Febbraio 1976

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Il suo pianto è straziante. Forse per la fame, o per il
bisogno di contatto, non so cosa fare. Nel bagno della stazione di servizio, tra i dolori lancinanti delle contrazioni, la testa che gira e la vista annebbiata, sento il panico impadronirsi di me.

Mi trovo in una situazione disperata, non posso tenere con me questo bambino. La mia corporatura robusta mi ha permesso di nascondere la gravidanza, i maglioni larghi hanno aiutato molto negli ultimi mesi, anche se mia zia ha notato il mio aumento di peso. Ma ora non posso tornare a casa con questo bambino tra le braccia.
Il padre? Lui non ne vuole sapere. Mi ha liquidata dicendo che potrebbe non essere suo. Il mio primo amore, e unico, mi ha trattato come se fossi una qualsiasi sgualdrina. Ho quattordici anni, non posso prendere cura di un altro essere vivente. Non posso, non voglio e molto probabilmente non me lo permetterebbero.
Avrei potuto abortire, ci sono molte donne che, illegalmente, lo fanno, ma quando sono arrivata lì, forse per paura, non sono riuscita ad oltrepassare la porta di casa della mammana.

La storia di Maria una ragazza di poco più di vent'anni del paesino confinante al mio, mi ronzava in testa.
Anche lei in teoria si era trovata in una situazione come la mia,una gravidanza indesiderata, decise di rivolgersi a un mammana. Purtroppo, l'aborto non andò come previsto e contrasse un'infezione grave che la portò alla morte

Chiamatemi egoista, ma la paura della morte mi ha portata a qui, ho deciso di portare a termine la gravidanza, anche se sapevo che sarebbe stato difficile, anche se sapevo che lo avrei comunque lasciato.
Con le ultime forze che mi rimangono, dopo aver tagliato con un taglierino il cordone ombelicale, mi alzo in piedi e avvolgo il bambino in un golfino. Freno la tentazione di avvicinare il suo viso al mio e annusare il suo profumo, piano piano mi dirigo verso l'ambulatorio del medico del paese, nascondendolo nel mio ventre sotto il cappotto e lo lascio lì, poco distante.
Mi nascondo, osservo, il cuore sembra uscirmi dal petto, poi la porta si apre, una donna inizia a gridare: «Un bambino, un bambino, aiuto!»
Si guarda intorno, sicuramente per cercare chi ha lasciato un neonato su un zerbino freddo, in pieno febbraio, avvolto solo da un golf di lana, poi tenendo il piccolo che poche ore prima avevo nella pancia tra le braccia, rientra.

Io rimango lì, nascosta tra due grandi bidoni dell'immondizia, il mio respiro a contatto con l'aria fredda crea piccole nuvole che in pochi istanti svaniscono.
Sì, in pochi istanti tutto è sparito....

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⏰ Last updated: Feb 08 ⏰

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The smell of HeavenWhere stories live. Discover now