𝟒.  𝒗 𝒂 𝒕 𝒕 𝒆 𝒍 𝒂 𝒑 𝒆 𝒔 𝒄 𝒂

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Purtroppo, inconsciamente, Jimin finì col pensare ai suoi di genitori, i quali lo avevano rifiutato nel momento in cui lui aveva incominciato a conoscersi per quello che era e, dunque, a piacersi. Nessuno era mai stato in grado di capire in quale modo opprimente Jimin si era sentito, intrappolato in un corpo che non gli apparteneva. Il ribrezzo per sé stesso era pari a quello che aveva visto negli occhi di suo padre, quando finalmente lui aveva trovato da dove derivasse il suo forte dolore, il suo inconsiderato scompiglio con il mondo e l'irascibilità ingestibile. Quando finalmente aveva tagliato i capelli, così corti da scoprire le orecchie, e aveva nascosto le sue forme dietro abiti larghi e maschili, Jimin si era sentito un minimo vivo. Ma quella bella sensazione era stata presto messa in subbuglio dagli occhi delusi dei suoi genitori, fissi sulla sua immagine improvvisamente rinata, e il sorriso radioso sul suo volto era sembrato così sbagliato.

Se all'inizio decidere se essere sé stesso o avere dei genitori era stato un grosso dilemma, in seguito aveva covato per quel giovane sé una grande stima. Si domandava, alle volte, se fosse ancora così forte da rinunciare a qualcosa di così importante per i suoi principi, ma la risposta giaceva già nella sua relazione consumata con Yoongi.
Jimin aveva amato davvero poco nella sua vita e in quei miseri casi sembrava che l'amore fosse stato troppo per lui, troppo per meritarlo. Forse ne era terrorizzato, forse era solo stato razionale, forse Jimin non voleva essere amato, che alla fine era stato più semplice rinunciare a tutto anziché rimettere insieme i pezzi.

Yoongi non aveva problemi con il suo corpo, che mentiva alla presentazione di Jimin, ma per una questione di amore, alla fine anche Yoongi lo aveva messo d'innanzi ad una scelta e Jimin ci aveva rivisto così tanto i suoi genitori che un sorriso amaro era stato certamente la spontaneità più appropriata come risposta.

Jiyoon di certo non l'avrebbe tradito, pensava. Lei certamente non gli avrebbe mai chiesto di scegliere tra l'amor proprio e quello degli altri. Lei lo amava anche se Jimin sognava di essere un maschio a tutti gli effetti, lo amava come se fosse la cosa più normale del mondo. Non che Yoongi non gli avesse mai dato amore, ma nel suo presente, Jiyoon sembrava la cosa più vera che avesse mai provato.

Con gli occhi fissi su sua figlia, a qualche metro di distanza, Jimin sorrideva lievemente. Il vento a scompigliargli i capelli, le ciocche ad accarezzargli il volto, le sue gambe ferme, immobili sul prato, solitario, finché quel suo angolo in disparte venne notato.

Persino in luoghi improponibili come eventi dedicati a dei bambini, qualcuno pensò bene di avvicinarsi a Jimin in maniera elegantemente sfacciata, con la sua giacca e cravatta e il suo sorriso singolare.
Il sole a mostrare un viso privo di difetti, e, allo stesso tempo, ad ombrare sulle occhiaie di Jimin senza pietà. Quando Jimin venne chiamato con educazione, fu diretta la sua prima opinione riguarda l'uomo che tentava approccio: sembrava spruzzare grana da tutti i pori.

Jimin preservò il sorriso che parve dedicare all'estraneo, quando in verità rispose unicamente alla riflessione architettata tra sé e sé.

"Mi perdoni per la sfrontatezza, ma non ho potuto fare a meno di notare un dettaglio nel suo aspetto."

Jimin era proprio curioso di conoscere questo dettaglio. Forse erano le scarpe taroccate?

Incitò con grazia l'uomo a continuare a parlare, mentre indicò la sua prossima riflessione a come levarsi di dosso una simile seccatura. Se c'era una cosa che disprezzava Jimin erano i miliardari, ma il suo era un atteggiamento scontato essendo cresciuto in strada, letteralmente, a guardare dalla vetrina dei ristoranti, sotto la pioggia e la neve, chi si ingozzava in insignificanti ristorantini di lusso.

"La sua bellezza."

Jimin liberò una risatina muta mentre i suoi occhi tornarono su sua figlia, ma la sua attenzione rimaneva all'uomo, ormai di fianco a lui.

𝘴𝘦𝘳𝘦𝘯𝘥𝘪𝘱𝘪𝘵𝘺 ⦂ 𝘺𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯Where stories live. Discover now