LA MESSAGGERA

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Dinnanzi a me si dipana un interminabile sentiero in linea retta, che si perde nell'oscurità di questo luogo che non esiste. La via di fronte a me è spezzata in due: un lato sinistro fatto di un solido indistruttibile, ghiaccio eterno, magnete inamovibile e inevitabile; un lato destro che a malapena mi sorregge, ma che avverto appieno sotto i piedi ogni volta che il suo plasma iperattivo mi attraversa le carni. Entrambi e le due metà sono un'agonia. Raggiunta la fine di questo gigantesco rasoio... Sono di nuovo all'ostello.

L'interno è di sicuro inusuale. Mi trasmette una gran dose di confusione e curiosità allo stesso tempo, pur essendo già stato qui prima d'ora. Il tetto e le pareti sono fatti di legno lucido, fresco, dai colori chiari, mentre tutto il resto dell'arredo ha una solidità fredda e pulita, tipica del marmo. Dalle finestre limpide si possono vedere le solite carovane di cittadini, passanti e vagabondi, che vagano per le strade di Nova Arcadia. Pellegrini, assorbiti in un'incessante ricerca della salvezza... O forse condanna?

Mi accorgo che il mio fodero meccanico è assente, così come metà dei miei vestiti. Da quello che ho capito in questi pochi secondi di coscienza, qualcuno deve avermi lasciato su questa sedia dell'ostello, col mio cappotto a farmi da coperta.

Mi rendo conto anche di come tutte le ferite che ho sofferto nella lotta di prima siano... scomparse. Non guarite, scomparse. Certo, i fori dei proiettili si sono richiusi, le mie costole e braccia sono tornate tutte d'un pezzo, come prima, eppure... non mi sento veramente guarito.

Provo a portarmi le mani agli occhi, solo per massaggiarmi le tempie... Ma si rivela molto più difficile del normale. Riesco solo a sollevarle alla cieca, mentre mi sforzo di sopprimere il timore di non riconoscere il mio stesso corpo.

Perché non posso più muovermi come voglio? E poi, sono sempre stato così abbronzato?

Prendo la mia stessa domanda molto sul serio: "Di che colore era la mia pelle? Avorio? Ocra? Mogano?"

Un sibilo nelle mie orecchie si interrompe, al suo posto sento qualcun altro rispondere: "Quando Elì ti ha riportato qui eri rosso dalla testa ai piedi, ragazzo mio!"

I miei occhi dardeggiano in direzione della voce, per paura che... Ah, menomale. Non è un'allucinazione post mortem. Solo il vecchio che sta al bancone dell'ostello.

L'oste, se così si può definire tale, ha un aspetto che mi mette i brividi ogni volta: ha la pelle grigia e talmente rugosa che la sua faccia sembra star colando addosso al suo teschio, mentre il resto del suo corpo è punteggiato da crateri viscidi e irregolari da cui vanno e vengono lunghe carovane di... api?

Resto lì paralizzato a osservarlo, il ribrezzo suscitato da quella figura va ben oltre il sollievo di essere sopravvissuto anche stavolta.

"Che hai da guardare?" sdrammatizza il vecchio oste, "Nulla di strano, mi piacciono le api!"

Si fa da ventaglio con la sua stessa camicia, mentre si versa una tazza fumante di qualcosa che non riconosco bene.

"Grandioso. Da quando in qua permettiamo a dei Mondani di vivere qui a Nova Arcadia?"

La mia testa sobbalza in direzione del suono e avvisto la persona che ha gettato quel commento. È un altro cliente dell'ostello, sembra un giovinetto dell'ottocento con giacca blu elettrico e una sottile lama alla cinta.

Provo a impadronirmi del mio steso corpo, nel futile tentativo di alzarmi. "Scusa... come mi hai-"

Il cliente resta comodo al suo tavolo, mentre mi risponde con tono saccente: "Mon-da-no. Vuol dire che non sei uno di noi. Quindi non sei neanche il benvenuto."

"Non essere così inospitale con il nostro guerriero," lo rimprovera l'oste, "dopotutto è anche grazie a lui se la nostra splendida e meravigliosa cittadina è al sicuro!"

Mongrel - Lezioni Di Vita Per Gli Stolti E Gli InutiliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora