Il Natale passato

11 2 6
                                    

«Guarda che bello, mamma!»

«Sì, tesoro, è bellissimo. Bravo, continua così!»

Era mattina inoltrata e Merlino stava attraversando, come quasi ogni giorno, la via per tornare a casa. Si era soffermato un momento per strada a fissare un bambino che faceva un grazioso pupazzo di neve. Il piccolo, con i suoi occhioni gioiosi e il suo candido sorriso, mostrava orgoglioso alla madre i progressi che aveva ottenuto.

«Anf!» sospirò Merlino, sorridendo a sua volta.

Quella bella immagine gli aveva rallegrato almeno un poco la giornata, iniziata decisamente con il piede sbagliato. Da quando si era svegliato, provava un grande senso di malessere. Non sapeva cosa fosse, ma lo faceva sentire a disagio.

Quello stesso malessere si intensificò non appena varcò di fretta la soglia di casa. Poggiò le chiavi su un piatto posto sopra il mobile dell'ingresso e appese il giaccone blu scuro sull'attaccapanni. Poi, si diresse subito in salotto e sprofondò nella poltrona color kaki di fianco al caminetto.

«Bael onbryne!» pronunciò, infiammando la legna già pronta nel braciere.

La notte precedente aveva nevicato, così come anche quella prima, portando la temperatura ben al di sotto dello zero.

«Le undici e cinquantasette.» sussurrò Merlino, guardando l'orologio a cucù appeso al muro.

Era quasi mezzogiorno del venticinque dicembre. Come ogni anno, puntualmente, la tristezza s'impadroniva di lui.

Il Natale era tradizionalmente una festa dedicata alla famiglia. Merlino, però, non ne aveva una. Non più, ormai. Sua madre... suo padre... Artù... Gaius... i suoi amici... Erano passati oltre mille anni dall'ultima volta che li aveva visti, che aveva parlato con loro. Le epoche si erano susseguite le une alle altre; la storia era andata avanti. Anche lui, per un certo tempo, lo aveva fatto. Si era ricostruito una vita, una e più volte. Ma poi accadeva sempre la stessa cosa: perdeva tutto. Le persone a cui si affezionava, prima o poi, morivano. Ancora e ancora... e ancora.

Alla fine, aveva convenuto che rimanere da soli era la cosa più facile da fare e sicuramente la meno triste. "Non perdi qualcuno se non lo hai mai conosciuto." si ripeteva nella testa quando era tentato dal vivere più appieno la vita.

Per un momento si mise ad osservare la casa in cui abitava da quasi cinque anni. Era piccola, ma molto bella ed accogliente. I colori chiari delle pareti illuminavano le stanze arredate con uno stile antico ma funzionale. La poltrona su cui era seduto era molto comoda e lo aveva accompagnato in gran parte del tempo che aveva passato lì dentro, mentre si dedicava a leggere un libro o magari a vedere di tanto in tanto anche la televisione. Rispetto al periodo vissuto a Camelot, gli agi erano notevolmente aumentati. La tecnologia aveva fatto passi da gigante, al punto tale da preferirla lui stesso alla magia per le faccende quotidiane. D'altro canto, nonostante le epoche fossero diverse, l'uso della magia non era visto ugualmente di buon occhio anche nei tempi moderni. Anzi, la concezione stessa delle arti magiche era stata a poco a poco dimenticata e aveva lasciato spazio solo a dicerie e a leggende che avevano alimentato ancor di più lo scetticismo verso la sua reale esistenza.

«Anf!» sospirò, ancora, fissando la sua lunga barba bianca.

Con un moto deciso, si alzò dalla poltrona e si incamminò verso la cucina, intento a prepararsi qualcosa da mangiare per il pranzo di Natale. D'un tratto, tuttavia, un evento inatteso lo scosse dal suo torpore.

«Ma che...?» iniziò a dire, mettendosi una mano davanti agli occhi.

Una luce accecante fuoriuscì dalla cappa del caminetto, invadendo l'intera stanza. Era troppo intensa per provenire dal fuoco che aveva accesso e troppo abbagliante per poter essere qualcosa di normale. Merlino non aveva alcun dubbio a riguardo. Quella era magia.

Il Natale passatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora