rovina da anni, in una cittadina più o meno lontana dalla sua. Per suo sfizio personale, decise di andarci a piedi. I suoi genitori lo avevano preso definitivamente per matto. Dopo l'ultima litigata, dove lo avevano cacciato fuori di casa, avevano lasciato perdere la sua singolarità e si erano arresi al suo modo di essere. Ora si sentiva decisamente molto meglio di qualche settimana fa, ma ancora sentiva che qualcosa non andava. Tuttavia questa opportunità di lavoro lo risollevò tantissimo e  la prese al volo . Questa e non le altre. Il motivo non lo sapeva nemmeno lui. Comunque, i suoi genitori finalmente erano contenti che si fosse preso un impegno e lui ora camminava sotto il sole cocente di giugno con uno zaino su una spalla e la chitarra sull'altra. Camminare da solo lo rinvigoriva. La sua testa, di solito così piena di pensieri contrastanti e inafferrabili, ora si conformava al cinguettio dei passeri e al rumore del vento fra le foglie degli alberi. Quando gli era possibile passava sempre per strade secondarie perché il contatto con la natura lo tranquillizzava. Alzò lo sguardo e si fermò un istante per guardare il cielo azzurro. Un profumo di grano e di fiori, una melodia in testa ed il rumore di un ruscello là vicino. Nuvole bianche che ricordavano la sua infanzia. Era tutto una preghiera. Un tutt'uno con il mondo o con l'universo intero. Forse solo un tutt'uno con il suo cuore. Sorrise  con gli occhi ancora rivolti verso l'alto. In quel momento realizzò che gli errori che aveva commesso in passato erano parte di lui, anche se li odiava e ne aveva vergogna.   Non poteva cancellare quello che era successo. No, non poteva. Chiuse gli occhi ed il vento gli accarezzò il viso gentilmente. Riprese il suo cammino in pace. Quando si sentiva ansioso o  sentiva che i suoi pensieri si accavallavano l'uno sull'altro, si fermava e respirava profondamente fin quando di nuovo aveva trovato il suo equilibrio. L'equilibrio. Non sapeva che si sarebbe potuto rompere di nuovo una volta trovato. Come un ciclone che arriva all'improvviso, senza preavviso e porta via tutto. Lui si era costruito una città nuova. Nuovi edifici, nuovi giardini,  nuovi monumenti, nuove strade. Poi, da un momento all'altro, era tutto distrutto. Non capiva il senso. Perché anche lui doveva attraversare le stagioni e perdere le sue foglie? Perché mai? Sospirò rassegnato. Non lo sapeva ed era inutile cercare risposte che non sarebbero arrivate, almeno per ora. Camminò per altre due ore finché il caldo diventò insopportabile. Prese una camera in un hotel e lì dormì fino alle sei di sera. Cenò da solo sulla terrazza con il mare davanti gli occhi. Una vista spettacolare. Nella terrazza accanto, due si baciavano appassionatamente. Quei due ragazzi accanto, in un'altra dimensione, potevano essere loro. Forse la ragazza era davvero lei e lui il suo nuovo ragazzo. Non voleva saperlo. Non gli importava più. Accese una sigaretta. L'aveva chiesta ad un vecchio che aveva incontrato giù al portone dell'hotel. Perché lo avesse fatto visto che non fumava, ormai non se lo chiedeva più nemmeno lui. Guardò il cielo all'orizzonte colorarsi di rosa e più su, spuntare la prima stella, laddove il cielo era di un blu più freddo. Prese poi la chitarra e suonò finché le stelle si moltiplicarono sopra di lui. Si tolse i vestiti e si coprì fino alla vita con le lenzuola bianche. Poi mise un braccio sotto il cuscino e iniziò a pensare che non era così male stare da solo in quella stanza. Anzi, sorrise pure e si addormentò sereno. 

Il mattino dopo si svegliò all'alba. Sorrise sereno e si stiracchiò. Poi si alzò ed ancora in mutande, uscì fuori. Non c'era nessuno a quell'ora e poggiati i gomiti sul ferro un po' arrugginito della ringhiera, incominciò a pensare alla strada che doveva percorrere. Rientrò poi dentro, si rivestì, prese le sue cose e scese giù al bar dell'hotel. Mentre chiudeva a chiave la porta della stanza, pensò ai due ragazzi accanto e  senza voltarsi dalla loro parte, se  ne andò con il cuore sereno e pieno di coraggio. Al bar lo servì un cameriere alto, con un pancione grande e i capelli grigi, che continuava a fare battute scherzose con tutti i clienti. Dopo che Damen ebbe pagato, gli fece un gran sorriso e con le sue mani grassocce aprì la cassa per metterci dentro i soldi. A Damen fece una strana impressione, come se avesse visto un buio luccichio  nei suoi occhi mentre controllava  attentamente il suo denaro.                                                                                                             Uscì fuori e la fresca aria marina del mattino lo investì, riempiendogli le narici e poi i polmoni. La vista del mare lo faceva sentire bene. Tranquillo, pensava che mancavano soltanto due giorni e mezzo di viaggio . Più tardi entrò in un altro bar, comprò  una barretta di cioccolato e andò in bagno. Quando uscì sostò pochi minuti davanti alla porta con una mano sugli occhi per ripararsi dal sole e con l'altra mangiava la barretta, cercando di capire ora che strada prendere . Faceva molto caldo e continuare a camminare lungo la spiaggia come aveva fatto finora non conveniva più. Perciò seguì una  piccola stradina segnata sulla mappa e si inoltrò di nuovo in un sentiero in piena campagna che portava in un piccolo villaggio. Verso le due del pomeriggio incominciò a vedere qualche casa qua e là. Arrivato in piazza, si fermò in un ristorante che si chiamava " La botte ". I tavoli erano apparecchiati sia fuori che dentro. Damen si sedette fuori, all'angolo sinistro del ristorante, vicino a delle querce che facevano ombra . Famiglie con bambini  e alcuni uomini in giacca e cravatta occupavano gli altri tavoli. Una ragazza bionda con i capelli legati con un fiocco rosso in tinta con la divisa, venne a servirlo. Il cibo e il vino erano buonissimi e Damen indugiò lì anche dopo che aveva finito. Per pagare andò dentro. Era tutto in legno scuro  e la luce di fuori non illuminava del tutto la grande sala. Si avvicinò al bancone, anch'esso di legno scuro, e pagò il pranzo ad un signore alto e magro. Fu un attimo, un solo istante. Con la coda dell'occhio Damen vide dei capelli lunghi e biondi sparire dietro l'altra sala. Due secondi e il suo cuore era precipitato in un pozzo senza fine. Era sicuramente la cameriera che lo aveva servito. Doveva essersi sciolta i capelli, prima erano legati e non ci aveva fatto caso. Oppure era perché in quel momento sembravano proprio quelli di lei. Quel movimento del capo e la debole luce che filtrava dalla finestra vicina giocavano con la sua memoria,  ormai corrotta dal tempo, ma ancora capace di cadere in brutti scherzi. Tutto aveva contribuito a creare quell'illusione da cui tanto diceva di fuggire. Ma quanto può mentire un cuore a pezzi che dice di scappare dai falsi sogni, ma si consola nel dolore che una semplice e inutile illusione gli procura all'animo, soltanto perché è l'unica cosa che gli rimane per sentire quel sentimento che ha perso? Cade così in basso la mente e lo sa bene il cuore che sospira. Damen non fece nessun sospiro, anzi spostò lo sguardo e se ne andò in fretta fuori dal ristorante. Camminava in fretta, lontano, sempre più lontano. La sera precedente vedere quei due ragazzi vicini alla sua stanza non aveva avuto lo stesso effetto. Un giorno andava avanti, un giorno indietro, ma comunque e dovunque andasse sapeva che non era con lei che doveva percorrere la strada. 

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⏰ Last updated: Apr 17 ⏰

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