2- INIZIAZIONE

95 5 0
                                    

Lo spettacolo che mi si presentò davanti non era di certo quello che mi sarei aspettata. Kendrik stava in piedi a fatica e il suo sguardo sorpreso ed arrabbiato allo stesso tempo mi fece capire che non ero una presenza gradita nella sua stanza, d'altronde ci eravamo scambiati a mala pena dieci parole nell'arco di diversi giorni. 

Mi lasciò entrare contro voglia, richiuse immediatamente la porta dietro di se e girò la chiave così da non rischiare l'intrusione da parte dei sui colleghi. Mi accomodai sulla poltrona di fianco al suo letto e lo osservai silenziosa mentre cercava di mettersi seduto. 

«Hai intenzione di spiegarmi cosa ti è successo o preferisci che tiri ad indovinare?» domandai rompendo il pesante ed imbarazzante silenzio che si era creato. L'atmosfera intorno a noi lasciava intuire che non era successo nulla di buono e sicuramente i suoi continui lamenti non lasciavano presagire nulla di buono. Cercò di alzarsi per mettersi comodo ma, nel farlo, appoggiò la mano sul letto per poi crollare sotto il suo stesso peso. 

Si vedeva che non aveva affatto le forze per muoversi ma potevo notare l'ostinazione nei suoi occhi, era determinato a farcela da solo e mi fulminò con lo sguardo quando mi spostai per aiutarlo. 

«Non si avvicini per favore, già il fatto che lei sia qui mi mette abbastanza a disagio» mi ringhiò contro cercando di smorzare una smorfia di dolore.

"Ah quindi adesso siamo passati a darci del lei" pensai con disappunto, ma volevo stare al suo gioco quindi mi rimisi comodamente seduta e continuai ad osservare i suoi continui ma vani sforzi. Volevo mantenere l'aria da menefreghista ma non riuscivo a fingere che non mi importasse nulla, mi alzai ed ignorai i suoi commenti sul fatto che non avesse bisogno di aiuto. Cercai di aiutarlo a sistemarsi sul letto e, se pur con qualche sforzo, alla fine riuscii nell'impresa. Si vedeva che si allenava, il suoi fisico era perfetto ed averlo così vicino mi permise di ammirarlo. 

«Allora mi vuoi spiegare cosa diamine hai combinato» chiesi in tono secco. Non era una domanda, pretendevo di sapere cosa fosse successo o avrei indagato per i fatti miei e le conseguenze sarebbero state peggiori. Non mi piaceva la violenza anche se ne ero circondata tutti i giorni, non volevo che le persone intorno a me si facessero male anche solo durante un allenamento. Era una cosa che non tolleravo.

Il mio sguardo faceva intuire che non avrei accettato un "no" come risposta, alla fine vinsi quella lotta silenziosa e Kendrik cominciò a raccontarmi. 

Eravamo negli spogliatoi subito dopo la nostra corsa mattutina, gli altri mi avevano visto parlare con te e credo che fossero gelosi. Rex e Julius mi presero da parte e non mi lasciarono molta scelta, mi sarei dovuto sottoporre a delle prove per valutare se fossi effettivamente degno di fare parte della tua scorta oppure no. Mi portarono quindi nella palestra dove, solo dopo, scoperii che avrei dovuto affrontare tutta la tua squadra di sicurezza in un torneo di pugilato, per mia fortuna me la cavai bene e riuscii a vincere tutti gli scontri.  

Riportai varie ferite che, seppure non gravi, necessitavano di cure immediate. Erano più che altro tagli ed abrasioni che però bruciavano a contatto con il sudore. Quando mi dissero che c'era un altro sfidante decisi di sacrificare la mia maglia ed usarla come bendaggio di emergenza per il taglio che mi avevano procurato sul braccio vicino alla spalla.

La cosa che non mi sarei mai aspettato era di vedere entrare Ethan. Lui sarebbe stato il mio ultimo sfidante. Sapevo che non sarebbe stata una cosa semplice e che ero già messo male dagli scontri precedenti ma, nonostante il dolore e la fatica, diedi tutto me stesso fino a metterlo al tappeto. Mi accasciai a terra esausto, avevo assolutamente bisogno di riprendermi e di curarmi le ferite che avevo provvisoriamente fasciato. 

Non me ne diedero il tempo. Julius e Vlad mi bendarono e mi portarono di forza in un'altra stanza dove mi lasciarono per gran parte della giornata. I minuti e le ore non passavano mai, non riuscivo a capire che momento della giornata fosse ma, a giudicare dal mio stomaco, doveva essere passata l'ora di cena.

The Young Lady of MafiaWhere stories live. Discover now