X. Ci vuole coraggio (anche per aver paura) - Parte 1

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Nelide batte più volte le palpebre, non sa se per lo sbigottimento a quelle parole, così incuranti dello scalino sociale tra loro, o per l'implicita rivelazione che potrebbe andarsene quando vuole. Quest'ultima pare quasi offenderla, dal modo in cui aggrotta le sopracciglia folte e alza poi il mento con un fare altero da nobildonna, più che da umile domestica.

«L'acqua ca nun camina fète, ma io accà resto,» sentenzia, tirando appena su col naso e fissandolo diritto negli occhi. «Voi state accorto, riguardatevi e tornate per cena.»

«Ci provo,» risponde lui, addolcendo il sorriso e strizzandole appena il braccio. «Buona giornata, Nelide.»

«A vuje

Nel chiudere la porta dietro di sé, Ricciardi rivolge un pensiero a Rosa, un grazie muto per aver lasciato qualcuno a vegliare su di lui. Per le scale, coglie oltre la porta le note di una canzone popolare canticchiata a mezza bocca, prima che vengano spazzate via dalla voce che risale dal basso:

«Va' via, Munaciello! Non mi fai paura. Non mi fai paura!»

Ignora il richiamo di Annina mentre attraversa l'androne, finalmente col pozzetto di nuovo coperto, così come ha tentato di ignorarlo per tutta la notte, con scarso successo. È un brutale memento al perché stia per rischiare la vita, sua e di Bruno, incaponendosi su quell'indagine maledetta che sta anche ferendo tutte le persone a lui care.

Il tragitto fino alla Questura lo lascia intirizzito: la temperatura si è inasprita, con un colpo di coda invernale che ha irrigidito il bucato lasciato steso e ghiacciato le pozzanghere per strada

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Il tragitto fino alla Questura lo lascia intirizzito: la temperatura si è inasprita, con un colpo di coda invernale che ha irrigidito il bucato lasciato steso e ghiacciato le pozzanghere per strada. Nell'avvicinarsi all'arco d'ingresso, vede subito Maione in chiara attesa là davanti tra i due poliziotti di guardia.

Accoglie la sua vista con un moto di sollievo nel constatare che è incolume, anche se innegabilmente corrucciato. S'agita sul posto e inalbera la testa come un toro affatto incline a ritrovarsi rinchiuso in un recinto troppo stretto.

Non appena lo vede, il brigadiere gli si fa incontro di gran carriera, il volto che si accartoccia in grinze cupe a ogni passo che compie verso di lui, le sopracciglia brizzolate che vanno quasi a congiungersi. Ricciardi ostenta naturalezza nel salutarlo:

«Buongiorno, Maione.»

Maione esita con la mano a mezza via verso la fronte, gli occhi subito calamitati dalla medicazione sullo zigomo e che schizzano poi più in basso, dove presume si intraveda il livido. Ricciardi trattiene l'impulso di sistemarsi più su il colletto.

«Commissa', state bene?» chiede infine l'altro, lasciando ricadere la mano senza completare il saluto.

«Sì, brigadiere,» replica lui, indifferente e adottando il grado che non sceglie quasi mai per rivolgersi a lui.

Maione si fa attento, a quel dettaglio, lo vede quasi rizzare le orecchie sotto al berretto come un segugio messo in allerta. Sul suo volto, ondeggia una nuvola temporalesca in addensamento.

La Ruota degli AngeliWhere stories live. Discover now