2 _____ Cinque anni prima... Joy

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Joy era un ragazzo che non passava in osservato: alto un metro e novanta centimetri, capelli neri, un corpo tonico e due occhi di colore differente, uno verde smeraldo e l'altro azzurro. Quegli occhi lo avevano messo nei guai più di una volta; non amava essere fissato e quando succedeva, reagiva in modo poco cordiale, aggredendo verbalmente la persona che aveva osato guardarlo con troppa insistenza.

In realtà, Joy era l'essere umano più calmo e paziente sulla faccia della terra, almeno secondo quanto gli ripeteva sempre sua madre prima che iniziasse l'università. Tuttavia, da quando aveva iniziato a condividere la stanza al Campus con Julian, le cose erano nettamente cambiate. Il suo compagno di stanza trovava sempre cento modi diversi per farlo incazzare, soprattutto quando aveva un compito importante da consegnare, su cui aveva lavorato per più di una settimana.

Quella mattina, il suo compagno di stanza aveva invitato un 'amico' nella loro camera, affermando di aver bisogno di aiuto per comprendere meglio alcuni argomenti del corso di informatica giornalistica. Peccato che in quella materia, Julian aveva buoni voti e non necessitava di ripetizioni, anzi, era lui che si faceva pagare per insegnare informatica giornalistica. Gli sguardi che i due si scambiarono e il poco nascosto morso all'orecchio che il nuovo arrivato diede a Julian fecero comprendere a Joy che l'incontro non riguardava lo studio.

Quell'inaspettata intrusione aveva costretto Joy a cambiare i suoi piani: avrebbe dovuto trovare un altro posto tranquillo dove poter rileggere l'articolo che avrebbe presentato al corso di Giornalismo Sociale. D'altronde, lui non aveva nessun diritto di vietare al suo coinquilino di portare degli amici in stanza.

L'intervista fatta al Rettore era stata uno scoop fenomenale, ma doveva eliminare alcune parti troppo personali, non voleva creare eccessivi problemi a quell'uomo. In fin dei conti, gli era simpatico e lo considerava molto coraggioso, perché lui non avrebbe mai permesso a nessuno di scrivere un articolo sul suo orientamento sessuale o su presunte relazioni. Joy era una persona molto riservata quando si trattava della sua vita privata.

L'unico luogo che gli avrebbe permesso di lavorare in serenità era la biblioteca. Salutò Julian e l'amico, prese il portatile e si incamminò verso quel luogo pieno di cultura che lui tanto amava.

Rimase in biblioteca diverse ore, analizzando ogni possibile frase del suo articolo, fino a quando si accorse di essere in ritardo; aveva solo quindici minuti per arrivare al Coffe Dark e iniziare il suo turno di lavoro, altrimenti avrebbe subito le lamentele di Trisha, la responsabile della caffetteria, sul suo poco rispetto della puntualità. Quella donna lo terrorizzava ogni volta che alzava la voce.

Chiuse il portatile e riorganizzò i suoi appunti, sistemando il tutto dentro la tracolla, indossò la giacca e si diresse verso l'uscita. Nella fretta di correre a prendere l'autobus, non si accorse del ragazzo che cercava di entrare in biblioteca finendogli addosso; i fogli del ragazzo si sparpagliarono sul pavimento facendolo incazzare parecchio.

Quando Joy fece per aprire la bocca e scusarsi, si accorse che davanti a lui c'era Teo, il suo sogno proibito degli ultimi due anni. Quel ragazzo lo aveva tormentato giorno e notte, soprattutto la notte, con sogni molto realistici che lo costringevano a docce molto lungo prima di andare alle lezioni. Ora che Teo era davanti a lui e avrebbe potuto toccarlo e parlargli, ma aveva la bocca secca, le gambe tremanti e la voce bloccata in gola. Era la rappresentazione sputata di una statua di sale.

Dopo minuti che parvero ore di paralisi completa, finalmente le gambe diedero segni di vita e Joy riuscì a muoversi in direzione della porta, togliendosi in fretta da quella situazione imbarazzante.

Nel correre verso l'uscita, colpì la spalla di Teo, ma per fortuna la sua bocca aveva ricominciato a funzionare permettendogli di pronunciare un impercettibile "Scusa".

Impiegò quindici minuti per raggiungere la sua stanza, che per fortuna trovò vuota e silenziosa. Si buttò sul letto con ancora i vestiti addosso, posando la tracolla a terra assieme alle scarpe, cercando di rallentare il cuore, evitando di avere un infarto in età ancora molto giovane.

Non si era mai trovato così vicino a Teo; lo aveva sempre osservato a debita distanza. A volte pensava di essere diventato uno stalker, perché conosceva tutto il suo piano studi, gli orari del pranzo e il numero della stanza del Campus dove alloggiava. Per diventare uno stalker professionista mancava solo che montasse una tenda nel prato sotto la sua finestra.

Erano passati due anni da quando lo aveva notato, un pomeriggio, al Coffe Dark durante una pausa caffè: era seduto da solo a un tavolo intento a consultare una pila di fogli mentre pigiava nervosamente sui tasti del suo portatile. Aveva i capelli biondi e spettinati, una matita infilata in un orecchio e un'altra in bocca; Joy sospettava che quella nell'orecchio se la fosse dimenticata. Quando finalmente alzò la testa dal suo portatile e vide i suoi grandi occhi azzurri, le labbra carnose e la pelle chiara, ne fu subito conquistato. Nel momento in cui si accorse delle due grosse occhiaie sotto gli occhi l'attimo di felicità venne sostituito dalla preoccupazione; quello era il segno distintivo di chi passava troppo tempo sui libri invece di dormire, esattamente quello che succedeva spesso anche a lui.

Quel giorno era troppo stanco per avvicinarsi a Teo, così rimase in disparte a osservarlo. Qualche settimana dopo, decise di provare a parlargli. Erano solo frasi di cortesia, ma era pur sempre un inizio.

Stava rientrando dal turno pomeridiano alla caffetteria quando, seduto su una panchina accanto alla fermata dell'autobus, notò la sagoma di una persona che conosceva bene.

«Ciao! Anche tu qui a prendere un po' di sole?» Gli domandò cercando di nascondere il nervosismo che stava provando.

Senza degnarlo di uno sguardo o di una parola, Teo si alzò dalla panchina dirigendosi verso la fermata dell'autobus. Come primo approccio non era andato molto bene, ma Joy ero fiducioso, prima o poi avrebbe attirato la sua attenzione.

Nei giorni a seguire, si limitò a osservarlo da lontano, temendo di spaventarlo nuovamente. Grazie al suo lavoro part-time al Coffe Dark, aveva la possibilità di vederlo quasi tutti i giorni: il ragazzo entrava, ordinava caffè e ciambella, poi si sedeva al solito tavolo senza alzare il naso dal computer. Probabilmente non si era neanche mai accorto di lui e dei suoi languidi sguardi o di tutte le volte che gli portava una tazza di caffè senza averla ordinata, accompagnata da un cioccolatino a forma di cuore.

In quelle settimane si era reso conto che Teo gli era entrato sotto pelle; osservarlo a distanza era diventato, praticamente, la sua ricarica giornaliera. Lo aveva capito quell'unico giorno in cui Teo non era venuto in caffetteria, quando aveva iniziato a sbagliare tutti gli ordini dei clienti perché la sua mente era impegnata a immaginare situazioni assurde per spiegare l'assenza di Teo. Si era calmato quando, a termine del turno, lo aveva visto prendere l'autobus per rientrare al Campus. Aveva tirato un sospiro di sollievo per poi darsi dello stupido da solo.

Da quel giorno si era ripromesso di trovare il modo per avvicinarlo, dovevo solo avere pazienza.

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