VIII. Chi per strada va (per strada muore) - Parte 1

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La porta di un verde stinto si apre, rivelando la figura dinoccolata di Bambinella. L'ha evidentemente colta in un momento di pausa, poiché non ha la parrucca, ma solo la retina che la sorregge calcata sui capelli rasati, e addosso solo una vestaglia di seta azzurra scolorita, a coprire un succinto prendisole a ricami lillà. Spalanca gli occhi incorniciati dalle ciglia bistrate nel vederlo, aprendosi in un sorriso raggiante che spezza di bianco il rossetto quasi nero.

«Commissario, che piacere!» esclama, trepidante. «E alla buon'ora... ormai, mi credevo che il brigadiere s'era scordato di avvertirvi.»

«Buongiorno, Bambinella. Piacere mio,» risponde lui, più pacato, con un'occhiata schiva intorno a sé. «Maione m'ha informato ieri, ma sono stato molto occupato.»

«Eh, o' ssaje. Che tragedia,» chiosa lei, strizzando le labbra con fare più serio.

Ricciardi non si stupisce del fatto che sappia già tutto ciò che c'è da sapere: si limita a ricambiare l'osservazione con quieta mestizia. Lo sguardo di Bambinella si rivolge poi acutamente al livido sul suo zigomo, accendendovi una scintilla d'interesse.

«Su, venite, venite pure, non state lì a prender freddo. E non fate caso al disordine! Oggi sto di riposo, ma son proprio contenta che qualcuno che non sia un cliente mi sia venuta a trovare.»

Spalanca del tutto la porta e scende lesta le scale che conducono nel basso, invitandolo dentro. Ricciardi abbassa un poco il capo per entrare e scende dappresso, ritrovandosi nell'ampia stanza. Ha un che di accogliente e familiare a dispetto della sua funzione principale di casa di incontri.

In un angolo, fa mostra di sé un letto a baldacchino dai tendaggi porpora e semitrasparenti e, accanto, una porticina a soffietto cela un piccolo bagno in cui intravede un bidè. Nell'aria aleggia una fragranza pungente di gelsomino, mescolata a quella del bucato steso su un filo che attraversa la stanza; tutto sommato, non una combinazione sgradevole, anche se vi ristagna l'umidità malsana tipica dei bassi.

Bambinella s'affaccenda con un trambusto di sportelli nell'angolo occupato dalla cucina.

«Accomodatevi, che vi offro un surrogato,» gli dice, accennando al tavolo sbilenco ma pulito lì accanto. «Anzi, a trovarlo, dovrei pure avere uno poco di caffè vero...»

«Non disturbarti, il surrogato andrà benissimo,» la ferma, prendendo posto su una sedia cigolante e alquanto instabile.

Bambinella lo scruta leziosa da sopra la spalla.

«Commissa', voi sì che siete un galantuomo, mica come quello screanzato del brigadiere,» commenta lei, mentre carica la cuccumella e la mette sul fuoco. «Fossero tutti come voi, i miei clienti, non c'avessi un problema al mondo. Tenete pure un bel faccino.»

Ricciardi non sa bene come replicare a quel complimento, e intreccia le dita tra loro con lieve imbarazzo, schiarendosi sottovoce la gola. Non ha mai interagito di persona con Bambinella, né con un femminiello, se è per questo, ma lei lo tratta come se lo conoscesse da una vita.

D'altronde, non sarebbe il loro informatore più affidabile, se non conoscesse a fondo praticamente ogni abitante di Napoli. Presume anche che lui, in quanto commissario di polizia incline a disattendere le procedure, barone che rifugge il proprio ceto sociale e persona schiva, in età da matrimonio più che inoltrata e comunque tendente alla solitudine, sia anche particolarmente facile da tener d'occhio, nonostante i suoi sforzi di non farsi notare troppo. Forse, non poi così tanti, a ben pensare.

Attende paziente che Bambinella posi le tazzine sul tavolo, rovesci la cuccumella e gli versi il surrogato di caffè, mentre lei chiacchiera del più e del meno, sparlando di questo o quel cliente, senza aspettarsi una vera e propria risposta da lui; pare contenta di averlo semplicemente lì ad ascoltarla.

La Ruota degli AngeliWhere stories live. Discover now