PROLOGO

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'Teo Baker giornalista d'assalto del New York Times, trovato nudo e ubriaco, in compagnia di un uomo, nella squallida camera di un motel di quart'ordine'.


Era il titolo dell'articolo di giornale che sarebbe uscito sulle principali riviste scandalistiche dello Stato se Teo avesse continuato su quella strada ogni sacrosanto sabato sera.

Umore pessimo, voglia di svuotare la mente e tanta, tanta voglia di farsi scopare per dimenticare quel fottuto bastardo che gli aveva rovinato la vita sei anni prima. Così, anche questo sabato sera, Teo era seduto al banco del Pub Blu Night a sorseggiare una birra mentre osservava la moltitudine di persone che avevano avuto la sua stessa idea: birra ghiacciata e una persona con cui spassarsela. Nel suo caso, un uomo, poiché Teo era gay fino al midollo, da quando, a tredici anni, aveva scoperto di eccitarsi guardando le rivisti di intimo maschile della madre. La quale lo aveva sorpreso nascosto nel ripostiglio di casa mentre si faceva una sega.

A fargli compagnia c'erano i suoi due colleghi d'ufficio: Tod, il suo truccatore personale, gay più di lui, e Jeff, il cameraman, etero convinto anche se non perdeva mai l'occasione di radiografare il culo di Tod.

Dopo la terza birra e almeno cinque shottini di vodka, Teo era in pista a ballare stretto tra due uomini, completamente ubriaco e privo di ogni freno. Era la perfetta rappresentazione della pura trasgressione: occhi languidi, camicia sbottonata a mettere in mostra gli addominali scolpi da lunghe sessioni di palestra, jeans neri aderenti e strappati nei posti giusti, movimenti sinuosi a tempo di musica accompagnati da leggeri tocchi e sfioramenti ai due uomini che lo affiancavano nella danza. Pochi balli e la serata si sarebbe conclusa con una notte di sesso nella camera di uno dei due uomini, se non entrambi.

La mattina seguente i postumi della colossale sbronza dettero i loro frutti: un dolore alla testa incontenibile, gola arsa e occhi intolleranti alla luce. Teo sapeva di sbagliare a comportarsi in quel modo, ma non aveva scelta; grazie all'alcool i ricordi si annebbiavano quel tanto da permettergli di respirare di nuovo.

Si coprì il viso con un braccio cercando di proteggere gli occhi dalla forte luce proveniente da una enorme finestra, posta al lato del letto. Mettersi seduto era complicato perché ogni muscolo del suo corpo urlava pietà; forse quella notte aveva un po' esagerato con l'attività fisica, ma i ricordi erano annebbiati. Tuttavia, doveva alzarsi da quel letto, trovare i vestiti e ricomporsi per andare a fare colazione, perché lo stomaco la stava reclamando con rumori quasi raccapriccianti. Quindi, appoggiò la mano sinistra sul letto per far leva con il braccio e aiutare il corpo a girarsi su un lato e portare le gambe fuori dal letto, ma durante il movimento urtò qualcosa di duro che lo fece arrestare di colpo. Ruotò la testa cercando di aprire gli occhi, ma il lamento che udì glieli fece richiudere. La cosa dura che aveva toccato era un uomo! Almeno così sperava, perché quel mugolio era indecifrabile.

Il suo primo pensiero fu: 'Perché diavolo quello si trovava ancora nel mio letto? Di solito se ne andavano tutti prima di colazione!'

'Che situazione del cazzo! ' Teo continuava a ripetersi nella sua testa.

Non sapeva come fare per andarsene ed evitare le chiacchere post-sesso che lui non amava. Cercò nuovamente di girarsi e appoggiare i piedi a terra, ma una voce attirò la sua attenzione, congelando ogni fibra del suo corpo. «Buongiorno Principessa! dormito bene?» Quella voce la conosceva, anche molto bene, anche se erano passati sei anni dall'ultima volta che l'aveva sentita.

Era la voce della persona che aveva rovinato l'intera sua vita, colui che aveva amato e odiato più di ogni altro al mondo. L'individuo a cui avrebbe voluto urlare in faccia 'vaffanculo, stronzo!' almeno mille volte negli ultimi anni. La persona il cui volto compariva ogni volta che si addormentava di notte e ogni mattina al risveglio.

JOY CARTER, il suo ragazzo al tempo dell'università.

Teo continuava a chiedersi perché cazzo era a letto con Joy.

I ricordi erano confusi e le fitte costanti alla testa non lo stavano aiutando. Frammenti di immagini di lui che dimenava il culo sulla pista da ballo, cantando o meglio stonando 'Like a Virgin' di Madonna, gli stavano tormentando quel poco cervello che gli era rimasto. Poi l'immagine di lui in una toilette maschile con un gran figo che gli cacciava la lingua in bocca e la mano nelle mutande comparve, sostituendo i disgustosi fotogrammi precedenti. Tuttavia, nessun ricordo di Joy Carter, fino a quando un flash improvviso di immagini inondò la sua mente: lui nel parcheggio del Pub mentre baciava un uomo; il bacio era lento e dolce, i corpi attaccati e stretti in un abbraccio che sapeva di intimità, di conoscenza. Un atto troppo intimo per essere uno sconosciuto abbordato al Pub. Infine, quegli occhi di due colori diversi fecero capolinea nella sua mente: erano gli occhi di Joy! Lui stava baciando Joy Carter nel parcheggio di quel maledetto Pub!

Doveva essere fottutamente ubriaco per aver fatto una stronzata del genere, perché da sobrio lo avrebbe preso a calci in culo, godendo dell'immagine di lui steso a terra, privo di quel ghigno compiaciuto che a lui dava sempre sui nervi.

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