Mi sorride, mi riconosce e sembra farsi coraggio venendomi incontro.

La guardo camminare un po' incerta verso la mia direzione e sento il sorriso allargarsi sul mio volto.

Mi sporgo in avanti, con l'intenzione di baciarle le guance e lei mi ricambia.

Sa di vaniglia.

"Ciao, Lorenzo, anche tu in anticipo?"

Sono tentato di chiederle di chiamarmi Enzo, ma il mio nome che esce dalle sue labbra suona così bene!

"Ciao, Lela! Sì, ero curioso di vedere la famosa Fiorène" e scalpitavo dalla voglia di vedere te.

"Non ci eri mai stato?"

"Solo dal dentista" ammetto, e lei sorride.

Potrei guardarla sorridere per ore.

"Ti dà fastidio se fumo?" le chiedo, sperando di non dare una mazzata al mio già flebile sex appeal.

La sigaretta di prima non mi ha soddisfatto, e sento la necessità di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per distrarmi dal pensiero di saltarle addosso seduta stante e placare il mio sistema nervoso.

"No, figurati, mi piacciono gli uomini che fumano"
"Davvero? Questa non l'avevo mai sentita"

"Sì, le cose nocive possono essere sexy, finchè le fanno gli altri" rido alla sua battuta, contento di potermi accendere una Camel senza essere osservato da occhi sprezzanti.

"Ti hanno mai detto che hai dei bei capelli?" mi chiede, guardando il mio ciuffo.

Mi prende per il culo?

"Decisamente no, non me l'hanno mai detto"

"Il mio occhio professionale non sbaglia mai" mi dice, e come se fosse la cosa più naturale del mondo, solleva una mano e mi sistema una ciocca con le dita.

Credo di essermi innamorato.

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Ordino una tartare di manzo, senza sapere bene cosa aspettarmi. Suonava molto sofisticato come piatto. O almeno era l'unica cosa che sarei riuscito a leggere ad alta voce dal menù, che sembrava un enigma di geroglifici.

Lei ha preso lo stesso e mi sento rincuorato, nella speranza che non abbia gusti alimentari di merda.

"Posso ammettere di essere un po' disorientato da questo tipo di ambienti?"

Non voglio che si aspetti di uscire con un riccone sofisticato che indossa i mocassini.

Piuttosto che i mocassini, meglio un bel colpo in testa.

La sua risata leggera mi alza dieci centimetri da terra.

"Neanche io li frequento spesso, devo essere onesta. Non so nemmeno perchè ti ho proposto questo posto" dice indicando con la mano il locale.

Tutto intorno a noi sembra sputare la parola soldi: le pareti blu scuro ornate da quadri minimalisti, le parure vintage che pendono dal soffitto, persino la luce soffusa delle loro lampadine sembra chiederti di aprire il portafoglio.

"Forse speravo di fare colpo su di te mostrandoti di essere parte attiva della vita di lusso di Fiorène"

"Stai dicendo che do l'impressione di essere un fighetto?" dico ironicamente storcendo il naso "sappi che non mi vedrai mai indossare dei mocassini, se è quello che speri!"

"Oh, per carità! I mocassini no!" sospiro teatralmente e le sorrido.

La tartare si rivela essere buona, con mio grande sollievo.

Ordiniamo del vino e osservo le sue guance arrossarsi di sorso in sorso.

La sua risata diventa più acuta, insinuandosi nella mia mente come un ricordo che non dimenticherò mai.

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"Ci hanno spennati!" esclamo ridendo, appena messo piede all'esterno.

Credo che il vino che ci siamo scolati avesse una gradazione alcolica piuttosto elevata e i miei freni dialettali sono letteralmente crollati.

Lei ride, e come ogni volta io mi sciolgo.

"Non dovevi pagare per forza tutto tu!"

"Hai ragione, sono già pentito!"

Ride ancora, ride sempre a ogni mia battuta e io sono così soddisfatto che non mi sembra vero.

"Non ho mai riso così tanto come stasera, Lorenzo. Sei troppo simpatico"

"Ammetto che qualche battuta me la sono studiata stanotte"

"Ti prego, mi fanno male le guance" si porta una mano al petto e una lacrima le scende dalle ciglia, portando con sé una traccia di mascara.

"Ok, prometto che da ora in poi cercherò di essere antipatico. Però, c'è una cosa che devo confessarti" la sua attenzione è tutta su di me, mentre camminiamo vicini verso una meta imprecisata, sotto una luna seminascosta dalle nuvole.

Il suo sguardo si fa più serio, in attesa della mia voce.

"Adoro farti ridere, sei così bella" ammetto evitando il suo sguardo.

Ho dato voce a uno solo dei miei pensieri indomabili, e temo la sua reazione.

Lei si ferma e io faccio lo stesso, mettendomi di fronte al suo viso.

Non dice niente, mi bacia.

Volo verso un mondo che non avevo mai esplorato e Silvia si accoda ufficialmente come l'ultimo dei miei pensieri.

Addio, Silvia.

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