Waffle e Pollo Fritto pt.1

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Richter e Mary erano come fratelli. Negli ultimi dieci anni, avevano condiviso un appartamento in un quartiere periferico attraversato da uno snodo autostradale. Il traffico disturbava la quiete e le luci delle automobili proiettavano ombre psichedeliche attraverso le tende di perline.

Richter non se ne lamentava. Quel luogo era riuscito a essere una casa nel momento peggiore della sua vita e lo era rimasta così a lungo da fargli imparare a memoria l'odore dei fumi dei ristoranti sotto casa a seconda del giorno della settimana e riuscire a comprendere che ora fosse solo guardando i palazzi della Downtown, oltre il cavalcavia. Al mattino bastava contare quanti piani fossero illuminata dal sole. Alla sera, quante luci fossero ancora accese.

Però, non poteva negarlo, la prima notte che aveva trascorso lì era stata terribile. Si era ritrovato a nove anni, da solo, su un taxi con uno zainetto in spalla e gli occhi ancora gonfi per il funerale della mamma. Appena sceso dall'automobile, era finito tra le braccia di una sconosciuta (perché la zia Tera non era che un'estranea all'epoca e, a dirla tutta, non era nemmeno sua zia) che puzzava di cipolle.

Il condominio nel quale avrebbe dovuto trascorrere il resto della sua infanzia, a confronto della villa di famiglia, era tetro e decadente.

Tera lo aveva fatto salire una serie di rampe di scale fino a quando Richter non aveva quasi collassato in un bagno di sudore. Il calore estivo si annidava all'ultimo piano. La lampadina sulla soglia dell'appartamento aveva tremolato e la zia Tera le aveva dato una pacca per rinvigorirla. L'interno, c'era solo una lampada accesa, una nebbiolina insolita e un odore che Richter non era riuscito a identificare, ma che gli aveva stretto lo stomaco. Aveva rifiutato la zuppa riscaldata. Voleva solo andare a letto.

Richter era piombato lì senza preavviso e Tera aveva dovuto arrangiare il suo studio, ammucchiando tutte le cose su un lato e raffazzonando un letto. Se ci ripensava ora, sorrideva, ma, da bambino, quella stanza piena di ombre e scatoloni gli era sembrata una prigione.

Aveva dovuto rifiutare per ben due volte un bicchiere di latte e miele prima di rimanere finalmente da solo. Si era allora appallottolato sul letto con le gambe strette in petto, ma era balzato di nuovo in piedi quando aveva visto una figura che lo guardava da oltre la porta accostata.

Una bambina, con una vestaglia bianca e i piedi scalzi, lo aveva fissato con occhi stralunati. «Alla TV parlano di tua mamma. Dicono che l'hanno ammazzata.» Era entrata tendendo un braccio sul quale era appollaiato quello che, nella mente traumatizzata di Richter, sembrò un demone dagli occhi gialli. «Giochi un po' con noi?»

«And the wind, it cries,» aveva cantato il mostro, «Mary!» Richter aveva urlato a squarciagola ed era scoppiato a piangere.

Aveva creduto davvero che quel posto non sarebbe mai diventato casa sua, ma, con la stessa facilità con la quale la villa Belmont aveva smesso di esserlo con i lampeggianti delle volanti e le transenne, anche quell'appartamento si era trasformato, da un giorno all'altro, in qualcosa di completamente diverso. Al suo risveglio, Richter aveva scoperto che la stanza, illuminata dal sole, era piena di luce e colori. Cristalli di diverse forme e dimensioni riempivano ogni scaffale e ripiano, acchiappasogni pendevano dal soffitto e maschere voodoo adornavano i muri. Gli odori che aveva sentito la sera precedente erano essenze di sali ed erbe aromatiche riposti in barattoli di vetro.
Dalla cucina, provenivano delle risate. Quando Richter aveva svoltato l'angolo della stanza, era stato accolto da un sorriso gentile, un bacio sulla fronte e pancakes. Si era seduto accanto a Mary e il pappagallo dalle piume rosse e blu, sul suo trespolo, era sembrato molto meno inquietante di quando non fosse stato la sera prima. Persino la sua canzone ora sembrava un motivetto allegro.

Richter aveva capito solo allora quale fosse il potere dell'oscurità; si serviva delle paure delle persone, entrava nelle loro menti nei momenti più bui e cercava di mettervi radice. Da quel giorno, si era ripromesso di guardare le cose, almeno quelle importanti, solo in piena luce. E la sua vita era andata meglio. Molto meglio. Ma c'erano ancora delle volte nelle quali chiudeva gli occhi e quel buio strisciava dentro di lui e lo riportava indietro a quando non c'era luce, calore nè speranza...

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⏰ Last updated: Jan 22 ⏰

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